Vi proponiamo una serie di notizie e spunti raccolti da Daniel Mateo Montalcini su alcuni aspetti rilevanti del conflitto in corso: l'avvicinamento attuale della Finlandia e della Svezia alla NATO; la situazione a Mariupol; l'esodo di cittadini russi dalla madrepatria, dal momento in cui è stata avviata la cosiddetta "operazione speciale" in Ucraina.
L'autore ha effettuato ricerche sui fatti ed è disponibile a fornire maggiori delucidazioni in merito. Massimiliano Nespola si è occupato della revisione formale del pezzo.
Buona lettura
LA NATO E LA RUSSIA
Si può osservare, a seguito delle minacce o presunte tali da dimostrare agli atti e non solo tramite stampa e media, che la Svezia, prendendo esempio dalla vicina Finlandia, ha manifestato la propria intenzione di proseguire concretamente a portare avanti nel più breve tempo la sua candidatura a Stato membro della NATO. Ann Lind, Ministro degli Esteri di Stoccolma, ha tuonato dichiarando che il Paese è legittimato a difendere i propri diritti sulla politica di difesa e che le sue scelte sono del tutto indipendenti dalla attuale strategia di invasione russa.
A sostegno della posizione svedese, è pervenuta anche la dichiarazione dell’Ambasciatore svedese a Roma, Jan Bjorklund. Il diplomatico addita Putin quale responsabile esclusivo della guerra in Ucraina e della sua escalation, da tutte le possibili angolazioni.
Tutti gli Stati membri della NATO, inclusi i due Paesi scandinavi applicanti, richiedono ora unanimemente che il conflitto cessi nel più breve tempo possibile e che la Russia si ritiri completamente dall’Ucraina. Implicito che se Putin desidera proseguire nelle operazioni, ampliando la diramazione dell’intervento ad altri Paesi, l’Alleanza Atlantica è pronta ad ostacolare ogni situazione che vedrebbe coinvolto qualsiasi Paese suo membro e a circoscrivere il conflitto. Bjorklund ha pertanto lasciato la parola ad Helsinki; la Finlandia ha così avviato in Parlamento il dibattito sul suo ingresso nella NATO, come già annunciato la settimana scorsa dal Premier Sanna Marin.
COSA ENTRA NELLE TASCHE E A CHI?
La città di Mariupol – o ciò che ne rimane – risulta effettivamente strategica, a conti fatti, per gli interessi di Putin, data la posizione strategica che occupa: in primis, garantisce la continuità territoriale e pertanto la tenuta tra la Crimea – già conquistata dalla Russia nel 2014, benché ancor oggi non dichiarata e riconosciuta dalle Nazioni Unite quanto non più territorio ucraino – e il Donbass. Al momento, qui le truppe russe starebbero prevalendo sul campo e si sarebbero liberate dall’assedio ucraino. La battaglia terminerebbe con il disarmo delle truppe ucraine, una volta che risultassero completamente accerchiate.
Le dinamiche attuali vedono comunque un incremento dei combattimenti tra le fazioni russe e quelle ucraine, con queste ultime asserragliate all’interno della spesso menzionata acciaieria Azovstal. Pare che risultino tutt’ora presenti in detto luogo di difesa ucraina membri del battaglione Azov, marines ucraini e – fatto non meno rilevante – dei civili. La resilienza di costoro rimane ammirabile e degna di rispetto malgrado possa apparire inevitabile la vittoria dei russi dopo l’ultimatum di Mosca e l’accerchiamento dell’esercito russo, fuori dall’acciaieria. Queste notizie restano comunque da vagliare a fondo, per valutare se siano effettivamente veritiere oppure se si diffondano guadagnare tempo e tenere alta l’attenzione nei dibattiti.
LA STORIA CHE SI RIPETE
La storia pare non aver insegnato niente o, a quanto pare, noi umani non intendiamo apprendere dai ricordi e dalle testimonianze di ciò che è avvenuto. 13 Mila persone appartenenti alla fede e cultura ebraica – di ogni provenienza intellettuale, giornalisti, artisti, intellettuali, giovani, professionisti e non da meno, lavoratori – sin dall’inizio dell’invasione in Ucraina, preparata da Putin, hanno immediatamente provveduto a lasciare la Russia per dirigersi direttamente in Israele. Qui trovano accoglienza e tutela da parenti, amici ed all’interno della comunità ebraica russa presente nel Paese. Sono stati registrati più russi che ucraini che sono stati lungimiranti nell’andarsene dalla Russia a tempo debito, giusto agli inizi della preparazione dell’”operazione speciale” di “spiritualizzazione” e “denazificazione” proclamata dal Cremlino.
Secondo quanto riporta l’Istituto Indipendente russo Levada, una porzione equivalente al 15-20% della popolazione russa disapprova la guerra. Tra questi molti sono religione ebraica, per cui possono usufruire della Legge di Ritorno che permette a qualsiasi ebreo di immigrare ottenendo la cittadinanza israeliana, fino a che ha un parente quale il nonno residente in Israele. Si stimano essere almeno in 600 mila in Russia e 200 mila in Ucraina coloro che detengono tale diritto; gli ucraini ad averlo ottenuto sono circa 8.500. Del flusso dei russi scappati, 10 risultano averlo fatto col visto turistico, mentre i rimanenti come nuovi immigranti. Sin dai tempi del crollo dell’Unione Sovietica, oltre un milione di russi si sono trasferiti nel Paese di Re David, con un incremento non trascurabile dopo l’invasione della Crimea da parte di Mosca nel 2014.
Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola
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