Vi presentiamo un nuovo intervento di Daniel Mateo Montalcini, relativo alle operazioni militari in corso sul versante ucraino. L’autore del pezzo ha
individuato alcuni fatti di cui può attestare la veridicità. Ecco perché si è
ritenuto meritevole di attenzione il suo articolo: Montalcini rimane dunque a
vostra disposizione per approfondire ulteriormente il quadro che si va configurando, ora dopo ora.
Massimiliano Nespola, come già in altri casi, si è occupato del labor limae dei contenuti e della loro leggibilità.
A presto
LA DISTANZA
TRA DUE PAESI VICINI
Questa è la storia di due Paesi vicini, almeno fino alla caduta del Muro di
Berlino, il 9 Novembre 1989, e alla disintegrazione dell’Impero Sovietico nel ’91,
a seguito della caduta di Gorbachev (Premio Nobel per la Pace e Padre della Perestroika,
orientamento politico comunista ma volto alla riforma e alla democratizzazione
dell’URSS, rispetto al duro regime autocratico terminato con la caduta dei
Romanov, a cui seguì nel ‘900 l’ascesa al potere di Lenin e Stalin).
La Germania e
la Russia hanno mantenuto i propri rapporti tra guerre, crisi, speranze e
disillusioni. La loro rispettiva posizione e i ruoli contesi in Europa li hanno
sempre resi protagonisti e rilevanti sui bilanci del futuro del vecchio Continente,
espandendo le articolazioni della NATO, sul versante occidentale, ma
soprattutto trasformandosi, loro malgrado, da nemici del passato in nemici del presente. Non vi è dubbio che vi
sia un contatto tra i due Paesi, da tempi non recenti. La caduta del Muro ha
creato un forte senso e speranza di avvicinamento, che tutt’ora si dimostra
essere solo pura fantasia che si tramuta in disillusione.
Dalla salita al potere di Putin, la Russia non è più sulla strada della
democrazia e di una politica sobria quale quella promossa dalla fine dei
Soviet. Sembrava aver superato il suo passato imperiale, particolarmente in
Ucraina e dintorni. Negli stessi anni, invece, sotto il lungo ed apparentemente
costruttivo governo Merkel, una donna dell’Est della Germania, questo
importante Paese europeo non sembra aver cercato una propria strada al di fuori
della UE. Neppure dalla NATO. Tanto meno la Germania cerca vie per trovare un
nuovo appeasement, nonostante le
pressioni applicate dal comitato per l’Est dell’economia tedesca, delle
industrie meccaniche e automobilistica.
LE IMPREVEDIBILITA’
NEL CONFLITTO
Ora stiamo
osservando passivamente quanto le flotte
russe si siano inoltrate nel Mediterraneo e nello Jonio. Questo gioco delle
carte ha lo scopo di mettere sotto
pressione le alleanze occidentali – e, in tale ambito, anche il
posizionamento italiano non è da sottovalutare – in risposta alle sanzioni
fortemente applicate contro l’economia russa.
Gli USA, per
preparare uno scudo aereo, proseguono nei rifornimenti
di bombardieri B-52. Le acque del Mediterraneo sono ora al centro di
manovre belliche complesse. Per quanto compete alle forze alleate occidentali,
si denota la presenza di tre portaerei,
la USS Truman (CVN-52) a
disposizione della NATO, avvistata nell’Adriatico meridionale. Assieme ad essa
è stata avvistata nella stessa area di manovre il CSG (Combat Strike Group). La
seconda, Charles de Gaulle (R91)
transita nei pressi dello Stretto di Messina in direzione del Mar Tirreno. Per
appoggio logistico e di rifornimento si vedono inoltre la Nave Berne ed il
Cacciatorpediniere Forbin (D620). Si teorizza a questo riguardo un possibile
ritorno dei due mezzi verso la base di Tolone (sulla costa meridionale francese, a Est di Marsiglia, ndr). La terza è avvistata di fronte a Taranto,
portaerei italiana a disposizione della NATO, Cavour (C550).
Sul frangente
del Mar Jonio si ha invece la presenza dell’incrociatore russo Varyag, riportato dal SAG (Surface Action
Group). Il SAG del secondo incrociatore russo Ustinov circola a sud di Creta.
