mercoledì 29 giugno 2022

Unione europea: si riapre il cantiere dei Trattati?

Non è la prima occasione per riflettere sulle riforme necessarie a rendere più efficiente l’Unione europea. Come ricorderete, il 19 maggio scorso è stata pubblicata su questo blog un’analisi – con, in aggiunta, un’intervista al presidente del Movimento Europeo in Italia, Pier Virgilio Dastoli –  sulla configurazione  attuale delle istituzioni europee:

CLICCA QUI PER RILEGGERE "La strada impervia verso la Costituzione (formale) europea"

Gli elementi di criticità posti all’attenzione erano molti:

- la paralisi istituzionale in seno al Consiglio europeo, chiamato a decidere all’unanimità e attraverso i limiti del metodo intergovernativo

- la scarsa incisività riscontrata dai lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa, indetta dal presidente francese Emmanuel Macron nel 2019, partita con ritardo a seguito degli effetti nefasti della pandemia e recentemente conclusasi 

- la superficialità che spesso si riscontra nei media di mainstream quando trattano temi istituzionali europei

- la mancata realizzazione di un assetto federale per l’Unione europea, a cui si unisce la mancata costituzione formale europea.

Anche se non trattato nell’articolo sopracitato, vi è un altro importante tema all’ordine del giorno: quello della dinamica allargamento/approfondimento delle relazioni interne all’Unione quale fonte di numerosi interrogativi. Ciò vale sia per gli ingressi passati di nuovi Stati membri, sia per quelli futuri: oltre ad includere i nuovi Stati ritenuti idonei, è necessario guardare ad una reale, profonda e permanente condivisione di valori, oltre che di obiettivi di crescita economica; tra questi, sarà necessario monitorare il rispetto dello Stato di diritto, già emerso quale problema in alcuni Stati come Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca.

In relazione al prosieguo del cammino verso la riforma dei Trattati esistenti e per continuare a concentrare l’attenzione sulle prospettive future del processo di integrazione, il Movimento Europeo in Italia ha tenuto, il 27 giugno scorso, l’undicesima riunione della Piattaforma italiana per la Conferenza sul futuro dell’Europa. 

Tale momento di riflessione si è tenuto all’indomani delle conclusioni del Consiglio europeo del 23 e 24 giugno, molto importante considerata l’attualità del conflitto in Ucraina. Un tale scenario, infatti, obbliga l’Unione europea a prendere posizione, sia sulla necessità di sostenere nell’immediato il paese invaso, sia rispetto alla prospettiva di un ingresso futuro di questo Stato tra i membri dell’Ue, con tutte le incognite che ciò comporta.

Alla presenza di relatori importanti, provenienti dal mondo politico, universitario, dell’associazionismo, della società civile, si è discusso a lungo e ragionato sui vari settori delle politiche europee. Si è dato infatti spazio a interventi, tra gli altri, di Emma Bonino, Pier Virgilio Dastoli, Franco Ippolito – presidente della Fondazione Basso, Monica Frassoni, già europarlamentare con i Verdi, attuale presidente di Alliance to Save Energy.

Molti altri punti di vista sono stati esposti e sul canale YouTube del Movimento Europeo sarà a breve possibile riascoltare l’intero dibattito.

Quello che qui preme sottolineare è la presenza di alcuni elementi comuni a determinati interventi: molto di quanto si è detto ruota attorno alla certezza che, a distanza di  quindici anni dai lavori istituzionali che hanno portato alle riforme introdotte dal Trattato di Lisbona, entrato poi in vigore dal 2009, si avverte la necessità di rivedere profondamente i meccanismi istituzionali europei. Sono stati infatti anni di crisi quelli che hanno caratterizzato l’ultimo quindicennio: la crisi finanziaria internazionale del 2007, le numerose emergenze migratorie, dal 2015 in poi, i cui oneri sono stati spesso a carico dell’Unione europea - migrazioni causate da crisi esterne che però condizionano la vita, le prospettive e la sicurezza all'interno degli Stati membri - la pandemia del 2020, a cui è seguita, dal 24 febbraio scorso, la preoccupante avanzata russa in territorio europeo.

Le competenze dell’Unione europea andranno modificate, rispetto ad oggi, per poter superare i limiti dell’unanimità che non garantisce l’efficienza dei meccanismi decisionali. Il voto all'unanimità, anzi, appare oggi non come un elemento di maggiore democraticità, quanto come un’opportunità di impedire l’approvazione di decisioni condivise da una maggioranza consistente di Stati membri a causa dell’opposizione di alcuni, a volte con dei veri e propri ricatti.

