lunedì 30 maggio 2022

I crimini russi, le illusioni e la via d'uscita

Riceviamo e pubblichiamo alcune note di Daniel Mateo Montalcini aggiornate agli sviluppi recenti del conflitto russo-ucraino. L'autore si addentra in una riflessione che parte da considerazioni di strategia militare per entrare poi nel profondo del male oscuro che è sorto, dell'abominio cieco - ma che al tempo stesso è frutto di una strategia organizzata e criminale - che si sta di nuovo consumando in Europa.

Editing di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


VELLEITÀ RUSSE

La Russia, come già ripetuto lungamente, è sempre più carente di mezzi economici per prolungare le offensive sul campo ucraino senza ottenere alcun risultato decisivo. Si teorizza che sia invece l’Ucraina sul punto di ottenerlo, ma per ora si ventilano ipotesi per non alimentare ulteriori tensioni. Nel caso di una vittoria ucraina, si avvierebbe il rientro delle truppe russe entro i loro confini, permettendo agli ucraini di riprendersi i propri.

Da Mosca ovviamente rimane il no comment. Solo Lavrov, in tale frangente, si sente legittimato a prendere la parola, facendo anche le veci di Putin. La dura risposta del ministro degli esteri russo a riguardo è che la Russia stia manifestando tutti i propri dissapori nei confronti dell’Europa, volendo tra l’altro reimpostare la lettura dei fatti storici – recenti e non – secondo la versione più conveniente alla tutela degli interessi russi.

 

LE TRATTATIVE SI SGRETOLANO

Dopo tanti rumors non confermati su accordi reali o presunti, per difendere gli interessi di entrambe le parti e per favorire il prosieguo del commercio di beni quali il grano e del gas, senza escludere il settore energetico, ambito nel quale l’Europa negli anni ha accresciuto la sua dipendenza dalla Russia, analizziamo le parole dure usate da Kuleba, capo della diplomazia ucraina, schieratosi senza mezzi termini contro la NATO.

L’alto rappresentante ucraino l’ha definita quale una grande alleanza, che ricopre unicamente un incarico istituzionale ma che, a conti fatti, non svolge nessun ruolo effettivo. Queste definizioni fanno da contorno ad una dinamica ancora in stallo. La speranza in una ripresa, una volta usciti dal conflitto, è forte, ma è ritenuto molto arduo al momento per gli ucraini il fatto di poter dialogare con coloro che proseguono i bombardamenti sul loro territorio.

Kuleba si definisce pronto, ciò nonostante, a portare avanti dialoghi costruttivi e concreti. Gli ucraini sono disposti ad utilizzare qualsiasi mezzo pur di ricostruire dalle macerie e mantenere la propria integrità territoriale. Il problema che si osserva rimanere stabile è quello dell’atteggiamento degli invasori, i quali paiono per nulla convinti a sedersi ad un tavolo per parlare di progetti concreti finalizzati a raggiungere veri trattati ed intese di pace.

 

INTERESSI O SPECULAZIONI?

Siamo a più di tre mesi dall’inizio del conflitto in Ucraina, al quale tutto l’Occidente è partecipe per difendere la libertà e la democrazia; tuttavia, oltre al piano dei valori, vi sono da considerare i molti interessi per gli scambi commerciali, di approvvigionamento di commodities quali il grano, il gas e – non ultima – l’elettricità. Si tratta di beni quotati in borsa, tramite i quali si possono ottenere enormi margini di guadagno, prestando molta attenzione sia all’inflazione che alla salita e discesa del controvalore di questi beni.

L’Italia, intanto, assiste alla risalita del proprio deficit. In particolar modo tra gennaio ed aprile, detto deficit ha toccato la quota record di 30 mld. Le esportazioni italiane verso la Russia hanno subito una grossa perdita nell’arco di un anno, dimezzandosi. Quale rovescio della medaglia, le esportazioni si sono viste raddoppiare di valore, a causa dell’aumento dei prezzi del gas.


IL RITORNO DELLA VOLONTÀ DI POTENZA

In questo conflitto, osserviamo come il potere possa annebbiare la mente di coloro che riescono ad assumerlo in maniera spropositata e arrivando a bramare sempre più. Da lì, la strada è corta per la corruzione della mente e dello spirito, alimentando l’illusione di un sempre maggiore rafforzamento; bisognerebbe capire chi siano, in questo gioco al massacro, i dominatori occulti che sanno di poter esercitare un’influenza su personalità soggette al loro volere.

Si ripropongono forme primordiali di lotta politica: la supremazia sul territorio, volta alla conquista di nuovi spazi, sembrava un ricordo del passato. Eccola invece riemergere nella grossolana strategia di dominio di Putin, che sta però rivelandosi quale uno dei più grandi errori della Storia degli ultimi decenni. Eppure, bisognerà comprendere a fondo chi tenga davvero le redini di questa nefanda, rigettante strategia di potenza. La saggezza dovrà prevalere alla fine, l’intuito e l’istinto ben animati da guide esperte. L’illusione dell’avanzamento facile, attaccando il più debole, può far credere di poter acquisire il potere e controllo totali, ma nelle dinamiche globali prima o poi diventerà un boomerang.

Chiudo dicendo che c’è anche da considerare – al termine di questa analisi che mette insieme alcuni spunti su cui ci si potrebbe dilungare ulteriormente – quale potrà essere in questo conflitto il ruolo della figura femminile: ci potrà essere un’evoluzione positiva grazie ad una strategia di leader donne che emergano a breve? Si era puntato sull’esperienza della Merkel, che però ad oggi risulta non pervenuta in questo scenario. Staremo a vedere, e a sperare.

 

Daniel Mateo Montalcini -  a cura di Massimiliano Nespola

venerdì 27 maggio 2022

Frodi comunitarie: è necessario un salto di qualità

L’Unione europea ha una priorità: quella di spendere al meglio il denaro che confluirà in Italia attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Se n’è parlato stamane a Roma, presso l'Ufficio del Parlamento europeo, in occasione della conferenza stampa dal titolo “Indagine conoscitiva a Roma: all’esame degli eurodeputati presunti reati sui fondi agricoli dell’UE”. 

L’incontro si è svolto alla presenza dei membri della delegazione della commissione per il controllo dei bilanci del Parlamento europeo. Questo gruppo è guidato dalla presidente Monika Hohlmeier (PPE-DE) e attualmente, tra le sue priorità,c’è quella di indagare su eventuali infiltrazioni mafiose nella gestione dei fondi UE all’agricoltura. Fanno  parte della delegazione Isabel García Muñoz (gruppo S&D, Spagna), Matteo Adinolfi (gruppo ID, Italia), Tomáš Zdechovský (gruppo PPE, Repubblica Ceca), Sabrina Pignedoli (gruppo NI, Italia), nonché una personalità particolarmente nota in Italia quale quella di Caterina Chinnici (gruppo S&D).


Nel corso dei lavori, la presidente Hohlmeier ha avuto modo di illustrare le modalità di svolgimento delle attività della delegazione: l’interazione con le forze dell’ordine, in particolare con carabinieri e guardia di finanza, è una delle strategie primarie per tenere sotto controllo le attività illecite della criminalità organizzata.

Il meccanismo è chiaro: “follow the money”. Partendo infatti dal monitoraggio dei bilanci di attività ritenute a rischio, si possono infatti ottenere informazioni determinanti per comprendere la reale titolarità di determinate imprese. Il problema principale è quello della partecipazione delle stesse alle gare d’appalto. È infatti noto che attualmente le attività criminali dispongono di enormi capitali, frutto di attività illecite, e che il problema è il loro reinserimento nel circuito dell’economia legale.

Occorre dunque indagare non solo sulle imprese che riescono a vincere le gare d’appalto, ma anche comprendere, come ha ricordato l’On. Chinnici, se vi siano delle intestazioni fittizie di beni. Se una persona nota alle forze dell’ordine, infatti, volesse controllare in maniera occulta la propria azienda, potrebbe farlo “cedendo” i propri beni ad un’altra incensurata e magari al di sopra di ogni sospetto, giovane e con la fedina penale intatta.


