venerdì 2 settembre 2022

La strategia russa votata al fallimento

Si può osservare come la Russia pare che stia facendo di tutto per isolarsi maggiormente. Il Kazakistan, che a gennaio aveva chiesto supporto a Putin per sedare proteste causate in particolare da ragioni economiche, si è visto da un giorno all'altro, senza nessun preavviso, voltare le spalle del leader russo, che ha ordinato di ritirare le truppe dal Paese.

L’arrivo delle truppe russe in Kazakistan, supportate da quelle bielorusse, aveva portato a un ampio spargimento di sangue, per poi vedere la crisi kazaka tornare alla normalità. Il loro ritiro ha lasciato sbigottiti i cittadini kazaki. Per ironia della sorte, esso anticipava la successiva invasione russa dell'Ucraina.

Tokaev, presidente kazako, ricorda con spavento l’arrivo delle truppe russe nel suo Paese, come si è anche verificato, due mesi dopo, altrove. A seguito di ciò, Tokaev si è recato a Baku - in Azerbaigian - dove ha incontrato il presidente Aliyev: i due si sono parlati appositamente in azero ed in kazako, pur sapendo perfettamente il russo, lingua solitamente usata, per dare un forte segnale di distacco da Mosca. 

I due presidenti hanno toccato varie tematiche, firmando trenta documenti per sancire accordi economici, soprattutto legati alla possibilità di vendere - da parte di Tokaev - parte del suo petrolio attraverso l’Azerbaijan all’Europa, a partire da settembre, aggirando le minacce russe che vedrebbero altrimenti chiudere la rotta che parte dai giacimenti petroliferi del Kazakistan, rotta che equivale all’incirca all’1% delle forniture mondiali.

 

Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola


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