Emerge inoltre un’Europa “a cerchi concentrici” o delle diverse velocità: è la realtà delle relazioni esistenti all’interno dell’Unione europea che porta a questa configurazione; non è necessariamente una limitazione, ma la presa d'atto che ci sono diversità anche nel processo di integrazione o, più che diversità, diversi livelli di avanzamento in tale processo, di cui bisogna tener conto per poter proseguire sulla strada della Costituzione europea.

 

Massimiliano Nespola

martedì 21 giugno 2022

Media, volontariato e società civile per la pace

La conferenza stampa sul ruolo dell'Unione europea in Ucraina


In un clima di angoscia mista a speranza, si è tenuta ieri, alle 11, la conferenza stampa “Per una proposta di pace dell’Unione europea”, a Roma, presso la Sala delle bandiere dell’Ufficio italiano del Parlamento europeo. Tale iniziativa si è svolta per formulare proposte di lungo termine, alla presenza di ospiti importanti, rispetto alla fase di gravissima tensione dettata dalla prosecuzione della guerra in Ucraina.

Mentre sui media l’attenzione al tema – che peraltro sembra in via di diminuzione – è concentrata prevalentemente sulle operazioni militari, i relatori intervenuti in occasione dell’incontro si sono focalizzati soprattutto sulla ridefinizione dell’agenda, una volta cessato il conflitto, in vista di nuovi modelli di convivenza.

Il tutto a partire da un interrogativo: che assetto avrà l’Ucraina di domani? Qualunque esso sia, la pre-condizione affinché possa essere delineata una strategia è, come ha affermato Susanna Florio, responsabile delle politiche europee dell’Anpi, il ristabilimento della pace. Nel suo intervento, la relatrice ha inoltre affermato: "Vogliamo prendere sul serio le parole del presidente Draghi, che di fronte alle macerie ha detto "noi ricostruiremo tutto. Sarà l’Ue a farlo".

Ci sarebbe molto altro da aggiungere in merito all’intervento della relatrice, che si è soffermata sulla possibilità di una pace – quale unico obiettivo possibile da perseguire con tutte le forze – garantita da un trattato internazionale che coinvolga tutte le parti coinvolte.


Per poter rivedere la conferenza stampa per intero, si rimanda qui al sito di Radio Radicalesu questo link. L’obiettivo di questo articolo è infatti quello di sintetizzare e al tempo stesso offrire una prospettiva al lettore, unendo frammenti degli spunti emersi dalle affermazioni dei vari relatori.


Ecco quindi che appare interessante collegare l’intervento di Susanna Florio a quello del  presidente nazionale di ANPI, Gianfranco Pagliarulo, che ha posto l’attenzione sul fatto che si pone il problema del come avviare la ricostruzione dell’Ucraina. La situazione economica attuale pone infatti una serie di allarmi sociali: “L'Europa e l'Italia in particolare hanno urgente bisogno di spostare l'attenzione dal tema della guerra a quello del negoziato. Se non si riparte dal negoziato, c'è il rischio che a ottobre scoppi una bomba sociale”. Bisogna considerare che “In Italia 5,6 milioni di persone si trovano in povertà assoluta; l’80% delle assunzioni del 2021 è stata a tempo determinato, quindi senza futuro”. Ciò non significa che si debba rinunciare a svolgere un ruolo ambizioso; tutt’altro. Secondo Pagliarulo, “l’Ue deve diventare un grande attore internazionale indipendente […] Occorre un cambio di passo dell'Ue, non occorre un ultimatum, ma proposte”.

Mai come oggi, si avverte la necessità che l’Unione europea affermi i valori di cui si fa portavoce da sempre. È necessario uno slancio nuovo, maggiori ambizioni, maggiore coerenza. In relazione a ciò, il presidente del Movimento Europeo in Italia, Pier Virgilio Dastoli, ha rimarcato che per rispondere al conflitto ucraino, “Gli Stati membri si sono mossi in ordine sparso, perché l'Ue non dispone di una vera e propria politica estera”. A ciò si aggiunge, come ha affermato Dastoli, il problema della potenziale paralisi in seno al Consiglio, causata dal potere di veto in capo a ciascuno Stato membro. La formula per intervenire efficacemente in Ucraina è quella di ”Una politica estera e di sicurezza comune unica, nelle mani di un governo federale”. Il presidente Dastoli si è inoltre soffermato sulla petizione del Movimento Europeo, all’indomani del 24 febbraio, finalizzata a porre all’attenzione dell’opinione pubblica la necessità dell’intervento dei caschi blu in Ucraina. Rispetto alla crisi bellica in atto, il presidente Dastoli ha illustrato la soluzione proposta, in rappresentanza del Movimento Europeo,  per l’Ucraina: quella di uno stato neutrale e federale, che riprenda nel suo assetto quello raggiunto in Trentino Alto Adige, con gli accordi De Gasperi – Gruber.