Estratti dell'intervento dell'On. Caterina Chinnici


Inoltre, per ciò che attiene ai fondi assegnati al settore dell’agricoltura, si sta andando, come ha illustrato l’On. Chinnici, verso un sistema di controlli rinforzato. Le aziende agricole che desiderino oggi beneficiare di fondi europei devono infatti dimostrare di rispettare i diritti dei propri dipendenti. Con ciò si è aperta nel corso della conferenza stampa una riflessione su un ambito problematico sul quale occorre intervenire per la sua sconfitta: il fenomeno del caporalato, che spesso, come è emerso in passato da indagini delle autorità e anche di alcuni giornalisti coraggiosi, continua ad affliggere specialmente alcuni territori dell’Italia meridionale, come la Calabria e la Sicilia.

L’Italia ha maturato in questi ambiti una esperienza consolidata che oggi può essere condivisa con gli altri Stati membri dell’Unione europea. I risultati di questo impegno sono ritenuti apprezzabili, per come emerge dall’esposizione dei delegati presenti alla conferenza stampa odierna. Vi  sono comunque aree di miglioramento. Per esempio: ad oggi, le varie agenzie per la sicurezza europea come Europol, Olaf, Eppo, dialogano tra loro, ma sarà necessario sviluppare una maggiore interoperabilità tra le banche dati.

Vi può essere infatti una organizzazione criminale costituita da soggetti di cui si conoscano i precedenti penali, ma che tuttavia magari sta operando proprio attraverso il meccanismo della intestazione fittizia di beni e capitali, per non destare sospetti. Diventa essenziale quindi mappare la situazione da diversi punti di vista, quello delle indagini penali e quello delle indagini patrimoniali. Dalle parole della presidente Hohlmeier, emerge anche un’ulteriore frontiera interessante per questa attività: la loro velocizzazione possibile attraverso il ricorso all’intelligenza artificiale, che consenta una maggiore fluidità dei processi.

Questa accresciuta velocità può contribuire specialmente a mettere in atto meccanismi di prevenzione più efficaci che in passato. Tra le conclusioni, infatti, la presidente Hohlmeier ha ricordato che comunque, nonostante gli sforzi volti alla repressione del fenomeno delle frodi comunitarie, il danno perpetrato dalle stesse è in genere superiore alle cifre che si riescono a recuperare; da qui la necessità di intervenire per un miglioramento dei risultati di queste attività, sia nella tempistica che nella qualità delle indagini.

 

Massimiliano Nespola 

mercoledì 25 maggio 2022

Verso la riforma dei trattati europei

In relazione al processo di integrazione europea, le crisi di questi anni - prima finanziaria, poi pandemica, poi bellica - ne hanno rimesso in discussione i tempi e le modalità. Nel frattempo, dopo anni di stasi, si intravede la necessità di nuove riforme che pongano al centro alcuni rilevanti temi, soprattutto per ciò che attiene ai meccanismi decisionali europei.

Vi proponiamo perciò un recente editoriale del Movimento Europeo in Italia, in cui si pone l'accento sui settori che richiedono attualmente un adeguamento al nuovo scenario:

CLICCA QUI PER LEGGERE l'EDITORIALE DEL MOVIMENTO EUROPEO

Con riferimento ai temi trattati da questo blog, si può aggiungere anche che le riforme da attuare in ambito europeo portano a ragionare su quali siano le modalità di divulgazione di meccanismi complessi al largo pubblico. 

Si può dire che, grazie ai mezzi della digitalizzazione, l'Unione potrà optare in futuro per forme sempre più leggere e decentrate di comunicazione, che viaggino veloci dal centro alla periferia del suo territorio. I cittadini si aspettano molte risposte da una Unione che sia più vicina, più efficiente, più rappresentativa. 

Il ruolo dei media è di fondamentale importanza, in questo processo; una delle principali funzioni che entra in campo è quella di oltrepassare il perimetro degli addetti ai lavori, rendendo chiaro ai lettori come vengono prese le decisioni a livello europeo e indicando fin dove arrivano le competenze dell'Unione rispetto a quelle degli Stati. 

Difficile che tali argomenti trovino spazio nei telegiornali, perciò l'obiettivo che qui ci si prefigge è quello di contribuire alla conoscenza di questioni complesse e mettere il lettore nelle condizioni di continuare ad approfondire autonomamente.

Per ciò che attiene ai temi trattati, si consiglia di far riferimento ai seguenti testi normativi, i cui articoli sono riportati nell'editoriale del Movimento Europeo:

Trattato sull'Unione Europea;

Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea.


martedì 24 maggio 2022

Criminalità internazionale: tra letteratura e saggistica

 



Il trattamento di storie di reati, di criminalità organizzata e quant’altro vede sui media la sua pagina fissa. Ecco perché occuparsi dell’argomento cercando aspetti di originalità, attraverso momenti di riflessione organizzati seguendo una prospettiva particolare. In relazione a ciò, Federica Giandinoto, avvocato, ha recentemente curato una pubblicazione sul tema, dal titolo “Saggi di psicologia criminale”, che ha raccolto l’illustrazione di una serie di casi di interesse giudiziario, più o meno recenti. Questo progetto è stato realizzato al termine di un seminario formativo da lei condotto presso l’associazione romana “Attività di pensiero”.

Massimiliano Nespola, giornalista pubblicista, per l’occasione riproporrà all’attenzione del pubblico il suo romanzo “Badolato-Dublino, la rosa dei venti”, una storia sulla lotta alla criminalità organizzata internazionale di matrice calabrese, la ‘ndrangheta, che, come è noto, oggi va combattuta e contrastata nelle sue propaggini in tutto il mondo, partendo dal tracciamento dei flussi finanziari che la riguardano. Ecco quindi che i due autori si ritroveranno presso il Teatro Biblioteca Quarticciolo, sabato 28 maggio alle ore 11.30, per illustrare ai lettori i propri testi.

La cornice entro cui leggere questo evento è non tanto l’illustrazione con finalità cronachistiche dei vari casi, quanto l’idea che si possano unire gli strumenti di più discipline per diffondere sull’argomento conoscenza e consapevolezza.

Per ciò che attiene agli aspetti letterari della narrazione di Nespola, si può dire che essi scaturiscono dalla conoscenza mediata dalla lettura di articoli di giornale e da quella svolta sul campo, per poi ideare un romanzo di formazione ancora in via di ulteriori elaborazioni: all’autore è stato richiesto infatti di scrivere un seguito, che prima o poi arriverà.

Giandinoto ha invece unito i vari spunti raccolti durante lo svolgimento del suo corso, anche alla luce della sua esperienza di avvocato, per focalizzare l’attenzione in questo caso soprattutto sui processi mentali che si attivano negli autori di reati anche particolarmente efferati. In questo caso, la descrizione dei fatti diventa occasione di analisi e ricerca, volta alla comprensione delle personalità spesso contorte – ma anche drammaticamente coerenti e lucide – di individui che si macchiano di tali colpe.

Il risultato è un’unione di prospettive differenti sul tema della delinquenza e della devianza, che parte dall’osservazione per addentrarsi nei territori affascinanti, vasti e complessi della letteratura e della psicologia.



Dov'è la vittoria?

Gli spunti odierni di Daniel Mateo Montalcini, con un approccio particolarmente critico, pongono all'attenzione le debolezze, le velleità e l'intestardimento russo: pur di non voler ammettere la disfatta in arrivo, la Russia prosegue nelle azioni militari.

Editing di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


EXODUS

La crisi ucraina prosegue, con gravi perdite sia dal punto di vista dei diritti civili, sia in termini economici, sia in termini di vittime; i più colpiti rimangono sempre i bambini. In sette settimane, ossia dall’inizio del conflitto, si stima che 7,5 milioni di bambine e bambini siano stati costretti ad abbandonare le proprie dimore per dirigersi verso altri Paesi in cui poter ricevere protezione e andare verso il ritorno ad una parziale normalità, assieme ai propri famigliari. Un altro scopo di questo esodo è quello di recarsi in Paesi in cui trovare supporto da parte di parenti, assieme alle madri in grado di fuggire con loro.

Si tratta di dati provvisori, in quanto si stima che il dato esatto sia di gran lunga maggiore. Secondo le Nazioni Unite, 2,8 milioni di bambine e bambini risultano sfollati in Ucraina e gli altri 2 milioni fuggiti altrove pur di mettersi in salvo. Si riportano purtroppo dati ufficiali che segnalano la morte di 153 tra bambine e bambini, benché i numeri possano risultare realmente maggiori, per non dimenticare il numero di feriti, stimati in 246, anche in questo caso senza però conoscere il dato reale.

