mercoledì 20 aprile 2022

L'economia russa verso il default

Unendo dati tratti da più fonti, Daniel Mateo Montalcini presenta un interessante quadro relativo all'economia russa dopo lo scoppio della guerra. Secondo le più importanti agenzie di rating, il paese invasore si avvicina al tracollo finanziario: i suoi titoli sono spazzatura per i sistemi di scambio internazionale; si attende il default.

Dall'analisi dell'autore, che si assume personalmente la responsabilità sulle fonti citate, emerge comunque uno scenario a breve e medio termine in cui non mancano gli interrogativi a livello europeo.

Massimiliano Nespola per l'occasione si è occupato dell'editing del pezzo. Con riferimento ai contenuti dell'articolo, si sottolinea che, tra gli obiettivi dell'autore, non vi è in nessun modo quello di influenzare scelte individuali di comportamento nel settore finanziario.

Buona lettura



LA CADUTA

Da qualunque punto di vista le si vogliano analizzare, le contraddizioni del fronte russo sul campo di battaglia ucraino testimoniano il fatto che il paese invasore sta vivendo una caduta senza ripresa. L’inevitabile azzeramento della domanda russa di turismo, a seguito dell’attacco contro l’Ucraina, sta avendo un impatto devastante sui ricavi del settore.

I turisti russi si registrano da tempo essere tra quelli con maggiore capacità di spesa, pari a 145 euro procapite giornalieri; al quarto posto dopo i giapponesi, cinesi e canadesi. Altresì, i turisti russi appaiono essere tra i più inclini a privilegiare le strutture alberghiere di lusso, con più del 40% delle loro presenze attestate nel 2019 in questa tipologia di struttura. La spesa russa degli ultimi anni nel settore del lusso è salita notevolmente: da 623 mln a 1 Mld e 328 mln di Euro. Tutto ciò è stato favorito dalla capacità di offrire pacchetti differenziati per ogni capacità di spesa: dal turismo deluxe alla formula del “tutto incluso”.

Il conflitto perdurante da più di un mese tra russi ed ucraini ha ora determinato una caduta dei flussi di presenze e denaro anche dalla Russia al nostro Paese. Secondo i dati riportati dall’Agi, già dal 2009 al 2014 il pernottamento dei cittadini russi è calato da circa 3 mln e 600 mila a quasi 800 mila. E attualmente, è in corso un vero e proprio crollo.

La chiusura dello spazio aereo sui nostri cieli e su quelli europei ha creato una consistente perdita nel settore, mettendolo ulteriormente in ginocchio, poiché tra l’altro è seguito all’effetto covid-19. Le perdite causate dal covid-19 nel mese di agosto dello scorso anno sono state di ammontare inferiore rispetto a quelle che si stimano per il 2022. Il calo delle notti trascorse dai turisti nel 2020 si è attestato intorno al 7,7%. Nel 2021, poi, si era registrata una diminuzione delle perdite dello 0,4% rispetto ai periodi pre-epidemici.

Proprio ora che il settore turistico appariva in ripresa, a fronte del controllo dei contagi, del calo delle infezioni e della ritrovata fiducia, i dati rilevati dopo lo scoppio del conflitto parlano di un duro colpo al settore, in Italia, causato dalla perdita di turisti russi. Secondo i dati riportati da Assoturismo, solo ad Aprile 2022 si prevede che manchino già circa 175 mila pernottamenti di turisti russi e quasi 20 mln di euro di fatturato.


OCCHIO ALLE SCADENZE

Secondo Moody’s, una delle principali agenzie di rating che vedono la Russia verso un default de facto, il 4 Maggio, data fondamentale per coprire i pagamenti di obbligazioni in rubli, è ormai prossimo; ciò considerando una tempistica di 30 giorni, ovverosia quella concessa alla Russia per adempiere a dette regole finanziarie. La decisione presa da Mosca di pagare con la valuta locale non cancella l’obbligo della copertura in dollari entro i tempi stabiliti. Infatti, le regole impongono che sia consentito il pagamento nella valuta locale degli eurobond russi emessi dopo il 2018, mentre non è previsto per quelli emessi prima di quella data, con scadenza nel ‘22 e nel ‘42.

Nell’attesa di valutare gli effetti generati dal mancato pagamento di queste obbligazioni, già si stima probabile che il default si verifichi realmente; alcune attività sono già fallite, quali la Compagnia statale Russian Railways. Detta società risulta inadempiente, secondo una commissione di controllo sui derivati, dopo il mancato pagamento degli interessi su un bond. Il danno risulta oltre ogni possibile proporzione, in quanto riguarda niente di meno che il principale datore di lavoro del Paese, che comprende oltre 700mila dipendenti e, fatto da non sottovalutare, una delle tre maggiori aziende di trasporto ferroviario al mondo.

Il pagamento della cedola, secondo fonti riportate da Bloomberg  sarebbe dovuto avvenire entro il 14 Marzo, con un margine di tolleranza di 10 giorni. Tale limite era stato fissato dal Credit Derivatives Determinations Committee britannico, che gestisce i termini dei crediti sui derivati. Un finanziamento internazionale concesso da UniCredit aveva inoltre portato alla creazione di una linea di credito da 585 milioni di franchi svizzeri, con interessi associati al conseguimento degli obiettivi annuali di redditività dell’azienda, in riferimento alla strategia ecologica fino al 2030, a determinate tempistiche previste per ridurre le emissioni, al consumo dell’acqua e alla percentuale dei residui di cui disfarsi. Ma ora il quadro volge verso il peggio.


I TITOLI RUSSI RIDOTTI A SPAZZATURA

Secondo il downgrading delle maggiori agenzie di rating statunitensi, S&P’s e Moody’s e Fitch, il braccio di ferro che Putin continua ad imporre su titoli di Stato ed obbligazioni con controvalore russo sta condannando il Paese ad un default certo. Il pagamento dei bonds in rubli anziché in valuta estera equivale ad una condanna inevitabile della Russia. I conti all’estero del Paese risultano bloccati, il che rende i pagamenti degli investitori stranieri materia complessa da risolvere.

Tuttavia, bisogna anche tener presente che le sanzioni finora inflitte alla Russia hanno favorito un surplus commerciale del Paese. Per ironia della sorte, la Russia riceve tutt’ora un miliardo di euro quotidiano per le forniture di energia, mentre da parte sua riduce l’acquisto dai paesi UE.

In definitiva, il divario fra entrate ed uscite favorirebbe anziché indebolire la Russia. Pertanto, la posizione assunta dalla Von der Leyen sull’Europa, secondo cui il calo del 70% delle esportazioni rappresenterebbe una strategia efficace per indebolire la Russia, striderebbe con le previsioni sugli effetti reali delle sanzioni, a meno che la Presidente della Commissione UE non faccia riferimento ad un default forzoso legato pertanto ad un’impossibilità tecnica di pagare; ipotesi che comunque rimane sul tavolo.


Daniel Mateo Montalcini - a cura di Massimiliano Nespola

2 commenti:

  1. Non credo che l'aspetto economico sia secondario in generale per il mondo intero (specialmente se queste sanzioni fossero allargate alla Cina), in particolare per la Russia e per le dinamiche della guerra. Hai fatto bene a sottolinearlo.

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  2. Grazie. Certo, come per ogni guerra, l'economia è un fattore cruciale, determinante, tragicamente divisivo fino all'ultima goccia di sangue, purtroppo.

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