lunedì 22 novembre 2021

Riceviamo e pubblichiamo

Con piacere, questo blog continua a interessare persone che desiderano interagire con l'autore e dialogare sulle complesse dinamiche europee. Un tema di interesse esterno, per i rapporti con i paesi terzi, è quello relativo al conflitto arabo - israeliano, tra l'altro spesso oggetto di dibattito in seduta plenaria.

Ecco perché diamo spazio al seguente intervento di Giordano Sepi, laureato in Scienze e Tecnologie della Comunicazione presso l'Università di Roma "La Sapienza". Sepi propone una sua idea di dialogo pacifico, che possa far leva in maniera positiva sul fattore religioso quale elemento unificante.

Nell'augurarvi buona lettura, vi invitiamo a continuare a seguirci.


LA QUESTIONE ISRAELO-PALESTINESE IRRISOLTA, MA NON IRRISOLVIBILE


Questo articolo non intende trovare una soluzione definitiva alla questione israelo-palestinese. E’ una semplice lettura dei processi spesso già in atto che porteranno alla sua soluzione che se ci sarà, sarà non nel breve periodo, ma nel lungo.

La questione israelo-palestinese è una tragedia che mi tocca nell’intimo. Gli israeliani aumentano sempre di più e gli accordi internazionali non bastano. I coloni israeliani si appropriano dei territori palestinesi giorno per giorno. C’è stata una guerra (la guerra dei sei giorni), vari episodi di conflitto nel corso di sessant’anni e la situazione non approda ad una soluzione. Anzi lo scontro si radicalizza con motivi religiosi. Attualmente Hamas che governa sulla Striscia di Gaza, ha nel suo Statuto “la distruzione di Israele” e guadagna consensi su Al Fatah, il partito più moderato che trae le sue origini dall’opera prima clandestina e poi diplomatica di Arafat.

Gli israeliani sono tornati nella Galilea e nella Giudea, dopo millenni di viaggi, di ghettizzazioni, fino alla tragedia terribile dell’Olocausto. La più grande tragedia inflitta da un popolo su un altro popolo. Ogni giorno il Memoriale di Auschwitz pubblica foto di ebrei giustiziati durante l’Olocausto e spesso sono bambini. Siamo tutti in debito con gli ebrei, in particolare noi europei.


Immagine disponibile su
https://www.facebook.com/Peace-Of-Mind-109779124056166/

LA RELIGIONE NON DIVIDE, UNISCE

Non intendo trovare la soluzione alla questione israelo-palestinesi, non ne ho gli strumenti di base, non è giusto che un italiano imponga le sue idee su due popoli estranei, se non fosse per l’empatia alle loro sofferenze, però ritengo anzitutto che il conflitto vada analizzato e compreso secondo schemi diversi da quelli di matrice religiosa, in quanto l'aspetto religioso unisce più che dividere. Basta andare a leggere il Corano. Maometto per l’islamismo si è basato quasi esclusivamente sulla Bibbia, dedicando un intero capitolo alla storia di Gesù Cristo (il capitolo 19), chiamato Al Maryam, in onore della Madonna: l’unico capitolo con un nome di donna. Abramo è il capostipite e profeta per ebraismo, islamismo e cristianesimo. Questi sono dati veri, innegabili e che negano dalle fondamenta lo scontro religioso. Se alti profili religiosi ebraici, musulmani e cristiani si incontrassero per la pace in Terra Santa, per una soluzione pacifica e razionale alla questione israelo-palestinese, si troverebbero tanti punti in comune. Sta a loro più che a me (semplice credente) trovare una via comune.