Per un recupero psicologico a seguito di questi traumi, si sono subito attivate unità di crisi quali il Fondo Emergenze. Il pericolo che trattiene tutti questi bambini in una morsa di incertezze e paure è quello di essere uccisi durante i continui attacchi alle scuole, che sfiorano una media di 22 colpite quotidianamente. Gli altri timori sicuramente provengono dalla mancanza di viveri e dalla carenza di acqua e medicinali.

Peter Walsh, il direttore di Save the Children in Ucraina, ha dichiarato che vi è una presenza della sua organizzazione in Ucraina, in Romania ed in Polonia. Nel Paese invaso, sono giunti già nel 2014. Qui hanno fornito aiuti umanitari essenziali, quali il sostegno per l’accesso a un’istruzione inclusiva e adeguata. Save the Children si impegna a supportare scuole e comunità per aiutare questi bambini a poter superare e venir fuori da questo insieme di impatti sociali e psicologici, curando le ferite delle esperienze da essi vissute, di conflitto e violenza.

In Polonia invece il team si occupa di rintracciare e ricongiungere ai propri famigliari le bambine e i bambini rimasti soli e ristabilire così dei sistemi di protezione. In Romania, differentemente, si procura supporto ai rifugiati che giungono al confine dall’Ucraina, fornendo generi di prima necessità non alimentari e altri servizi di soccorso. In Italia, Save the Children si occupa di fornire assistenza legale temporanea e supporto ai bambini nel corso del loro asilo, collaborando con le agenzie delle Nazioni Unite per fornire garanzie riguardo alla protezione dei minori non accompagnati.

 

A UN PASSO DAL BARATRO

L’invasione dell’Ucraina è stata presa molto alla leggera dall’establishment russo, che ha forse pensato che si sarebbe trattato di un’impresa semplice e in discesa. Così non è stato, come tutt’ora è evidente, malgrado le dichiarazioni di chi rappresenta le dinamiche di questo conflitto attraverso falsi e facili entusiasmi.

Vi è anche però chi, come Marat Gabidullin, ex comandante dell’organizzazione russa paramilitare Wagner, ha affermato – ospite del programma Mezz’ora in Più condotto da Lucia Annunziata su Rai3 – che la guerra in Ucraina non sarebbe più sostenibile. Col proseguire del conflitto, senza compiere nessun passo indietro, si starebbero esaurendo le risorse ed il potenziale militare russo.

La guerra già di per sé si dimostra quale grave errore, in quanto di sicuro il più grande crimine contro l’umanità. Lo è sia per gli ucraini che per i russi. La Russia, indebolendosi sempre più, potrebbe ora favorire attacchi ed avanzamenti militari da parte degli afghani. Gabidullin si dimostra molto critico sulla gestione della guerra da parte delle squadre russe, con strategie di efficacia assai dubbia sul piano militare. A confronto, l’Occidente conduce manovre militari ben differenti.

 

UN PASSO FALSO

Come già si è detto, l’invasione dell’Ucraina dimostra di essere un grande errore, come tutte le guerre, che alla fine non hanno né vinti né vincitori. Chiunque tenti di prevalere con mezzi non legittimi e perpetrando crimini, invece che raggiungere accordi diplomatici, potrà sempre essere sconfitto su altri fronti e trarre da ciò un pretesto per innescare altri conflitti.

I russi in questo caso, pur non avendo vinto, in quanto l’invasione dell’Ucraina, assolutamente errata, perdura, vanno avanti per non ammettere che il Paese aggressore non ha più i mezzi per vincere; o che finora, comunque, l’esercito russo sta sempre più indebolendosi, arrivando al punto paradossale, tuttavia, che, per non voler riconoscere le proprie incapacità, prosegue nel conflitto.

I russi ritenevano di poter essere accolti come liberatori, ma la guerra ha finora dimostrato il contrario. Non conquistando niente, hanno cambiato strategia con l’obiettivo di distruggere tutto. Nel Donbass si rischia di creare una nuova Mariupol. Anche sui media, nonostante la disinformazione di sistema organizzata dalla Russia, sembra emergere che i falchi di Putin non gli crederebbero più. Un esempio non banale sono stati i commenti tutt’altro che leggeri da parte di Gabidullin nei confronti della gestione militare di Putin.


Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola


lunedì 23 maggio 2022

Lo zar e la NATO

Oggi Daniel Mateo Montalcini giustappone all'analisi, in evoluzione, del contesto in cui si sta predisponendo un argine alla minaccia russa attraverso il rafforzamento della NATO, anche un elemento particolare: un ritratto di Putin e delle sue paranoie.

Editing di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


OSSESSIONI

Nel corso dei suoi 30 anni di viaggi, in Putin si riscontra un dettaglio che rivela un tratto della sua personalità: l’ossessione per la sicurezza. In maniera ossessiva, lo zar è infatti dedito a programmare ogni singolo aspetto della sua vita, grazie al supporto ed alla programmazione da parte dei servizi segreti in suo appoggio.

Giusto per porre all’attenzione qualche esempio: la scorta procurata a Putin è composta da 18 auto blindate. Fa da cornice alla sua ossessione per la sicurezza la presenza costante di un’ambulanza al seguito. Non è da escludere, come elemento, il tavolo di 4 metri messo a disposizione durante ogni discorso, nel periodo più caldo della tensione dall’inizio del conflitto ucraino. Apparentemente ridicolo, ma molto ben studiato per far fronte all’ossessione da avvelenamento di Putin, il gruppo di assaggiatori sempre al suo seguito.

Si comprende come la vita di un personaggio del genere possa essere appesa ad un filo molto sottile: assicurarsi che ogni persona a suo fianco non sia un Giuda, un doppiogiochista o una spia. Una vita sempre appesa ai fedelissimi, sempre guardandosi le spalle.

 

PER UN RINFORZAMENTO DELL’UE

Ai più alti livelli europei, Josep Borrell, Alto Rappresentante dell’Unione Europea per la Politica Estera, ha dichiarato senza esitazioni che il processo di adesione della Finlandia alla NATO, assieme alla vicina Svezia, non può interrompersi, o temere nessun genere di rappresaglia da parte di Paesi esteri quali la Russia, e che la NATO stessa e l’UE sono pronti ad intervenire seduta stante.

L’Articolo 42 c. 7 del Trattato sull’Unione europea sancisce chiaramente che se un Paese membro subisce qualunque genere di attacco o presunta invasione, tutta l’Unione ha diritto e dovere di difendere quest’ultimo con ogni mezzo. Simile ad esso, vi è anche l’Articolo 5 del Trattato dell’Alleanza Atlantica: “Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell'America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell'esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall'ari. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l'azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l'uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell'Atlantico settentrionale”.

I due Paesi scandinavi sono dunque in attesa del semaforo verde che gli conferisca il diritto ad aderire; l’adesione della Finlandia e della Svezia alla NATO comporterà, a seguito della conferenza stampa rilasciata da Borrell, un naturale rafforzamento del Trattato Atlantico e, non da ultimo, rafforzerà la cooperazione tra gli Stati membri nell’unità per la sicurezza. Si rafforzano dunque le speranze di una rapida adesione dei due Paesi scandinavi, al fine di ridisegnare la mappa geopolitica europea.

 

Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola


sabato 21 maggio 2022

La situazione attuale del conflitto e la Storia

Pubblichiamo un intervento di Daniel Mateo Montalcini focalizzato, come di consueto, sul monitoraggio della situazione di conflitto russo-ucraino. Al monitoraggio di questi ultimi giorni, si accompagnano alcune pillole di Storia.

Editing di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


LE FAKE NEWS SONO UN BOOMERANG

Il 16 maggio scorso, la TV di Stato russa ha diffuso verità schiaccianti, che rivoluzionano la visione e le considerazioni sulla conduzione della guerra russo-ucraina, molto spettacolarizzata, finora, con l’obiettivo di non far comprendere la situazione reale. L’ex ufficiale russo Khodarjonok ha infatti rivelato messaggi inequivoci in merito alla motivazione e determinazione dell’esercito ucraino contro un sempre più debole e danneggiato economicamente esercito russo. Gli ucraini paiono talmente influenti da mobilitare un milione di uomini, il che non può far altro che peggiorare lo scenario a sfavore dei russi.       

Le dichiarazioni del Colonnello portano a non poter più nascondere la verità sugli eventi, finora abilmente nascosti dalla propaganda russa. Gli insuccessi russi durante 80 giorni di conflitto sono troppi evidenti da nascondere. Il Guardian ha riportato il 17 maggio la notizia secondo cui la madre di un soldato russo presente sulla nave affondata Moskva continuava a chiedere informazioni sul figlio senza ricevere risposte; dal che traspare la falsità delle dichiarazioni secondo cui invece tutto andrebbe bene.                               

