In un contesto come quello creatosi in Ucraina, di
guerra, di incertezza, la fuga, il fatto di riprendere la vita altrove,
comporta una netta cesura di tutte le certezze dei bambini. Vengono meno garanzie,
quali la protezione, i diritti e le tutele, l’istruzione che garantisce loro di
crescere e maturare.
La pace è un diritto sacrosanto di cui ogni bambino non può
essere privato. La guerra fissa l’improvvisa cessazione di questi diritti. La
pace per un bambino significa altresì l’armonia nel suo microcosmo, assieme ad
altri bambini, il che include anche l’ambito famigliare. Quando sorgono
conflitti, i bambini sono le prime vittime, perché arrecano loro disturbi che
si possono riflettere nel contesto sociale, messo a rischio da fenomeni di
bullismo, criminalità e persino degrado nel territorio.
I bambini necessitano di punti di riferimento. Quando questi
gli mancano, possono avvertire un’immensa solitudine che li porta ad affidarsi
unicamente alle loro forze. Contemporaneamente, vivono un senso di impotenza
che alimenta in loro un senso di onnipotenza, per mascherare le loro paure. I
bambini pregano, in una situazione di conflitto, per trovare una protezione del
proprio sé.
Il legame col cibo per i bambini è il primo contatto che
instaurano. Togliergli questo e le cure mediche significa gettarli nella crisi
più profonda, aumentando la depressione senza uscita, nella quale si cerca
riparo con gesti anche distruttivi. La perdita di una persona cara, per un
bambino innesca sensi di vendetta.
È la casa la fonte di protezione principale per un bambino.
Li trova stabilità, così come la scuola rappresenta
un luogo di riferimento, assieme ad altri analoghi in cui svolgere le proprie
attività ricreative. Senza una dimora si perde tutto. Si entra in un turbine di
disperazione e disorientamento, ricostruendo poi con difficoltà le consuetudini
che prima garantivano stabilità.
Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola
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