martedì 21 giugno 2022

Media, volontariato e società civile per la pace

La conferenza stampa sul ruolo dell'Unione europea in Ucraina


In un clima di angoscia mista a speranza, si è tenuta ieri, alle 11, la conferenza stampa “Per una proposta di pace dell’Unione europea”, a Roma, presso la Sala delle bandiere dell’Ufficio italiano del Parlamento europeo. Tale iniziativa si è svolta per formulare proposte di lungo termine, alla presenza di ospiti importanti, rispetto alla fase di gravissima tensione dettata dalla prosecuzione della guerra in Ucraina.

Mentre sui media l’attenzione al tema – che peraltro sembra in via di diminuzione – è concentrata prevalentemente sulle operazioni militari, i relatori intervenuti in occasione dell’incontro si sono focalizzati soprattutto sulla ridefinizione dell’agenda, una volta cessato il conflitto, in vista di nuovi modelli di convivenza.

Il tutto a partire da un interrogativo: che assetto avrà l’Ucraina di domani? Qualunque esso sia, la pre-condizione affinché possa essere delineata una strategia è, come ha affermato Susanna Florio, responsabile delle politiche europee dell’Anpi, il ristabilimento della pace. Nel suo intervento, la relatrice ha inoltre affermato: "Vogliamo prendere sul serio le parole del presidente Draghi, che di fronte alle macerie ha detto "noi ricostruiremo tutto. Sarà l’Ue a farlo".

Ci sarebbe molto altro da aggiungere in merito all’intervento della relatrice, che si è soffermata sulla possibilità di una pace – quale unico obiettivo possibile da perseguire con tutte le forze – garantita da un trattato internazionale che coinvolga tutte le parti coinvolte.


Per poter rivedere la conferenza stampa per intero, si rimanda qui al sito di Radio Radicalesu questo link. L’obiettivo di questo articolo è infatti quello di sintetizzare e al tempo stesso offrire una prospettiva al lettore, unendo frammenti degli spunti emersi dalle affermazioni dei vari relatori.


Ecco quindi che appare interessante collegare l’intervento di Susanna Florio a quello del  presidente nazionale di ANPI, Gianfranco Pagliarulo, che ha posto l’attenzione sul fatto che si pone il problema del come avviare la ricostruzione dell’Ucraina. La situazione economica attuale pone infatti una serie di allarmi sociali: “L'Europa e l'Italia in particolare hanno urgente bisogno di spostare l'attenzione dal tema della guerra a quello del negoziato. Se non si riparte dal negoziato, c'è il rischio che a ottobre scoppi una bomba sociale”. Bisogna considerare che “In Italia 5,6 milioni di persone si trovano in povertà assoluta; l’80% delle assunzioni del 2021 è stata a tempo determinato, quindi senza futuro”. Ciò non significa che si debba rinunciare a svolgere un ruolo ambizioso; tutt’altro. Secondo Pagliarulo, “l’Ue deve diventare un grande attore internazionale indipendente […] Occorre un cambio di passo dell'Ue, non occorre un ultimatum, ma proposte”.

Mai come oggi, si avverte la necessità che l’Unione europea affermi i valori di cui si fa portavoce da sempre. È necessario uno slancio nuovo, maggiori ambizioni, maggiore coerenza. In relazione a ciò, il presidente del Movimento Europeo in Italia, Pier Virgilio Dastoli, ha rimarcato che per rispondere al conflitto ucraino, “Gli Stati membri si sono mossi in ordine sparso, perché l'Ue non dispone di una vera e propria politica estera”. A ciò si aggiunge, come ha affermato Dastoli, il problema della potenziale paralisi in seno al Consiglio, causata dal potere di veto in capo a ciascuno Stato membro. La formula per intervenire efficacemente in Ucraina è quella di ”Una politica estera e di sicurezza comune unica, nelle mani di un governo federale”. Il presidente Dastoli si è inoltre soffermato sulla petizione del Movimento Europeo, all’indomani del 24 febbraio, finalizzata a porre all’attenzione dell’opinione pubblica la necessità dell’intervento dei caschi blu in Ucraina. Rispetto alla crisi bellica in atto, il presidente Dastoli ha illustrato la soluzione proposta, in rappresentanza del Movimento Europeo,  per l’Ucraina: quella di uno stato neutrale e federale, che riprenda nel suo assetto quello raggiunto in Trentino Alto Adige, con gli accordi De Gasperi – Gruber.

In relazione a ciò, oltre a rivedere il video integrale dell’evento, si consiglia di seguire il sito del Movimento Europeo, su cui è possibile reperire una vastissima documentazione sulla storia del processo di integrazione europea, sui Trattati in vigore, sul futuro federale dell’Ue; qualora si sia interessati a sottoscrivere la petizione, è possibile farlo cliccando qui.