Le opzioni rimaste al Cremlino sono ormai limitate. Una consiste nella possibile uscita dal campo convenzionale per avviare una soluzione diplomatica, la sola percorribile per raggiungere nuovi equilibri. Tuttavia, il 17 maggio Zelensky ha dichiarato rivolgendosi a Macron che le trattative sarebbero ad un punto morto. Putin, da parte sua, non ha ancora ufficialmente alzato bandiera bianca, ma non può fare altro che agire per uscire da una situazione senza via di scampo nella quale si è cacciato da solo.

 

SENZA VINCITORI NÉ VINTI

Con il continuo rovesciamento delle strategie di guerra, nell’area ucraina del Donbass si è pronti ad assistere ad un inasprimento del conflitto; gli americani sembrano ora intenzionati a rafforzare le sanzioni, sostenendo i militari ucraini, anche se da ciò conseguirà il prolungamento della guerra. Biden da parte sua sembra sempre più convinto a portare Putin, quale criminale di guerra internazionale, di fronte alla Corte di Giustizia Internazionale dell’Aja.

Lo scenario cambia in funzione della possibile, ma non ancora certa, sconfitta della Federazione russa. Comunque andasse a finire, portare Putin all’Aja appare molto improbabile, data la dimensione e la cultura imperiale russa, differente da quella serba dell’ex leader Milosevic, che si riuscì a portare sul banco degli imputati, anche se la sua morte avvenne prima del termine del processo a suo carico. Alla fine del secondo conflitto mondiale, le Nazioni Unite non hanno riconosciuto l’ex URSS quale potenza imperiale ed a seguito della fine della guerra fredda ciò è stato motivo di profondo e crescente risentimento per gli ex sovietici.

Al risentimento fece seguito la preoccupazione russa dell’allargamento ad Est della NATO, comprendendo i Paesi Baltici, Polonia, Romania, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia. Per ironia della sorte, per chiudere il cerchio magico dei Paesi dell’Est spinti verso la NATO manca ora giusto l’Ucraina. La Russia la considera al contrario regione di sua appartenenza; in merito a ciò, è interessante ricordare alcuni fatti storici: nel 1812 l’esercito napoleonico vi passò, così come Hitler, nel 1941, per invadere la Russia. La Storia dell’Europa, come si può notare, è in realtà ben più complessa delle affermazioni di un singolo, è costellata di tensioni e rovesciamenti degli equilibri. Inoltre il diritto internazionale, diversamente da pretese di aggressione basate su presunte appartenenze storiche, riconosce ai popoli la facoltà di autodeterminarsi; è a questo caposaldo che bisogna guardare, nella vicenda ucraina, per capire dove cercare le ragioni e dalla parte di chi.

La NATO a cui la Russia si oppone strenuamente è un’alleanza politico-militare creata nel 1949, da subito, nel dopoguerra, con lo scopo di ostacolare ogni avanzamento dell’URSS. La stessa URSS crollò, nel 1991, a seguito della caduta del Muro di Berlino avvenuto il 9 Novembre 1989, che sancì una divisione in Stati indipendenti prima satelliti dell’URSS, e dopo la cattura di Gorbachev, ultimo leader sovietico e promotore della Perestroika, un tentativo di democratizzazione dell’impero e del totalitarismo comunista.

 

Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola

giovedì 19 maggio 2022

La strada impervia verso la Costituzione (formale) europea

In relazione all’attualità europea, si sta trattando ampiamente, sui media, il tema del posizionamento dell’Unione europea rispetto alla scottante questione della guerra. Meno attenzione sembra riservata, invece, al complesso meccanismo di funzionamento delle istituzioni europee, in vista di orizzonti futuri nella direzione di una maggiore integrazione. Con le crisi di questi ultimi anni, infatti, si è assistito ad un netto cambio di scenario e si percepisce, oggi più di ieri, l’esigenza che gli Stati membri rispondano uniti alle avversità.

Come potrete notare, tra le fonti menzionate da questo blog vi è la newsletter del Movimento Europeo in Italia. Costituito nel 1948, riveste tuttora un ruolo protagonista sia per la comprensione che per l’impostazione dei meccanismi di funzionamento dell’Unione europea. Tra i temi recentemente trattati nell’ultima newsletter, ve n’è uno di grande importanza, a cui è dedicato l’editoriale: quello cioè della riforma dei trattati e di quale dovrebbe essere il metodo per portare a termine con successo questo complesso lavoro.

Si ricorda che il Trattato vigente dal 2009 è quello di Lisbona – stipulato dopo il rigetto, in Francia e Olanda, del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e ritenuto un risultato di compromesso rispetto al più ambizioso progetto di sancire l’entrata in vigore di una costituzione formale europea. Oggi, rispetto a tredici anni fa, si ritiene che sia ormai giunto il tempo di un riassetto istituzionale.

Il recente editoriale del Movimento Europeo che vi invitiamo a leggere, porta all’attenzione una serie di spunti di un certo interesse. Leggendo le prime righe, si apprende che l’Unione europea è definita come “organizzazione sui generis in cui convivono l’europeismo dei padri fondatori, il confederalismo di chi crede dentro e fuori l’Unione all’Europa delle tante patrie e il federalismo pragmatico degli autori del Manifesto di Ventotene”. Ecco quindi che si pone un primo punto interrogativo: il confederalismo rappresenta un freno rispetto alla possibilità di proseguire il cammino dell’Unione europea?

In realtà, il presidente del Movimento Europeo, prof. Pier Virgilio Dastoli, chiarisce che “Il Consiglio europeo è il rappresentante classico della dimensione confederale, non solo i sovranisti. Dal 2009 ad oggi, esso si è arrogato una serie di diritti non previsti dal Trattato”. Si può quindi essere orientati per una posizione confederale senza essere necessariamente sovranisti. Ciò però comporta alcuni problemi rispetto alla possibilità  di arrivare ad una sovranità europea. Chiarisce ulteriormente Dastoli, in merito a ciò, che “Le competenze dell’Unione sono stabilite dai governi. L’Unione continua ad essere una Unione di Stati”. E questo approccio indebolisce la prospettiva di una Unione evoluta verso la dimensione autenticamente europeista.

La lettura dell’editoriale pone all’attenzione anche un altro interessante aspetto: qual è il ruolo della comunicazione giornalistica rispetto al processo di integrazione europea? In relazione a ciò, è nota l’esistenza di un gap tra ciò che si decide nelle sedi istituzionali europee e il messaggio che passa ai cittadini. Continua Dastoli: “Purtroppo l’informazione circola, ma spesso non è corretta. Inoltre, spesso i leader dei vari Stati tendono ad attribuire a sé i successi e a Bruxelles gli insuccessi delle proprie politiche: quando le cose vanno bene, il merito è loro, quando vanno male, è colpa di Bruxelles. Rispetto a ciò, i leader più europeisti dovrebbero invece porre all’attenzione il valore aggiunto dell’integrazione europea, ma questo avviene assai di rado”.

Altro punto di interesse posto all’attenzione dall’editoriale del Movimento Europeo: “non sarà sufficiente modificare il Trattato lasciando sostanzialmente invariato il suo impianto originario”, si afferma. Rispetto a questo problema, sorge un ulteriore interrogativo: esiste una corrente di pensiero secondo cui esiste già, in qualche modo, già una Costituzione materiale, poiché esistono istituzioni europee che, ispirandosi alle logiche di funzionamento delle principali democrazie, prendono decisioni che producono effetti valevoli in tutti gli Stati membri. Secondo Dastoli, tuttavia, c’è un difetto: “Vi sono una serie di materie che, per arrivare a decisioni efficaci, dovrebbero diventare di competenza dell’Unione e che invece restano nelle mani degli Stati membri. Intanto, non c’è ancora un testo costituzionale europeo nel quale i cittadini si riconoscano, come avviene invece per la Costituzione italiana; difficile che si riconoscano nel Trattato di Lisbona, data la sua complessità. La Costituzione europea nata dal progetto di Giscard era un testo più semplice, ma poi non è stato ratificato. Bisognerebbe oggi riscrivere il Trattato di Lisbona separando la parte del diritto primario, di rango costituente, dalla parte delle politiche, che è diritto secondario. I governi hanno creato molta confusione rispetto a questo passaggio. È vero che esiste una Costituzione materiale, ma bisogna, come afferma Habermas, che i cittadini sentano una sorta di patriottismo costituzionale, che si identifichino in una Costituzione europea che oggi formalmente non esiste”.