Tale disposizione consente l’interdizione dell’accesso al Mar Egeo dal
Mediterraneo. A Est dell’isola, si presentano contemporaneamente flotte
rilevanti di velivoli antisommergibili della NATO, con tre navi russe presenti
nella medesima area. Le tre navi in
questione risultano essere il sottomarino di classe Kilo, una nave di
riparazione di classe Amur ed una corvetta di classe Burian. A Tartus (sulla costa occidentale siriana, ndr) invece sembrano esser
dislocate le rimanenti unità navali del Cremlino.
I bombardieri
USA B-52 sono giunti, all’avvio dell’invasione russa dell’Ucraina, il 24
Febbraio scorso, per monitorare e
prevenire ogni azione imprevedibile dei mezzi russi. I B-52 menzionati sono
in grado di gestire missioni a lungo raggio, in grado di ottenere rifornimento
dalle cisterne volanti e – fatto non meno importante – sono in grado di
trasportare quantità non trascurabili di missili cruise, letali per la loro forza d’attacco contro gli incrociatori
Varyag e Maresciallo Ustinov.
Partiti dalla
Gran Bretagna e diretti verso Cipro e Creta, i due B-52 sono finiti nei radar di una delle navi russe
più potenti, Ustinov. Ad esse hanno subito fatto seguito la fregata
Kasatanov e il caccia Kulikov. I due B-52 sono virati successivamente verso
l’Italia dirigendosi, in particolare, verso lo Jonio. L’area interessata è
rilevante data la posizione strategica, da dove i cacciabombardieri F-18 sono in
grado di raggiungere celermente il Mar Nero e pertanto gestire eventuali
conflitti.
IL SUICIDIO
RUSSO
A causa dell’
ostinazione di Putin a non tessere accordi con l’Occidente, la Russia seguita nel precludersi legami
commerciali. Esistono però divergenze in Europa riguardo ai blocchi imposti
alla Russia a livello commerciale e finanziario, con le chiusure degli scambi verso
Mosca: Orbàn, infatti, fresco di rielezione, si dice disposto a pagare il gas
in rubli; condizioni respinte da tutto l’Occidente. Al contempo gli
Ambasciatori dei 27 stanno discutendo su cinque
ulteriori sanzioni da applicare sulla Russia. È previsto tra l’altro lo
stop dell’import del carbone. Nonostante intoppi sulla strada di queste
decisioni, il via libera è stato raggiunto proprio a ridosso dell’imminente G7.
Rimangono
perplessità in merito all’estensione delle restrizioni, incluse quelle sul
petrolio e sul gas nell’UE. In ogni caso, a seguito delle restrizioni già
decise, la Russia pare essere sull’orlo
di un default del debito sovrano. A marzo si registra che le cedole in
scadenza dei bond russi sono state pagate in dollari, mentre la cedola prevista
del 4 Aprile sarà da pagare in rubli, per un controvalore pari a 649,2 milioni
di Dollari, a causa di una non meglio indicata banca russa rifiutatasi di
seguire le istruzioni. Tale dichiarazione proviene da JP Morgan, banca che ha gestito
cinque pagamenti di coupon sui bond russi dall’inizio del conflitto. Il rifiuto
da parte della Russia di pagare nella valuta accordata implicherà, al 99% dei
casi, un default della Russia, secondo le stime delle maggiori agenzie di
rating.
Dal Cremlino,
secondo quanto affermato dal portavoce
Peskov, si fa sapere che il presunto
default sarebbe artificiale in quanto la Russia pare possegga risorse
necessarie per autofinanziarsi. In effetti, a fronte di 490 mld di dollari di
esposizioni verso l’estero, la Banca centrale russa sembra poter disporre di riserve
per 640 mld di dollari. Ciò nonostante, la metà di tale patrimonio è in valuta
estera e, di questo, la maggior parte è depositata su conti esteri che ora sono
congelati a seguito del primo pacchetto di sanzioni applicate sulla Russia.
Peskov
dichiara, a fronte di tali dinamiche di
default, che si possano verificare situazioni
di insolvenza. Tuttavia a Mosca è concessa una tempistica di 30 giorni, per permettere entro tale
termine di far arrivare i fondi agli investitori nella valuta concordata. Il
default ad ogni modo, sia se artificiale che se concreto, implicherebbe che
alla Russia di Putin inizi, nel vero senso della parola, a mancare l’ossigeno. Il Leader russo sarebbe pertanto costretto ad
optare per dei tagli alla spesa pubblica; ciò rappresenterebbe un vero e
proprio tracollo per imprese e cittadini, riducendoli in condizioni dalle quali
sarebbe molto difficile venir fuori.
Daniel Mateo
Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola
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