L’EUROPA DEVE PORTARE PALLA

Come i cristiani possono essere il punto d’unione tra ebraismo e islamismo sotto l’aspetto religioso, allo stesso modo l’UE può giocare un ruolo importante, forte e autonomo per mediare tra israeliani e palestinesi a livello politico. La presidenza Trump è stata una parentesi dannosa in generale per la politica internazionale (con gli USA che hanno abdicato al loro ruolo-guida) e nello specifico per la questione palestinese (come il riconoscimento degli americani di Gerusalemme come capitale israeliana), però le crisi servono a questo. Come le crisi personali servono a insegnarci la direzione migliore per noi, nelle nostre situazioni, la presidenza Trump ci ha insegnato che l’Europa non può permettersi di avere semplicemente un ruolo subalterno agli USA, ma deve portare palla, in particolare se gli americani sono stufi di prendersi la responsabilità maggiore nei conflitti. Basta seguire l’insegnamento degli scandinavi, in particolare della Svezia e di Olof Palme, che hanno avuto un ruolo decisivo contro l’apartheid in Sudafrica e sono molto coinvolti nella questione palestinesi, magari condendo il tutto con la salsa diplomatica latina.


L’ARMA DEGLI OPPRESSI: IL GIORNALISMO INDIPENDENTE

Gli USA hanno avuto sempre un rapporto ambiguo con la questione israelo-palestinese dovuta all’alternanza delle presidenze democratiche e repubblicane, dalle idee spesso completamente opposte. In generale, la bilancia degli americani è stata spesso spostata dalla parte degli israeliani, ciò però gli ha permesso di essere mediatori credibili per il conflitto a livello internazionale (nel caso contrario non sarebbero stati accettati come mediatori dagli israeliani). L’influenza mediatica della più grande potenza economica, politica e (in particolare) militare del mondo ha determinato l’opinione pubblica e quindi la cultura mondiale, portata a giustificare gli israeliani per non incorrere nell’accusa di antisemitismo. Nel ‘21 però la diffusione dei social e della tecnologia permette di dare voce anche ad opinioni non conformi al pensiero principale e più comodo. I palestinesi vengono ripresi mentre sono malmenati dall’esercito israeliano. Questo succede in Palestina e in tutto il mondo come in Afghanistan dove le donne possono denunciare gli abusi dei talebani e far sentire le loro proteste con un semplice telefonino. Le immagini scuotono l’opinione pubblica, spesso l’ago della bilancia più del numero dei morti nei conflitti, come ha dimostrato la guerra in Vietnam.


LA VOCE DALL’INTERNO

L’altro veicolo per la voce dei palestinesi possono essere il partito arabo Raam che fa parte dell’attuale maggioranza nel parlamento di Israele e gli altri partiti arabi in Israele. Il ruolo dei partiti islamici israeliani è fondamentale non solo per gli arabo-israeliani ma per tutti i palestinesi. La legittimazione israeliana e l’amplificazione che può dare l’opinione pubblica mondiale a questi partiti può aiutare l’opera di dialogo internazionale e contribuire in modo positivo al dibattito nazionale. Domani non ci sarà pace a Gerusalemme, ma le religioni, in particolare il cristianesimo, il giornalismo indipendente e i partiti arabo-israeliani possono coinvolgere l’opinione pubblica mondiale, palestinese e israeliana. E’ ora di avviare un dialogo proficuo con l’Europa politica, forte e autonoma come mediatore. Sta a questi giocatori muovere le giuste pedine per un futuro di armonia culturale, sociale e politica in Terra Santa. Questa non è una dichiarazione d’intenti, ma la semplice lettura di processi spesso già in atto; poi sta a questi players (religioni, giornalismo indipendente, partiti arabo-israeliani ed Europa) giocare tatticamente bene le loro carte.

Giordano Sepi


Sull’ esplosione demografica israeliana: https://haaretz.com/israel-news/.premium.MAGAZINE-israel-s-population-is-growing-at-a-dizzying-rate-is-it-up-for-the-challenge-1.9410043

Sugli insediamenti israeliani in territorio palestinese: https://www.amnesty.it/gli-insediamenti-israeliani-nei-territori-palestinesi-occupati-punto/

Il Memoriale di Auschwitz: https://twitter.com/AuschwitzMuseum

Il Corano in italiano: https://ilcorano.net

L’impegno svedese per la Palestina: https://haaretz.com/opinion/.premium-sweden-has-long-since-crossed-lines-regarding-the-palestinians-1.5402736

L’attualità dei partiti arabi israeliani: https://ilmanifesto.it/il-partito-arabo-raam-e-nella-coalizione-pioggia-di-critiche-sul-leader-abbas/



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