La conferenza stampa sul ruolo dell'Unione europea in Ucraina
In un clima di angoscia mista a speranza, si è tenuta ieri, alle 11, la conferenza stampa “Per una proposta di pace dell’Unione europea”, a Roma, presso la Sala delle bandiere dell’Ufficio italiano del Parlamento europeo. Tale iniziativa si è svolta per formulare proposte di lungo termine, alla presenza di ospiti importanti, rispetto alla fase di gravissima tensione dettata dalla prosecuzione della guerra in Ucraina.
Mentre sui media l’attenzione al tema – che peraltro sembra in via di diminuzione – è concentrata prevalentemente sulle operazioni militari, i relatori intervenuti in occasione dell’incontro si sono focalizzati soprattutto sulla ridefinizione dell’agenda, una volta cessato il conflitto, in vista di nuovi modelli di convivenza.
Il tutto a partire da un interrogativo: che assetto avrà l’Ucraina di domani? Qualunque esso sia, la pre-condizione affinché possa essere delineata una strategia è, come ha affermato Susanna Florio, responsabile delle politiche europee dell’Anpi, il ristabilimento della pace. Nel suo intervento, la relatrice ha inoltre affermato: "Vogliamo prendere sul serio le parole del presidente Draghi, che di fronte alle macerie ha detto "noi ricostruiremo tutto. Sarà l’Ue a farlo".
Ci sarebbe molto altro da aggiungere in merito all’intervento della relatrice, che si è soffermata sulla possibilità di una pace – quale unico obiettivo possibile da perseguire con tutte le forze – garantita da un trattato internazionale che coinvolga tutte le parti coinvolte.
Per poter rivedere la conferenza stampa per intero, si rimanda qui al sito di Radio Radicale, su questo link. L’obiettivo di questo articolo è infatti quello di sintetizzare e al tempo stesso offrire una prospettiva al lettore, unendo frammenti degli spunti emersi dalle affermazioni dei vari relatori.
Ecco quindi che appare interessante collegare l’intervento
di Susanna Florio a quello del presidente nazionale di ANPI, Gianfranco Pagliarulo, che ha posto
l’attenzione sul fatto che si pone il problema del come avviare la
ricostruzione dell’Ucraina. La situazione economica attuale pone infatti una
serie di allarmi sociali: “L'Europa e
l'Italia in particolare hanno urgente bisogno di spostare l'attenzione dal tema
della guerra a quello del negoziato. Se non si riparte dal negoziato, c'è il
rischio che a ottobre scoppi una bomba sociale”. Bisogna considerare che “In Italia 5,6 milioni di persone si trovano
in povertà assoluta; l’80% delle assunzioni del 2021 è stata a tempo
determinato, quindi senza futuro”. Ciò non significa che si debba
rinunciare a svolgere un ruolo ambizioso; tutt’altro. Secondo Pagliarulo, “l’Ue deve diventare un grande attore
internazionale indipendente […] Occorre un cambio di passo dell'Ue, non occorre
un ultimatum, ma proposte”.
Mai come oggi, si avverte la necessità che l’Unione europea
affermi i valori di cui si fa portavoce da sempre. È necessario uno slancio
nuovo, maggiori ambizioni, maggiore coerenza. In relazione a ciò, il presidente
del Movimento Europeo in Italia, Pier
Virgilio Dastoli, ha rimarcato che per rispondere al conflitto ucraino, “Gli Stati membri si sono mossi in ordine
sparso, perché l'Ue non dispone di una vera e propria politica estera”. A
ciò si aggiunge, come ha affermato Dastoli, il problema della potenziale paralisi
in seno al Consiglio, causata dal potere di veto in capo a ciascuno Stato
membro. La formula per intervenire efficacemente in Ucraina è quella di ”Una politica estera e di sicurezza comune
unica, nelle mani di un governo federale”. Il presidente Dastoli si è
inoltre soffermato sulla petizione del
Movimento Europeo, all’indomani del 24 febbraio, finalizzata a porre
all’attenzione dell’opinione pubblica la necessità dell’intervento dei caschi
blu in Ucraina. Rispetto alla crisi bellica in atto, il presidente Dastoli ha illustrato la soluzione proposta, in rappresentanza del Movimento Europeo, per l’Ucraina: quella di uno stato neutrale e federale, che riprenda nel suo assetto quello
raggiunto in Trentino Alto Adige, con gli accordi De Gasperi – Gruber.
In relazione a ciò, oltre a rivedere il video integrale
dell’evento, si consiglia di seguire il sito
del Movimento Europeo, su cui è possibile reperire una vastissima
documentazione sulla storia del processo
di integrazione europea, sui
Trattati in vigore, sul futuro
federale dell’Ue; qualora si sia interessati a sottoscrivere la petizione,
è possibile farlo cliccando
qui.
