Riportiamo alcuni spunti in ordine sparso di Daniel Mateo Montalcini. Il tema è come sempre quello del conflitto russo - ucraino, con un'analisi concentrata sulla storia politica di quello che fu l'impero russo, che oggi Vladimir Putin vorrebbe riportare in auge con la terribile campagna militare in corso.
Editing di Massimiliano Nespola
LA FINE DI UN IMPERO
Pochi giorni sono trascorsi dall‘ultimo saluto a Gorbachev, padre della Perestroika, nonché ultimo presidente di quello che fu l’Unione Sovietica, lentamente disfattasi dopo il crollo del Muro di Berlino il 9 Novembre 1989 e la fine ufficiale dell’URSS sancito da Eltsin, che divenne successivamente presidente della Russia. La Perestroika, ad ogni modo, annunciava quello che poi avvenne, perché il tempo corre ed i cambiamenti ne fanno seguito.
È stata l’agenzia di stampa Tass a rilasciare la notizia descrivendo che Gorbachev è venuto a mancare dopo una grave e lunga malattia, presso il Central Clinical Hospital dove era ricoverato. Gorbachev è stato sepolto nella tomba di famiglia, a fianco della moglie Raissa. Eletto presidente dal 1985 fino al 1991, quando fu deposto da Boris Eltsin stesso, ebbe il merito di porre fine alla Guerra Fredda tra Gli USA e l’URSS che coinvolgeva Cuba, da sempre politicamente affiliata al filone politico comunista sovietico, ma situata non distante dalle coste americane.
Le lunghe trattative tenutesi tra lui e l’allora attore, divenuto poi presidente USA Ronald Regan, con la rilevante intermediazione esercitata dal Pugno di Ferro Thatcher, Premier Britannico, e - fatto da non escludere - dall’influenza del Papa Polacco Woytila, Giovanni Paolo II, tramite la Perestroika e la Glasnost, permisero la fine di tali scontri, per cui Gorbachev ottenne nel 1990 il Premio Nobel per la pace.
La Perestroika intendeva per l’appunto dare una sterzata alla dittatura ed alle restrizioni sovietiche e con il Glasnost si intendeva inoltre introdurre il principio della trasparenza, con tutto ciò che esso implica, nel dibattito politico e nella società civile dell’Unione Sovietica. Nella pratica la Perestroika, ossia la ristrutturazione del Paese, portò l’Unione Sovietica ad implodere su se stessa.
Da un lato si assisteva alla democratizzazione dell’URSS internamente, ma d’altro canto le riforme economiche non seguivano tale percorso. L’elemento chiave che fece crollare ufficialmente l’impero sovietico fu il tentativo di Golpe nel ‘91 da parte della frangia comunista più conservatrice e refrattaria al cambiamento che inesorabilmente si stava verificando. Il tentato colpo di stato ad ogni modo fallì, benché Gorbachev fu sequestrato per tre giorni e tenuto in Crimea. Tutti questi fattori servirono per aprire le porte concretamente alla crisi politica scoppiata l’8 Dicembre 1991, quando Gorbachev dovette firmare con la Bielorussia e l’Ucraina la nascita della CSI, Comunità di Stati Indipendenti. Questo elemento sancì la fine dell’URSS.
Gorbachev, ormai sfiduciato da tutto il Governo, persino dall’ala a lui più vicina, fu costretto a dimettersi, lasciando spazio all’arrivo e alla salita alla presidenza di Yeltsin. Il passaggio di consegne avvenne, per ironia della sorte, proprio il giorno di Natale del 1991. Con questa breve digressione, vogliamo parlare della Russia lasciando intendere come il processo di modernizzazione auspicato si sia infranto contro il muro rappresentato da una tradizione storica, politica e sociale del Paese difficilmente scalfibile.
LA MUSICA COME STRUMENTO DI PACE
Ma ritorniamo ad oggi. Nel prosieguo dei dialoghi e delle manovre politiche per cercare di affievolire le tensioni geopolitiche in Ucraina, tra i vari artisti ed intellettuali si è appreso che tramite il noto social network Facebook, Roger Water, storico leader dei Pynk Floyd, è intervenuto dialogando con la moglie di Zelensky, criticando la fornitura delle armi dall’Occidente a favore dell’Ucraina.
A questo proposito, Zelensky ha prontamente risposto accusando la Russia di aver lanciato per prima l’aggressione contro l’Ucraina. Pertanto, il Paese si vede costretto a difendere i propri confini e territori ed i propri cittadini, per poter assicurare un futuro ai più giovani. Se gli ucraini non reagissero, a dire di Zelensky, il Paese non esisterebbe più. La Guerra potrà terminare quando la Russia rinuncerà a proseguire con gli attacchi e le invasioni e le strumentalizzazioni dialettiche. Il cantante da parte sua ha ribattuto che la pace è possibile raggiungerla dialogando ed accordandosi con il presidente di un altro Paese.
LA CADUTA DI PUTIN
Il ricatto di Putin sulle forniture del gas non è altro che una strategia politica per nascondere le difficoltà che lo zar russo deve affrontare. Il 7 settembre scorso, Putin ha dovuto ammettere suo malgrado che a Vladivostok non pochi settori produttivi, regioni e non da meno imprese della Federazione russa, devono far fronte a varie problematiche legate alle forniture ed esportazioni da e per l’Europa.
Mosca deve far fronte a problemi di vulnerabilità che starebbero provocando attualmente un nuovo stallo nella guerra, nella previsione sempre più certa della sconfitta delle truppe russe. Ciononostante bisogna prestare attenzione ed analizzare un possibile disfatta con profonda lucidità di analisi, in quanto il vantaggio tattico rimane ancora nelle mani russe ed il logoramento di fronte ad una lenta ed inevitabile sconfitta può purtroppo durare per tempi incalcolabili.
THE WIND OF CHANGE
Osserviamo come nel corso dei tempi recenti e passati tutto può cambiare in un istante. Dal principio dell’avanzata russa in territorio ucraino, sembrava come se le truppe di Putin avessero già ottenuto la vittoria soprattutto sui territori del Donbass, ove si presentano tutt’ora molti nostalgici della ex URSS. Tuttavia, la determinazione ucraina e del presidente Zelensky con il supporto internazionale occidentale, non ha consegnato la vittoria nelle mani sovietiche.
La controffensiva ucraina ha liberato la città di Kupiansk, situata nella parte orientale del Paese, occupata dai russi il 27 Febbraio, giusto tre giorni dopo l’inizio dell’invasione. Le truppe ucraine sono entrate perfino a Izyum, dopo aver costretto le truppe russe al ritiro dopo oltre 5 mesi. Il ritiro russo è un duro colpo per Putin in quanto Kupiansk si trova giusto sul percorso di rifornimento della linea del fronte del Donbass.
Le perdite accusate dai russi sono state gravi sul fronte dei civili, con morti, feriti e perdite militari sulle due città di Schevchenkovo e Balaklyia. Si tratta pertanto della prima ammissione di difficoltà concrete dei russi. Dal Cremlino giungono fonti che cercano di minimizzare la sconfitta, sostenendo che le truppe si starebbero riorganizzando nei pressi di Balanklya e Izyum, nella regione di Kharkiv, con lo scopo a quanto pare strumentale di aumentare gli sforzi di Donetsk per liberare definitivamente il Donbass.
Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola
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