Un ulteriore punto di interesse dell’editoriale del Movimento Europeo è quello in cui si afferma che è oggi necessario “rivedere le categorie e le competenze dell’Unione alla luce delle sfide interne ed esterne con una visione dinamica del principio di sussidiarietà e nella logica federale dei rapporti fra l’Unione e gli Stati membri nell’ambito delle competenze cosiddette concorrenti”. In merito a ciò, nasce un altro interrogativo: che cosa si intende per “visione dinamica del principio di sussidiarietà”?

Risponde Dastoli: “Mentre nel Trattato di Lisbona si propende per un concetto di vicinanza delle istituzioni ai cittadini inteso in senso geografico, secondo cui le decisioni si prendono là dove c’è maggiore vicinanza ai cittadini, le decisioni vanno invece prese là dove è più efficace prenderle. In materia di energia, salute, industria, politica estera, se è più efficace decidere a livello europeo, è opportuno che sia questo il livello decisionale. Nel progetto Spinelli del 1984 era già presente tale assunto: si prevedeva che vi fossero competenze concorrenti e, nel momento in cui l’Unione europea interveniva in una di esse, attraverso procedure molto vincolanti, tutta quella competenza diventava esclusiva dell’Unione. Naturalmente, questo passaggio ha necessità di essere realizzato attraverso una legge organica e delle maggioranze speciali. Nel Trattato di Lisbona, invece, nel momento in cui l’Unione interviene in un settore specifico, è solo in quell'ambito ristretto che lo Stato non può più legiferare, ma le competenze non possono essere estese come immaginato dal progetto Spinelli”.

Le conclusioni dell’editoriale del Movimento Europeo delineano una prospettiva di breve e medio termine, che guarda a tutto l’anno prossimo. Infatti, si afferma che “Al termine di quest’esercizio di cittadinanza attiva deliberativa che potrebbe concludersi nell’autunno 2023, spetterà al Parlamento europeo promuovere un incontro con i parlamenti nazionali e le assemblee regionali con poteri legislativi nel quadro di “assise della democrazia rappresentativa” al fine di preparare il terreno per una processo costituente di un’Europa sovrana, democratica, solidale ed inclusiva”. Ecco quindi emergere un ulteriore interrogativo: al termine di questa riflessione, si può essere più o meno ottimisti nella situazione attuale, guardando al passato prossimo e a quello remoto?

Risponde Dastoli: “Che i governi possano trovare un accordo per convocare una Convenzione finalizzata alla riforma dei Trattati è abbastanza complicato. Dobbiamo invece lavorare con l’obiettivo che il Parlamento che sarà eletto nel 2024 possa avere un ruolo costituente. È più difficile, comunque, cambiare i trattati attraverso una conferenza intergovernativa che attraverso il ruolo costituente del Parlamento europeo. Nel primo caso, infatti, prevale la linea secondo cui ciascuno, tra chi siede attorno al tavolo, rappresenta un interesse nazionale. È chiaro che così diventa difficile mettersi d’accordo e raggiungere l’unanimità. Attraverso il metodo costituente, invece, chi siede attorno al tavolo rappresenta una propria visione dell’interesse europeo, ciascuno dalla prospettiva della propria formazione politica, ma in vista di interessi comuni a tutti i cittadini europei ”.

Quale dovrebbe essere quindi il metodo per avviare un tale processo? Si dovrebbe partire da una risoluzione comune in occasione di una sessione plenaria, che poi sfoci in un iter che coinvolga anche il Consiglio?

Nel 1984, in occasione dei lavori per il progetto Spinelli, lavorammo per due anni, al Parlamento europeo, all’interno della allora Commissione Affari istituzionali (oggi Affari costituzionali, ndr). Non sarebbe certo bastata una risoluzione in seduta plenaria, ma fu necessario un  lavoro di concerto con i giuristi, attraverso numerose audizioni. Dopodiché, una volta approvato dal Parlamento, il Trattato, in base alla Convenzione di Vienna, poteva essere approvato direttamente dai Parlamenti nazionali senza essere sottoposto al giudizio dei governi nazionali. Avevamo anche deciso di visitare i vari parlamenti nazionali, anche se in realtà fu possibile raggiungere solo quello tedesco, quello belga e quello italiano, favorevoli al progetto Spinelli. Si arrivò poi alla scadenza delle elezioni europee e non fu possibile recarsi in tutti gli altri parlamenti. L’idea rimane la stessa: che il Parlamento europeo si coordini con i parlamenti nazionali, anche seguendo il metodo delle assise interparlamentari, come quelle che si svolsero a Roma a novembre del 1990. I parlamenti quindi, se hanno delle proposte di modifica, le possono discutere per poi arrivare ad un testo finale, che, in base alla Convenzione di Vienna, possono ratificare senza passare per i governi.  E questo è il metodo preferibile per riformare l’Unione europea”.

 

Massimiliano Nespola

La fine forzata dell’infanzia

In un contesto come quello creatosi in Ucraina, di guerra, di incertezza, la fuga, il fatto di riprendere la vita altrove, comporta una netta cesura di tutte le certezze dei bambini. Vengono meno garanzie, quali la protezione, i diritti e le tutele, l’istruzione che garantisce loro di crescere e maturare.

La pace è un diritto sacrosanto di cui ogni bambino non può essere privato. La guerra fissa l’improvvisa cessazione di questi diritti. La pace per un bambino significa altresì l’armonia nel suo microcosmo, assieme ad altri bambini, il che include anche l’ambito famigliare. Quando sorgono conflitti, i bambini sono le prime vittime, perché arrecano loro disturbi che si possono riflettere nel contesto sociale, messo a rischio da fenomeni di bullismo, criminalità e persino degrado nel territorio.

I bambini necessitano di punti di riferimento. Quando questi gli mancano, possono avvertire un’immensa solitudine che li porta ad affidarsi unicamente alle loro forze. Contemporaneamente, vivono un senso di impotenza che alimenta in loro un senso di onnipotenza, per mascherare le loro paure. I bambini pregano, in una situazione di conflitto, per trovare una protezione del proprio sé.

Il legame col cibo per i bambini è il primo contatto che instaurano. Togliergli questo e le cure mediche significa gettarli nella crisi più profonda, aumentando la depressione senza uscita, nella quale si cerca riparo con gesti anche distruttivi. La perdita di una persona cara, per un bambino innesca sensi di vendetta.

È la casa la fonte di protezione principale per un bambino. Li trova stabilità, così come la scuola rappresenta un luogo di riferimento, assieme ad altri analoghi in cui svolgere le proprie attività ricreative. Senza una dimora si perde tutto. Si entra in un turbine di disperazione e disorientamento, ricostruendo poi con difficoltà le consuetudini che prima garantivano stabilità.

 

Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola 

mercoledì 18 maggio 2022

I bambini ucraini e la guerra

Riceviamo e pubblichiamo queste note di Daniel Mateo Montalcini da cui emerge la dura realtà che si trovano ad affrontare molti bambini ucraini. Solo alcuni infatti riescono a salvarsi dai crimini dei soldati russi. Tanti altri sono già vittime della guerra, altri ancora rimangono sospesi. Si legge tutto il rammarico e il coinvolgimento anche personale dell'autore nella vicenda. Ecco perché fermarsi a leggere e a riflettere sul fatto se questo abominio poteva in qualche modo essere evitato.

L'editing del pezzo è a cura di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


VITTIME INNOCENTI 

Bimbi ucraini nella morsa di un dramma più grande di loro

 

Il contesto attuale della guerra ci costringe ad assistere al fenomeno di bambini ucraini costretti a fuggire dalle loro case e dalle loro vite, dirigendosi verso destinazioni ignote, con le loro madri. I padri invece sono costretti a rimanere sul fronte di guerra, se di età compresa tra i 18 ed i 60 anni.        

Le fonti ufficiali di Kiev riportano che già 2400 bambini sono stati presi illegalmente e portati in Russia, in Siberia. La frequenza dei bambini sequestrati si stima attorno alla media di un piccolo profugo all'ora. Si ritiene inoltre che siano 500 gli altri bambini identificati che invece sono riusciti a superare le frontiere per ritrovare parenti ospitati negli altri Paesi dell’Europa dell’Est; molti altri sono stati portati in Occidente, dove già si sono stabiliti molti altri parenti.                              