Non è semplice immaginare una prospettiva di lungo termine,
nel corso di un’escalation militare che ricorda il secondo conflitto mondiale,
tuttavia è stato ciò che hanno provato a fare i relatori; al tavolo si è avuta
infatti anche la presenza, in rappresentanza della stampa, dell’autorevole
direttore di “Avvenire”, Marco Tarquinio,
nonché di Franco Uda, presidente
nazionale di ARCI. Richiamare i loro interventi può aiutare a comprendere
meglio il senso della mobilitazione della società civile a cui oggi sono
chiamate numerose organizzazioni, nonché i mezzi di comunicazione. È poi
seguita una interessantissima testimonianza dal campo, attraverso le parole di Diletta Alese, componente della
segreteria della "Gioventù Federalista Europea", una giovane
attivista che si è recata a Leopoli nell’ambito della Carovana “Stop the war now”,
a cui hanno aderito 170 organizzazioni della società civile, con numeri che
crescono di giorno in giorno.
L’impegno al quale si è stati chiamati dal 24 febbraio in
poi è stato senza precedenti. Come ha affermato Uda, “Ci siamo fatti carico
di una situazione di cui prima ci si era occupati poco; come ARCI abbiamo
svolto un ruolo di informazione e
rappresentato la contrarietà di molti cittadini alla guerra”. È emerso
inoltre, preoccupantemente, dalle parole del relatore, la percezione dello “scollamento tra società civile e politica: circa il 65% è contrario alle
modalità di intervento del governo italiano e del ruolo dell'Ue nel conflitto”.
Che fare dunque? Secondo Uda la strada da percorrere è quella della “Convocazione di una conferenza paneuropea per un futuro comune e per il
disarmo”. Molto altro si potrebbe aggiungere su questo e sugli altri discorsi,
ma ciò che qui preme sottolineare è la comunanza d’intenti che si è potuta
riscontrare tra i vari relatori. Ciò è emerso dalle parole di Marco Tarquinio, direttore di “Avvenire”, secondo cui gli interventi
della conferenza stampa si ricollegano, in qualche modo, al messaggio per la
pace lanciato da Papa Francesco.
La società civile inoltre, secondo Tarquinio, in questo frangente ha una grande responsabilità: “L'antidoto alla guerra sta in un movimento
popolare che sappia contrastare le derive populistiche da un lato e dall'altro
belliche”. Potrà emergere una grande forza per la pace; perché ciò avvenga
è necessario “Darsi un alfabeto comune”.
Diversamente, si va verso un riarmo che per gli stati europei è assai
pericoloso: “Il riarmo nazionale”,
afferma Tarquini, si tiene infatti “Sotto
l'ombrello della NATO, che si apre ma si chiude anche rapidamente”. Rispetto
a tale caratteristica della tutela fornita dalla NATO, c’è da chiedersi,
secondo il direttore di "Avvenire": “Cosa
succede con il riarmo nazionale degli stati europei e l'ombrello NATO che si
chiude?”
Molto altro si potrebbe aggiungere – e qui probabilmente si
è già ecceduto. Merita però attenzione la parte finale del dibattito, in cui si
è dato spazio alla figura e al coraggio di Diletta
Alese, volontaria che ha contribuito a fornire beni di prima necessità agli
sfollati di Leopoli e a riportare in Italia 350 rifugiati; tra di loro, 47
persone sono state accolte a Roma, in albergo. Per loro è previsto attualmente,
con il coordinamento di ARCI Solidarietà, il passaggio dalla prima alla seconda
forma di accoglienza. Attualmente esistono uffici di “Stop the war now”,
a Leopoli, per fare rete sul territorio, attraverso il lavoro di volontari che
permangono per tempi lunghi e che rendono possibile l’arrivo delle carovane. A
breve è previsto un nuovo viaggio di solidarietà, alla volta di Odessa.
Diletta Alese,
oltre a raccontare con un particolare coinvolgimento le modalità in cui si è
potuta svolgere questa importantissima azione di solidarietà, ha descritto la
situazione attuale globale, quella di ”Anarchia
internazionale in un contesto multipolare”. Ascoltata telefonicamente, ha
spiegato la sua posizione. Si parte da una consapevolezza: “Le
guerre continueranno finché non le si renderanno impossibili, perché il
multilateralismo non ha oggi la forza di poter impedire che ciò avvenga”. Essere
consapevoli di un tale presupposto è necessario a comprendere meglio cosa
significhi trovarsi in una situazione di anarchia
internazionale in un contesto multipolare: “Va
inteso nel senso di un approccio strutturale di relazioni di potere nel mondo, definito
multipolare in quanto nessun attore è neutro e perché il vuoto viene sempre riempito,
in politica, dai vari attori. Tra di essi c’è l’Unione europea, un attore che
si sta definendo. Così come ha fatto l’Ue, bisogna riuscire a istituzionalizzare i conflitti, stando
insieme all’insegna di una modalità nuova di convivenza. Le riforme future europee
devono tener conto della necessità di responsabilizzare maggiormente il suo Parlamento;
ad ottobre inoltre, c’è la possibilità che parta una nuova convenzione
costituente. C’è quindi un margine di intervento per la ridefinizione del
progetto europeo, un progetto politico nuovo per istituzionalizzare la
solidarietà, la democrazia, e che proponga un modello alternativo a quello
russo o cinese. Il momento è quello giusto per continuare a costruire consenso
attorno a queste proposte; c’è bisogno di un atto di coraggio per il futuro, in
una dinamica globale. In prospettiva, queste azioni diventano sempre più
importanti: bisogna spendersi per contribuire al ruolo futuro dell’Unione
europea; forse questa è l’occasione per una svolta”.
Massimiliano
Nespola
Nessun commento:
Posta un commento