In relazione a ciò, oltre a rivedere il video integrale dell’evento, si consiglia di seguire il sito del Movimento Europeo, su cui è possibile reperire una vastissima documentazione sulla storia del processo di integrazione europea, sui Trattati in vigore, sul futuro federale dell’Ue; qualora si sia interessati a sottoscrivere la petizione, è possibile farlo cliccando qui.


Non è semplice immaginare una prospettiva di lungo termine, nel corso di un’escalation militare che ricorda il secondo conflitto mondiale, tuttavia è stato ciò che hanno provato a fare i relatori; al tavolo si è avuta infatti anche la presenza, in rappresentanza della stampa, dell’autorevole direttore di “Avvenire”, Marco Tarquinio, nonché di Franco Uda, presidente nazionale di ARCI. Richiamare i loro interventi può aiutare a comprendere meglio il senso della mobilitazione della società civile a cui oggi sono chiamate numerose organizzazioni, nonché i mezzi di comunicazione. È poi seguita una interessantissima testimonianza dal campo, attraverso le parole di Diletta Alese, componente della segreteria della "Gioventù Federalista Europea", una giovane attivista che si è recata a Leopoli nell’ambito della Carovana “Stop the war now”, a cui hanno aderito 170 organizzazioni della società civile, con numeri che crescono di giorno in giorno.


L’impegno al quale si è stati chiamati dal 24 febbraio in poi è stato senza precedenti. Come ha affermato Uda, “Ci siamo fatti carico di una situazione di cui prima ci si era occupati poco; come ARCI abbiamo svolto un ruolo di  informazione e rappresentato la contrarietà di molti cittadini alla guerra”. È emerso inoltre, preoccupantemente, dalle parole del relatore, la percezione dello “scollamento tra società civile e politica: circa il 65% è contrario alle modalità di intervento del governo italiano e del ruolo dell'Ue nel conflitto”.

Che fare dunque? Secondo Uda la strada da percorrere è quella della “Convocazione di una conferenza paneuropea per un futuro comune e per il disarmo”. Molto altro si potrebbe aggiungere su questo e sugli altri discorsi, ma ciò che qui preme sottolineare è la comunanza d’intenti che si è potuta riscontrare tra i vari relatori. Ciò è emerso dalle parole di Marco Tarquinio, direttore di “Avvenire”, secondo cui gli interventi della conferenza stampa si ricollegano, in qualche modo, al messaggio per la pace lanciato da Papa Francesco.

La società civile inoltre, secondo Tarquinio, in questo frangente ha una grande responsabilità: “L'antidoto alla guerra sta in un movimento popolare che sappia contrastare le derive populistiche da un lato e dall'altro belliche”. Potrà emergere una grande forza per la pace; perché ciò avvenga è necessario “Darsi un alfabeto comune”. Diversamente, si va verso un riarmo che per gli stati europei è assai pericoloso: “Il riarmo nazionale”, afferma Tarquini, si tiene infatti “Sotto l'ombrello della NATO, che si apre ma si chiude anche rapidamente”. Rispetto a tale caratteristica della tutela fornita dalla NATO, c’è da chiedersi, secondo il direttore di "Avvenire": “Cosa succede con il riarmo nazionale degli stati europei e l'ombrello NATO che si chiude?”

Molto altro si potrebbe aggiungere – e qui probabilmente si è già ecceduto. Merita però attenzione la parte finale del dibattito, in cui si è dato spazio alla figura e al coraggio di Diletta Alese, volontaria che ha contribuito a fornire beni di prima necessità agli sfollati di Leopoli e a riportare in Italia 350 rifugiati; tra di loro, 47 persone sono state accolte a Roma, in albergo. Per loro è previsto attualmente, con il coordinamento di ARCI Solidarietà, il passaggio dalla prima alla seconda forma di accoglienza. Attualmente esistono uffici di “Stop the war now”, a Leopoli, per fare rete sul territorio, attraverso il lavoro di volontari che permangono per tempi lunghi e che rendono possibile l’arrivo delle carovane. A breve è previsto un nuovo viaggio di solidarietà, alla volta di Odessa.