Altri bambini, che non hanno raggiunto i loro parenti, sono stati accolti in Europa e nel resto del mondo, dove possono riprendere una vita normale, essere inseriti a scuola, socializzare con i loro coetanei locali, oltre che essere aiutati nell’inserimento da parte delle istituzioni, nelle scuole che devono da subito integrarli evitando in ogni modo forme di esclusione. È necessario che le famiglie o chi li rappresenta gli stiano a fianco per un  graduale ritorno, per quanto possibile, alla normalità.

Altri bambini ancora, invece, sono rimasti sul fronte di battaglia: bambini sotto le bombe che non sanno se ci sia un domani per loro o quale futuro gli si potrebbe presentare, bambini rinchiusi nei bunker, costretti a vivere una vita non loro, traumatizzati, mutilati; molti già morti. Bambini che chiudendo gli occhi si immaginano che quanto accade possa non esistere e che però, al minimo movimento causato dalle esplosioni e dalle bombe sobbalzano, ritornano ad un livello di realtà a cui non vogliono credere, ma che involontariamente subiscono ed al quale assistono.

Questi bambini che non piangono ma neppure parlano più, sono sospesi in un limbo. Sono schiacciati in un mondo di nessuno, né di morti e né di vivi. I bambini sospesi sono soli, sbalzati in mezzo ad una guerra, perduti senza destinazione, separati dalle famiglie o rapiti. Il loro è un domani incerto, appeso ad un filo davvero molto sottile.


Daniel Mateo Montalcini - a cura di Massimiliano Nespola

martedì 17 maggio 2022

In cattive acque

Vi presentiamo il punto di oggi di Daniel Mateo Montalcini: l'autore passa in rassegna la delicata questione relativa agli equilibri nel Mar Mediterraneo, teatro di attività strategiche e di spionaggio da parte delle navi russe.

Editing di Massimiliano Nespola.

Buona lettura 


IN CATTIVE ACQUE

Nel corso delle scorse settimane, si sono viste navi russe sulle sponde calabresi. Recentemente, è stata avviata una nave spia russa nel canale di Sicilia. La nave Vasily Tatishchev, chiamata con il nome in codice di Meridian, ha iniziato la sua navigazione nel Mediterraneo già un mese prima dell’invasione dell’Ucraina, il 20 gennaio. A partire da quel giorno, la nave spia ha avviato un programma di osservazione del Tirreno.         

A bordo di essa sono presenti due cannoni a canne rotanti, oltre che due lanciatori per missili contraerei. Misura 95 metri in lunghezza e pesa 3.500 tonnellate; è stata varata nel 1989 e può trasportare 136 passeggeri. Costoro non sono semplici marinai, bensì specialisti dei servizi segreti. La loro funzione è quella di captare ed analizzare le trasmissioni dei radar e dei sistemi radio avversari, col fine di decifrare le loro frequenze e capacità.

Le antenne di cui dispongono per captare le onde radio sono chiuse in grandi bolle bianche, per far sì che siano invisibili. Nell’inconsapevolezza di molti, il Mediterraneo assume così il ruolo di spartiacque tra la Russia e la NATO. Le navi russe avvistate nelle scorse settimane sono state viste dirigersi verso l’Italia, ove sono disposte la nave italiana Cavour e la francese De Gaulle, per poi avvistare persino l’americana Truman.                     

Le manovre russe verso il Mare Nostrum, un mese prima dell’invasione dell’Ucraina, sono portate avanti secondo una tattica di pressione nei confronti della NATO. La predetta nave spia russa non è l’unica della flotta in azione a largo della nostra isola meridionale. L’Ustinov, incrociatore gemello dell’abbattuto Moskva, pare sia stato avvistato non a largo dell’isola di Creta una settimana fa, affiancato dalla fregata Kasatonov e dal caccia Trubuts, sua scorta.                       

L’altra fregata presente invece, il Grigorovich, dovrebbe navigare sull’Egeo, strategicamente posizionata per controllare il Bosforo, passaggio fondamentale per il Mar Nero. I due sottomarini d’attacco, Kilo, pare che siano dislocati in Siria. Infine un terzo sottomarino nucleare, del quale però sono state perse le tracce dopo che lo si è avvistato circa un mese fa, potrebbe attualmente sostare nel Mediterraneo.

 

Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola


lunedì 16 maggio 2022

I generali ingannano Putin

Gli spunti odierni di Daniel Mateo Montalcini pongono l'attenzione sulle indiscrezioni dell'ex primo ministro russo Michail Michajlovič Kas'janov in merito alla verità sul conflitto in Ucraina: lo stesso Putin sarebbe stato ingannato sulla reale portata del suo esercito e sarebbe attualmente preda di giochi di potere dei generali russi.

Editing di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


LE INDISCREZIONI DI KASYANOV

Una volta comprovato che l’attacco lampo sull’Ucraina si è risolto in un completo fallimento da parte di Putin, lo zar ora deve fronteggiare ben altri problemi interni. Michail Michajlovič Kas'janov, l’ex Primo Ministro russo dal 2000-2004, ai tempi licenziato, che aveva poi fondato un suo partito per candidarsi alla presidenza nel 2008, vive ora in esilio. Kas'janov ha dichiarato che questo lungometraggio del conflitto andrà a scapito della Russia.

Secondo indiscrezioni riportate da un giornale tedesco, l’ex Primo Ministro russo sostiene che Putin sarebbe stato ingannato dai suoi generali sullo stato della guerra. Inoltre, secondo fonti riportate da Deutsche Welle, l’ex Premier afferma che la cerchia dei più fedeli a Putin gli starebbero nascondendo informazioni rilevanti o che costoro gli abbiano persino fornito informazioni incomplete sulla guerra.

A questo riguardo, Kas'janov è certo che Putin sia tenuto in ostaggio dai suoi stessi generali, che illudono l’opinione pubblica in merito alla rilevanza di Putin, quando in realtà lo zar sarebbe ormai decaduto al rango di semplice portavoce dei generali che tengono nascoste le strategie di guerra. Putin è stato ingannato, facendogli credere di poter controllare un esercito più forte di quello realmente esistente e che la guerra si sarebbe risolta in brevissimo tempo.


Daniel Mateo Montalcini - a cura di Massimiliano Nespola

venerdì 13 maggio 2022

Fotografie (mosse) di un autocrate

Riceviamo e pubblichiamo alcune note di Daniel Mateo Montalcini sulla figura del leader russo Vladimir Putin, all'indomani dei festeggiamenti del 9 maggio. Destano preoccupazione le sue condizioni di salute, su cui trapela solo però qualche indiscrezione, inoltre rimane in larga parte ignota la sua strategia di prosecuzione del progetto di invasione dell'Ucraina, ad oggi fortemente scoraggiata dalle perdite subite. Anche la reputazione di Putin e della Russia traballano; sullo sfondo, si intravedono dei tentativi anch'essi molto incerti di dialogo con il presidente russo da parte del presidente francese Emmanuel Macron.

Editing a cura di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


IL SORRISO DI PUTIN

Dalle immagini riportate il 9 Maggio, giornata di ricordo russo per la liberazione e la sconfitta dei nazisti, ricorrenza usata in questo frangente come slogan politico per mettere in mostra una apparente forza bellica dispiegata nel conflitto russo-ucraino, si è visto un Presidente teso. Ciò a causa delle circostanze avverse del conflitto e – si ritiene – del suo stato di salute. Il Presidente russo ha scagliato tutte le colpe della guerra contro l’Occidente, accusando il Vecchio Continente di non sapere o voler ascoltare le richieste e bisogni russi, senza mai pronunciate il termine guerra.                                          

Sulle condizioni di salute dello zar, continuano a susseguirsi indiscrezioni secondo cui vi è la possibilità che sia ammalato di Parkinson, o affetto da un tumore e da forme di demenza. Contrariamente all’immagine forte di sé che ha sempre cercato di mostrare, in occasione della ricorrenza del 9 maggio si è presentato – lui solo – indossando una coperta sulle gambe. Oltretutto ha indossato un giubbotto ben imbottito, chiuso, abbondante e spesso, per ripararsi dal vento. Questo suo abbigliamento ha generato preoccupazioni sul suo reale stato di salute e sulla sua solidità nel tenere le redini di un Paese così vasto come la Russia. Non sono note le sue autentiche intenzioni sulla prosecuzione del conflitto e sulle sue mire espansionistiche – reali o presunte – per rimettere in piedi uno stato sgretolatosi a seguito della caduta del Muro di Berlino, il 9 novembre 1989.

