mercoledì 11 maggio 2022

L’Unione europea futura: le risposte che ci si attende

Anche la comunicazione pubblica può fornire un apporto consistente, per il futuro

Il 9 maggio 2022 ha rappresentato il momento conclusivo dei lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa. In occasione di tale data, associata simbolicamente alla festa dell’Europa, che ricorda ai cittadini europei la Dichiarazione Schuman del 1950, è inevitabile svolgere un’analisi della situazione attuale e farlo anche in prospettiva futura.

In relazione a ciò, il 10 maggio, ieri, si è tenuto on line un interessante evento organizzato dal Movimento Europeo, nel corso del quale, partendo dal discorso del giorno precedente del Presidente francese Emmanuel Macron, si è guardato a tali orizzonti, a ciò che rimane della Conferenza e se si sia effettivamente trattato di un momento di evoluzione positiva del processo di integrazione europeo.

L’Unione europea che emerge da questa analisi vede realizzati alcuni passi in avanti e tuttavia molti punti programmatici restano ancora non realizzati. Ciò che non ci si stanca di ribadire, da più parti, anche ascoltando i molti interventi susseguitisi nel corso dell’evento sopracitato, è il fatto che la struttura istituzionale europea costituisca un completamento rispetto alla dimensione degli Stati nazionali preesistenti e che è nata con l’obiettivo di sopperire ad alcuni limiti insuperabili per gli stessi.

È noto infatti che l’Unione europea nasce dalla consapevolezza di rappresentare, per gli Stati nazionali sorti in epoche storiche pregresse, in un mondo assai differente rispetto a quello attuale, l’unico rimedio possibile alla conflittualità perpetratasi nei secoli. Era necessario, dopo la seconda guerra mondiale, dotarsi di una struttura istituzionale comune, entro cui concertare le decisioni da prendere per camminare insieme verso un futuro di benessere.

In relazione a ciò, l’Unione europea rappresenta un esempio riuscito di cooperazione tra Stati che si regge anche su un forte apporto morale e che si pone quale pilastro per sostenere un’unità che è data dalla necessità di una forte tensione nella direzione della pace quale presupposto di una crescita comune.

Così come, agli inizi del secolo scorso, erano sorti altri istituti quali l’assicurazione obbligatoria dei lavoratori, quale risposta degli Stati ai nuovi rischi emergenti per via dello svolgimento di attività manuali complesse in ambito industriale, allo stesso modo l’Unione europea è nata per rispondere ad esigenze sociali e politiche comuni a tutti i cittadini degli Stati membri.

Si tratta di un progetto che ha voluto guardare al futuro di un mondo in cui è emerso, con la seconda guerra mondiale, il peso di superpotenze come gli Stati Uniti, la Russia, a cui oggi se ne aggiungono altre, come la Cina, il Brasile, l’India: grandi agglomerati economici e politici con i quali interloquire necessariamente in numerosi settori.

I vari Stati europei hanno la necessità di saper rispondere in maniera unitaria, nello scacchiere internazionale; ciò è noto, non da oggi. Il dilemma attuale è se farlo mettendo mano ai Trattati, da modificare dandosi l’obiettivo di sottoscrivere una vera e propria Costituzione, oppure se riformare l’Unione a trattati invariati.

Si tratta di un argomento divisivo, come è emerso nell’incontro organizzato dal Movimento Europeo, poiché, proprio in relazione a ciò, è stato presentato un “non paper” da parte di 13 Stati membri – Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lituania, Lettonia, Malta, Polonia, Romania, Svezia e Slovenia – che ritengono non opportuno rimettere mano ai Trattati. Per la precisione, affermano che si tratterebbe di un passo "sconsiderato e prematuro".

A tal proposito, c’è da dire secondo una corrente di pensiero già esiste, non da oggi, una Costituzione europea, data dal fatto che vi sono le sue istituzioni e una sfera di rapporti consolidati interni all'Unione. Posto che tale assunto sia effettivamente corretto, bisognerebbe comprendere se e come sia cambiata, rispetto all’ultima riforma che ha portato tra il 2007 e il 2009 alla ratifica del Trattato di Lisbona, la natura di questi rapporti, in vista (eventualmente) di una riforma dei Trattati.

Ad ogni modo, questo è un passo politico che dovrebbe tener conto della volontà dei cittadini e, in relazione a ciò, preme qui sottolineare un punto: anche grazie anche ai media, bisognerebbe far comprendere ai cittadini europei il fatto che una maggiore integrazione politica europea è una necessità, oggi e per il futuro.

Considerato l’assunto teorico relativo all’esistenza di fatto di una Costituzione europea e accettando il presupposto secondo cui può esistere una Costituzione materiale anche in assenza di Costituzione formale, bisogna comprendere come sia possibile incidere positivamente sulla sfera attuale dei rapporti esistenti nella società europea, al fine di una evoluzione in positivo, verso la dimensione costituente in senso federale.

A questo proposito, si può affermare intanto che la società europea ha bisogno di un nuovo piano di comunicazione: decentrata rispetto a Bruxelles, poiché spesso si è rimarcata l’esistenza di una certa dose di autoreferenzialità della stessa, quando in realtà bisognerebbe uscire dalla bolla in cui “Bruxelles speaks to Bruxelles”. È necessaria una comunicazione capillare che possa funzionare grazie ad una sinergia tra i media degli Stati membri.

Anche se non è un’impresa semplice da realizzare, sono inoltre necessari media europei. In relazione a ciò, ci sono stati dei progressi, negli anni, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Rispetto al passato, con una certa facilità è possibile seguire i lavori istituzionali del Parlamento europeo. Molto è disponibile in merito alle attività del Consiglio e della Commissione, al punto che addentrandosi nei siti istituzionali dell’Unione si avrà la sensazione di perdersi, data l’ampia mole di documenti consultabili.

Ma molto rimane da fare, soprattutto per rendere sempre più chiari e trasparenti i meccanismi di funzionamento dell’Unione europea, che è oggi un cantiere aperto anche dal punto di vista della sua comunicazione pubblica.

 

Massimiliano Nespola

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