Diletta Alese, oltre a raccontare con un particolare coinvolgimento le modalità in cui si è potuta svolgere questa importantissima azione di solidarietà, ha descritto la situazione attuale globale, quella di ”Anarchia internazionale in un contesto multipolare”. Ascoltata telefonicamente, ha spiegato la sua posizione. Si parte da una consapevolezza: “Le guerre continueranno finché non le si renderanno impossibili, perché il multilateralismo non ha oggi la forza di poter impedire che ciò avvenga”. Essere consapevoli di un tale presupposto è necessario a comprendere meglio cosa significhi trovarsi in una situazione di anarchia internazionale in un contesto multipolare: Va inteso nel senso di un approccio strutturale di relazioni di potere nel mondo, definito multipolare in quanto nessun attore è neutro e perché il vuoto viene sempre riempito, in politica, dai vari attori. Tra di essi c’è l’Unione europea, un attore che si sta definendo. Così come ha fatto l’Ue, bisogna riuscire a istituzionalizzare i conflitti, stando insieme all’insegna di una modalità nuova di convivenza. Le riforme future europee devono tener conto della necessità di responsabilizzare maggiormente il suo Parlamento; ad ottobre inoltre, c’è la possibilità che parta una nuova convenzione costituente. C’è quindi un margine di intervento per la ridefinizione del progetto europeo, un progetto politico nuovo per istituzionalizzare la solidarietà, la democrazia, e che proponga un modello alternativo a quello russo o cinese. Il momento è quello giusto per continuare a costruire consenso attorno a queste proposte; c’è bisogno di un atto di coraggio per il futuro, in una dinamica globale. In prospettiva, queste azioni diventano sempre più importanti: bisogna spendersi per contribuire al ruolo futuro dell’Unione europea; forse questa è l’occasione per una svolta”.

 

Massimiliano Nespola

mercoledì 8 giugno 2022

Allocuzione di Ruslan Stefanchuk, Presidente della Verkhovna Rada

Si riporta il link dell'intervento di oggi, presso il Parlamento europeo, in occasione della sessione plenaria di giugno, del leader politico Ruslan Stefanchuk, presidente del Parlamento ucraino:

CLICCA QUI

Stefanchuk denuncia i crimini russi in corso, durante il conflitto scoppiato a seguito delle operazioni militari di invasione dell'Ucraina, le menzogne, la necessità di individuare i responsabili e di chiedere loro conto degli enormi danni arrecati non solo alla popolazione attaccata, ma alla pace e alle possibilità di crescita solidale in Europa e nel mondo.

lunedì 6 giugno 2022

Interessi comuni o propri?

Di Daniel Mateo Montalcini

In merito agli interessi di ogni Paese partecipante e più o meno coinvolto nella questione della libertà dell’Ucraina, è tornato a far sentire la sua voce Erdogan. Non era mai rimasto silente, ad ogni modo, benché i media abbiano voluto dare risalto ad altre circostanze, con il perdurare del conflitto ucraino.


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sabato 4 giugno 2022

Le analisi di Dimon

Di Daniel Mateo Montalcini

L’ A.D. di JP Morgan, Jamie Dimon, ha posto all'attenzione dell'opinione pubblica i suoi teoremi - ironicamente parlando, meteorologici - dopo le sue dichiarazioni tutt’altro che positive sull’andamento del mercato del credito, se visto in connessione all'andamento del prezzo del petrolio. Ai rincari potrà seguire l’inflazione, con il declassamento delle Banche internazionali presenti in Russia, ma soggette alle burocrazie locali. Dimon vede uno schiarimento all’orizzonte: alla tempesta, può seguire il temporale.


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venerdì 3 giugno 2022

Le schermaglie

Di Daniel Mateo Montalcini


A fronte delle sanzioni imposte finora sulla Russia, di cui bisognerà monitorare l’efficacia a medio- lungo termine, Putin ha ritenuto di intervenire anche nel settore del credito, piuttosto che sul teatro degli scontri, infliggendo forti restrizioni da parte della Banca Centrale russa sui due Istituti di Credito Italiani più esposti data la loro presenza sul campo: Intesa ed UniCredit.


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