 

LA RUSSIA DIPENDE DA PUTIN

È ormai cronaca quotidiana lo stato di salute di Putin, che spesso sembra sul punto di mancare, per poi tornare in prima fila. Gli equilibri della Russia son legati a lui. Quando Putin appare non nel meglio delle sue condizioni, anche la Russia subisce di riflesso un crollo, mentre quando lui appare più tonico, il Paese si riprende.

Il ruolo di Macron quale Presidente francese rieletto ed al momento Presidente di turno della UE è molto rilevante, in quanto risulta il miglior interlocutore in grado di farlo ragionare. Parlando quotidianamente per svariate ore, Macron ora funge persino da psicoterapeuta, o quantomeno questo è ciò che traspare dai media. Quando Macron si sofferma sul tema di non umiliare la Russia, intende ovviamente di non umiliare il popolo. Il Presidente francese è cosciente del fatto che Putin si sente offeso, respinto ed umiliato dall’Occidente.

 

Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola


mercoledì 11 maggio 2022

L’Unione europea futura: le risposte che ci si attende

Anche la comunicazione pubblica può fornire un apporto consistente, per il futuro

Il 9 maggio 2022 ha rappresentato il momento conclusivo dei lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa. In occasione di tale data, associata simbolicamente alla festa dell’Europa, che ricorda ai cittadini europei la Dichiarazione Schuman del 1950, è inevitabile svolgere un’analisi della situazione attuale e farlo anche in prospettiva futura.

In relazione a ciò, il 10 maggio, ieri, si è tenuto on line un interessante evento organizzato dal Movimento Europeo, nel corso del quale, partendo dal discorso del giorno precedente del Presidente francese Emmanuel Macron, si è guardato a tali orizzonti, a ciò che rimane della Conferenza e se si sia effettivamente trattato di un momento di evoluzione positiva del processo di integrazione europeo.

L’Unione europea che emerge da questa analisi vede realizzati alcuni passi in avanti e tuttavia molti punti programmatici restano ancora non realizzati. Ciò che non ci si stanca di ribadire, da più parti, anche ascoltando i molti interventi susseguitisi nel corso dell’evento sopracitato, è il fatto che la struttura istituzionale europea costituisca un completamento rispetto alla dimensione degli Stati nazionali preesistenti e che è nata con l’obiettivo di sopperire ad alcuni limiti insuperabili per gli stessi.

È noto infatti che l’Unione europea nasce dalla consapevolezza di rappresentare, per gli Stati nazionali sorti in epoche storiche pregresse, in un mondo assai differente rispetto a quello attuale, l’unico rimedio possibile alla conflittualità perpetratasi nei secoli. Era necessario, dopo la seconda guerra mondiale, dotarsi di una struttura istituzionale comune, entro cui concertare le decisioni da prendere per camminare insieme verso un futuro di benessere.

In relazione a ciò, l’Unione europea rappresenta un esempio riuscito di cooperazione tra Stati che si regge anche su un forte apporto morale e che si pone quale pilastro per sostenere un’unità che è data dalla necessità di una forte tensione nella direzione della pace quale presupposto di una crescita comune.

Così come, agli inizi del secolo scorso, erano sorti altri istituti quali l’assicurazione obbligatoria dei lavoratori, quale risposta degli Stati ai nuovi rischi emergenti per via dello svolgimento di attività manuali complesse in ambito industriale, allo stesso modo l’Unione europea è nata per rispondere ad esigenze sociali e politiche comuni a tutti i cittadini degli Stati membri.

Si tratta di un progetto che ha voluto guardare al futuro di un mondo in cui è emerso, con la seconda guerra mondiale, il peso di superpotenze come gli Stati Uniti, la Russia, a cui oggi se ne aggiungono altre, come la Cina, il Brasile, l’India: grandi agglomerati economici e politici con i quali interloquire necessariamente in numerosi settori.

I vari Stati europei hanno la necessità di saper rispondere in maniera unitaria, nello scacchiere internazionale; ciò è noto, non da oggi. Il dilemma attuale è se farlo mettendo mano ai Trattati, da modificare dandosi l’obiettivo di sottoscrivere una vera e propria Costituzione, oppure se riformare l’Unione a trattati invariati.

Si tratta di un argomento divisivo, come è emerso nell’incontro organizzato dal Movimento Europeo, poiché, proprio in relazione a ciò, è stato presentato un “non paper” da parte di 13 Stati membri – Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lituania, Lettonia, Malta, Polonia, Romania, Svezia e Slovenia – che ritengono non opportuno rimettere mano ai Trattati. Per la precisione, affermano che si tratterebbe di un passo "sconsiderato e prematuro".

A tal proposito, c’è da dire secondo una corrente di pensiero già esiste, non da oggi, una Costituzione europea, data dal fatto che vi sono le sue istituzioni e una sfera di rapporti consolidati interni all'Unione. Posto che tale assunto sia effettivamente corretto, bisognerebbe comprendere se e come sia cambiata, rispetto all’ultima riforma che ha portato tra il 2007 e il 2009 alla ratifica del Trattato di Lisbona, la natura di questi rapporti, in vista (eventualmente) di una riforma dei Trattati.

Ad ogni modo, questo è un passo politico che dovrebbe tener conto della volontà dei cittadini e, in relazione a ciò, preme qui sottolineare un punto: anche grazie anche ai media, bisognerebbe far comprendere ai cittadini europei il fatto che una maggiore integrazione politica europea è una necessità, oggi e per il futuro.

Considerato l’assunto teorico relativo all’esistenza di fatto di una Costituzione europea e accettando il presupposto secondo cui può esistere una Costituzione materiale anche in assenza di Costituzione formale, bisogna comprendere come sia possibile incidere positivamente sulla sfera attuale dei rapporti esistenti nella società europea, al fine di una evoluzione in positivo, verso la dimensione costituente in senso federale.

A questo proposito, si può affermare intanto che la società europea ha bisogno di un nuovo piano di comunicazione: decentrata rispetto a Bruxelles, poiché spesso si è rimarcata l’esistenza di una certa dose di autoreferenzialità della stessa, quando in realtà bisognerebbe uscire dalla bolla in cui “Bruxelles speaks to Bruxelles”. È necessaria una comunicazione capillare che possa funzionare grazie ad una sinergia tra i media degli Stati membri.

Anche se non è un’impresa semplice da realizzare, sono inoltre necessari media europei. In relazione a ciò, ci sono stati dei progressi, negli anni, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Rispetto al passato, con una certa facilità è possibile seguire i lavori istituzionali del Parlamento europeo. Molto è disponibile in merito alle attività del Consiglio e della Commissione, al punto che addentrandosi nei siti istituzionali dell’Unione si avrà la sensazione di perdersi, data l’ampia mole di documenti consultabili.

Ma molto rimane da fare, soprattutto per rendere sempre più chiari e trasparenti i meccanismi di funzionamento dell’Unione europea, che è oggi un cantiere aperto anche dal punto di vista della sua comunicazione pubblica.

 

Massimiliano Nespola

martedì 10 maggio 2022

Immagini da Kiev e Mosca

Nel racconto di questi giorni difficili, in cui ancora non si conoscono le proporzioni del conflitto russo - ucraino e non si intravede una via d'uscita, Daniel Mateo Montalcini si è soffermato su alcuni elementi da porre all'attenzione: il temibile ruolo del giornalista pro Putin, Dimitri Kiselyiov, la trasferta dei leader dello storico gruppo degli U2 a Kiev, la verità - difficilmente riscontrabile - sul reale stato di salute dell'economia russa.

Massimiliano Nespola si è occupato dell'editing.

Buona lettura



COME SMANTELLARE L’ATOMICA

James Bond, agente segreto 007 alla corte della Regina Elisabetta II, è tornato in azione. Ne indossa i panni Dimitri Kiselyiov, noto presentatore televisivo, giornalista e propagandista russo molto a favore di Putin, lanciando però gravi minacce dirette alla Corona britannica. Lo fa tramite l’utilizzo di immagini propagandistiche strumentali, che mostrano la possibilità di annientare il Regno Unito rapidamente. Il giornalista russo in questione minaccia il premier britannico della possibilità di utilizzare droni subacquei che azionerebbero una superbomba atomica, la quale creerebbe uno tsunami radioattivo di 500 metri che sommergerebbe Albione (ossia la Gran Bretagna, chiamata con il suo storico nome).