Non è semplice immaginare una prospettiva di lungo termine, nel corso di un’escalation militare che ricorda il secondo conflitto mondiale, tuttavia è stato ciò che hanno provato a fare i relatori; al tavolo si è avuta infatti anche la presenza, in rappresentanza della stampa, dell’autorevole direttore di “Avvenire”, Marco Tarquinio, nonché di Franco Uda, presidente nazionale di ARCI. Richiamare i loro interventi può aiutare a comprendere meglio il senso della mobilitazione della società civile a cui oggi sono chiamate numerose organizzazioni, nonché i mezzi di comunicazione. È poi seguita una interessantissima testimonianza dal campo, attraverso le parole di Diletta Alese, componente della segreteria della "Gioventù Federalista Europea", una giovane attivista che si è recata a Leopoli nell’ambito della Carovana “Stop the war now”, a cui hanno aderito 170 organizzazioni della società civile, con numeri che crescono di giorno in giorno.


L’impegno al quale si è stati chiamati dal 24 febbraio in poi è stato senza precedenti. Come ha affermato Uda, “Ci siamo fatti carico di una situazione di cui prima ci si era occupati poco; come ARCI abbiamo svolto un ruolo di  informazione e rappresentato la contrarietà di molti cittadini alla guerra”. È emerso inoltre, preoccupantemente, dalle parole del relatore, la percezione dello “scollamento tra società civile e politica: circa il 65% è contrario alle modalità di intervento del governo italiano e del ruolo dell'Ue nel conflitto”.

Che fare dunque? Secondo Uda la strada da percorrere è quella della “Convocazione di una conferenza paneuropea per un futuro comune e per il disarmo”. Molto altro si potrebbe aggiungere su questo e sugli altri discorsi, ma ciò che qui preme sottolineare è la comunanza d’intenti che si è potuta riscontrare tra i vari relatori. Ciò è emerso dalle parole di Marco Tarquinio, direttore di “Avvenire”, secondo cui gli interventi della conferenza stampa si ricollegano, in qualche modo, al messaggio per la pace lanciato da Papa Francesco.

La società civile inoltre, secondo Tarquinio, in questo frangente ha una grande responsabilità: “L'antidoto alla guerra sta in un movimento popolare che sappia contrastare le derive populistiche da un lato e dall'altro belliche”. Potrà emergere una grande forza per la pace; perché ciò avvenga è necessario “Darsi un alfabeto comune”. Diversamente, si va verso un riarmo che per gli stati europei è assai pericoloso: “Il riarmo nazionale”, afferma Tarquini, si tiene infatti “Sotto l'ombrello della NATO, che si apre ma si chiude anche rapidamente”. Rispetto a tale caratteristica della tutela fornita dalla NATO, c’è da chiedersi, secondo il direttore di "Avvenire": “Cosa succede con il riarmo nazionale degli stati europei e l'ombrello NATO che si chiude?”

Molto altro si potrebbe aggiungere – e qui probabilmente si è già ecceduto. Merita però attenzione la parte finale del dibattito, in cui si è dato spazio alla figura e al coraggio di Diletta Alese, volontaria che ha contribuito a fornire beni di prima necessità agli sfollati di Leopoli e a riportare in Italia 350 rifugiati; tra di loro, 47 persone sono state accolte a Roma, in albergo. Per loro è previsto attualmente, con il coordinamento di ARCI Solidarietà, il passaggio dalla prima alla seconda forma di accoglienza. Attualmente esistono uffici di “Stop the war now”, a Leopoli, per fare rete sul territorio, attraverso il lavoro di volontari che permangono per tempi lunghi e che rendono possibile l’arrivo delle carovane. A breve è previsto un nuovo viaggio di solidarietà, alla volta di Odessa.


Diletta Alese, oltre a raccontare con un particolare coinvolgimento le modalità in cui si è potuta svolgere questa importantissima azione di solidarietà, ha descritto la situazione attuale globale, quella di ”Anarchia internazionale in un contesto multipolare”. Ascoltata telefonicamente, ha spiegato la sua posizione. Si parte da una consapevolezza: “Le guerre continueranno finché non le si renderanno impossibili, perché il multilateralismo non ha oggi la forza di poter impedire che ciò avvenga”. Essere consapevoli di un tale presupposto è necessario a comprendere meglio cosa significhi trovarsi in una situazione di anarchia internazionale in un contesto multipolare: Va inteso nel senso di un approccio strutturale di relazioni di potere nel mondo, definito multipolare in quanto nessun attore è neutro e perché il vuoto viene sempre riempito, in politica, dai vari attori. Tra di essi c’è l’Unione europea, un attore che si sta definendo. Così come ha fatto l’Ue, bisogna riuscire a istituzionalizzare i conflitti, stando insieme all’insegna di una modalità nuova di convivenza. Le riforme future europee devono tener conto della necessità di responsabilizzare maggiormente il suo Parlamento; ad ottobre inoltre, c’è la possibilità che parta una nuova convenzione costituente. C’è quindi un margine di intervento per la ridefinizione del progetto europeo, un progetto politico nuovo per istituzionalizzare la solidarietà, la democrazia, e che proponga un modello alternativo a quello russo o cinese. Il momento è quello giusto per continuare a costruire consenso attorno a queste proposte; c’è bisogno di un atto di coraggio per il futuro, in una dinamica globale. In prospettiva, queste azioni diventano sempre più importanti: bisogna spendersi per contribuire al ruolo futuro dell’Unione europea; forse questa è l’occasione per una svolta”.

 

Massimiliano Nespola

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