sabato 18 aprile 2020

Verso il Consiglio del 23


Come si possono commentare le ultime 48 ore delle azioni dell’Unione europea? Il coronavirus continua a rappresentare la priorità a cui rispondere. Ieri e giovedì, in sessione plenaria, si è potuto assistere a momenti interessanti. Ricordo a tutti che è possibile seguire a distanza il dibattito che si tiene. A parte gli incontri del Consiglio, che avvengono a porte chiuse, molto è disponibile on line. In particolare, il Parlamento europeo dispone di un canale attivo, per seguire le dirette e poter agevolmente reperire tutti gli incontri che avvengono, nelle diverse sedi istituzionali. Si possono ritrovare tutti gli interventi, si possono scaricare e consultare con calma: basta attendere qualche minuto, in base alla velocità di connessione. Molti saranno informati di ciò, ma tanti altri no.

Volendo tornare al dibattito istituzionale: da un lato, si è potuto assistere ad una volontà di intenti che sembrerebbe orientata in una direzione comune. Le conclusioni del presidente del Parlamento europeo David Sassoli suonano molto positive: “È stato molto importante che il Parlamento si sia espresso con larga maggioranza in favore di un grande piano di ricostruzione economica dell’Europa e questo usando e cercando di stimolare e di favorire le risorse attraverso tutte le modalità disponibili, comprese quelle dei recovery bond, cioè della possibilità di finanziare sui mercati internazionali i fondi che verranno destinati alla ricostruzione”.

Per quanto riguarda l’Italia, si evidenzia altresì la mancanza di accordo tra due forze di governo sul MES, ma è un punto specifico, là dove si sarebbe potuto andare oltre gli steccati, ma tant’è. Il paragrafo relativo al MES è stato comunque approvato con 523 voti a favore, 145 contrari e 17 astenuti. La questione non è comunque quella principale e, come al solito, è diventata però l’oggetto di strumentalizzazioni. La stampa italiana si schiera, come sempre, forse un po’ troppo: “Il Tempo” scrive addirittura che “il governo non esiste più”. Ma non è così, perché la questione, per quanto importante, non è quella centrale e comunque non è la sola.

Attualmente, credo che sia più saggio assicurare stabilità al nostro Paese. La crisi del coronavirus non è ancora superata. Riaprire le attività? Sì, giusto, non si può paralizzare un Paese, ma la riapertura dovrà conciliarsi il più possibile con le tutele per i cittadini. Quelle tutele che sono mancate, che pongono interrogativi sulle responsabilità delle strutture sanitarie che hanno avuto in cura gli anziani, su che cosa si poteva fare da subito per contenere gli effetti del contagio.

Tornando all’Europa: il prossimo importante appuntamento del 23 aprile vedrà il Consiglio di nuovo incentrato sulla risposta all’emergenza. Ancora la strada da percorrere è lunga e l’invito al buon senso non guasta. Questo perché l’Unione europea deve poter decidere avendo a disposizione  una base più ampia, un bilancio adeguato ai tempi e, di fondamentale importanza, una maggiore legittimazione futura. 

Come si può notare, non dico genericamente che serve “più Europa”, ma entro nel merito su alcuni punti specifici, onde evitare che il noto filosofo Diego Fusaro intervenga a bacchettare. Tra parentesi, credo che si sbagli quando etichetta gli europeisti come “euroinomani”. L’Europa non è certo una droga! Corretto evidenziare le aree di miglioramento, perché l'Europa non deve essere un centro di potere delle lobby economiche. Piuttosto, è una necessità democratica e un progetto in fieri da rinforzare, dal basso; tutt’altro, quindi. 

Si può raggiungere questo obiettivo mettendo in atto il giusto equilibrio, perché quando le politiche riescono ad apportare dei benefici concreti, i cittadini poi rispondono con il voto. Gli errori commessi non sono inutili se se ne trae un insegnamento per domani: non è vero che la politica non serve, quanto piuttosto che bisogna rispondere allo scollamento tra elettori ed eletti, accorciare le distanze con buone politiche.

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