Il sorriso sornione dell’anchorman televisivo russo è paragonabile a quello del peggior agente segreto britannico piuttosto che a quello del leader del consorzio mediatico Rossiya Segodnia. Queste minacce mediatiche, per esercitare pressione e cercare di tenere in scacco un Paese intero e tutti gli altri paesi che collaborano con l’Ucraina, non sono le prime a verificarsi. Sono strumenti di esaltazione della potenza nucleare russa, utilizzati per nascondere le reali debolezze del Paese invasore e per dar motivo alla NATO e a tutto l’Occidente di indugiare nell’azione, per arginare  il rischio di possibili conseguenze drastiche.

 

CANTARE IN NOME DELLA PACE

Inaspettatamente a Kiev sono arrivati Bono Vox, il frontman del gruppo musicale conosciuto in tutto il mondo, gli U2 di Berlino, Paul David Hewson all’anagrafe, ed il bassista del medesimo gruppo musicale The Edge, altrimenti detto David Howell Evans. Entrambi i membri degli U2 sono noti attivisti politici schierati contro ogni conflitto ed estremismo politico. I due, giunti nella capitale ucraina, si sono diretti alla stazione metropolitana Khreschatyk dove si sono esibiti senza preavviso.

Arrivati alla suddetta fermata, sono scesi con l’esercito, per poi cantare “Stand by Ukraine”, presentando inoltre altri noti successi del gruppo, in particolar modo i testi che cantano la libertà e denunciano le oppressioni e le discriminazioni. Bono, durante lo spettacolo inatteso, ha inneggiato espressamente alla libertà per l’Ucraina ed alla sua lotta per l’indipendenza. Ha soprattutto parlato di pace in favore del Paese oppresso.

Le canzoni più note e forse più importanti del repertorio presentato dagli U2, che inneggiano a questi temi, sono state “Desire”, “With or without you” e “Sunday Bloody Sunday”. Bono ha acclamato a gran voce che la lotta ucraina non rappresenta solo la lotta per la libertà del Paese, bensì si svolge a nome della libertà di ogni popolo, ovunque oppresso. È il grido per tutti coloro che amano la libertà. Il cantante si era già schierato precedentemente a favore dell’Ucraina, anni addietro. Aveva non banalmente dedicato una poesia all’Ucraina. Nel 2018 si era già recato nella capitale ucraina rivolgendosi al pubblico nell’ambito del 15imo incontro annuale della Strategia Europea di Yalta.

 

VIVERE IN UN’ILLUSIONE

La Russia è cosciente, ma non vuole dimostrarlo, o ancora si illude di non crederci facendo uso di propaganda ed immagini illusorie, di stare attraversando una delle peggiori crisi economiche della sua storia. Le sanzioni che molti analisti ritengono inefficaci, nel medio-lungo termine possono invece dispiegare tutti i loro effetti. Nel frattempo, la Russia pare essersi adagiata in questo stato di restrizioni economiche imposte dall’Occidente. Il rublo, in risposta al crollo del 40% avvenuto dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, sarebbe poi rimbalzato a livelli precedenti.

La Banca Centrale russa del resto, da parte sua, aveva, per scopi tecnici volti a contenere il crollo, alzato i tassi d’interesse del 20%. Successivamente, ha applicato un lieve taglio degli interessi al 17% e al 14%, per ridare ossigeno entro i limiti ai sostentamenti economici. Per ironia della sorte, a causa della crisi geopolitica, la conseguente impennata dei prezzi di gas e petrolio non avrebbe svuotato le casse del Cremlino. Il tanto temuto default apparentemente prossimo non sarebbe affatto avvenuto: nelle principali città russe, dove si prevedeva uno scenario allarmante per l’economia e gli affari, ciò non si sarebbe verificato, o almeno sono circolate immagini di negozi e scaffali tutto fuorché vuoti.

 

Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola


lunedì 9 maggio 2022

Le sfumature del conflitto

Poniamo alla vostra attenzione alcuni aspetti interessanti su cui si sofferma Daniel Mateo Montalcini, relativamente alla guerra russo - ucraina. Gli errori di Putin, la possibile soluzione tramite referendum e i passi da compiere, anche con delle rinunce, in vista di un accordo per il cessate il fuoco sono i punti posti oggi sotto la lente di ingrandimento dell'autore.

Editing di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


 

NESSUNO E’ PERFETTO

Putin sta realizzando di aver fatto qualche passo più lungo della gamba. La vicenda della Azovstal – l’acciaieria che le truppe russe sono state abili a conquistare, utilizzata come rifugio da parte della resistenza ucraina, attaccata e bombardata più volte per disarmare i difensori per poi ottenere accesso a Kiev – rappresenta l’emblema delle svariate contraddizioni, dei paradossi e degli errori compiuti da Putin. Le dinamiche del conflitto riportano a scene risalenti a 40 fa. Putin dovrebbe aggiornarsi pertanto, per non rimanere legato a vecchi schemi.

Le immagini riportate della commemorazione della vittoria contro i nazisti sono identiche, per stile e caratteristiche del messaggio, a 40 fa, malgrado la tv oggi sia di maggiore qualità. La mentalità non è cambiata affatto. Sono cambiati molto, nell’arco degli anni, la nomenclatura, i regimi, la tv a colori, le tecnologie sempre più avanzate, ma sembra emergere che è cambiato molto per poi non cambiare nulla. Basti solo osservare l’intervista tenutasi pochi giorni or sono a Lavrov su Rete 4: la dialettica è rimasta tale e quale. Affinché la Russia vinca, bisognerebbe tirare indietro le lancette dell’orologio a 40 anni fa.

 

LA GUERRA DEI VOTI AL REFERENDUM

Ogni guerra si vince anche grazie al dialogo e all’influenza popolare, benché oggi, nel sistema di interconnessioni globali, ogni vincitore risulti perdente nel momento stesso in cui giustifica la guerra, perché già dichiarandola parte con il piede sbagliato. Il celeberrimo economista Edward Luttwak, ospite al programma televisivo di informazione economica politica di Mediaset condotta da Paolo del Debbio e prodotta da Videonews (RTI), Dritto e Rovescio, ha commentato che il conflitto perdurante tra i russi e gli ucraini può giungere a conclusione appellandosi ad un referendum, come avvenuto nel 2014. Il conflitto altrimenti potrebbe dilungarsi a tempo indeterminato.

Le due aree maggiormente interessate sono Lugansk e Donetsk, rilevanti centri del Donbass. Se si arrivasse ad un referendum in queste zone e nel caso di vittoria elettorale russa, Putin sarebbe legittimato a dire di aver vinto, perché avrebbe diritto ad affermare che la popolazione è dalla sua parte. La possibile vittoria del referendum lo legittimerebbe a poter uscire dalla guerra che ha già mietuto vittime per entrambe le parti  e consistenti danni economici. Questa situazione si riflette inoltre sull’utilizzo delle armi inviate in difesa dell’Ucraina: non saranno sufficienti nel caso in cui il conflitto si prolunghi. Il protrarsi della guerra pertanto, a differenza di quanto sostenuto dagli analisti, a lungo andare potrebbe andare a vantaggio dei russi, a causa delle spese militari sostenute da parte dell’Occidente.

 

SACRIFICI PER UNA GIUSTA CAUSA

Secondo le ultime dichiarazioni, per raggiungere una tregua col fine di giungere a un cessate il fuoco definitivo, Zelensky parrebbe ora deciso a sacrificare la Crimea, illegittimamente conquistata nel 2014 dai russi e non ancora dichiarata terra russa dalle Nazioni Unite. Questa condizione si verificherebbe ovviamente a patto che gli invasori ritirino le loro truppe al di qua dei confini del 23 febbraio. Con il riconoscimento della Crimea in quanto russa da parte di Zelensky, si certificherebbe la vittoria del Presidente ucraino, altresì sancendo che l’Ucraina accetta una neutralità garantita.

In questi termini, pare scontato che Zelensky voglia preparare il suo popolo ad una vittoria apparentemente prossima, ma con dei sacrifici necessari, quali la privazione definitiva della Crimea. Le trattative per raggiungere la pace ad ogni modo includono il Donbass, territorio di cui l’Ucraina non vuole privarsi minimamente, pertanto la possibilità di una prosecuzione del conflitto, per conseguire il mantenimento di suddetta area contesa tra russi ed ucraini quale indissolubilmente territorio ucraino, appare un’opzione realistica.


Daniel Mateo Montalcini -  a cura di Massimiliano Nespola

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