I valori comuni del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze, richiamati all’art. 2 del TUE, oltre a costituire un elemento essenziale del processo di integrazione europea, rappresentano altresì un fattore aggregante dal punto di vista giuridico. Ogni Stato membro dell’Ue ha cioè l'obbligo, ai sensi dell’art. 2 TUE, di promuovere e condividere tali valori.
Nella configurazione attuale del TUE, si avverte una carenza: se vengono rilevate inadempienze da parte di uno Stato membro relativamente all’art. 2, gli interventi sanzionatori più severi che la Commissione o uno Stato membro possono avviare (artt. 258, 259 TFUE) sono la procedura di infrazione e la sospensione di alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in questione dall'applicazione dei trattati, compresi i diritti di voto (art. 7 TUE), ma non è stato previsto, per esempio, l’avvio di una procedura di espulsione dello Stato inadempiente. Paradossalmente, invece, proprio a partire dalle riforme introdotte con il Trattato di Lisbona del 2009 (art. 50 TUE), qualsiasi Stato membro può decidere di recedere unilateralmente dall’Unione, come si è riscontrato nel 2016 con la Brexit.
Nell’architettura giuridica dei Trattati in vigore, un paradosso simile costituisce una debolezza tale da rappresentare una minaccia per il processo di integrazione europea, perché può portare uno Stato candidato ad assumere un atteggiamento meramente funzionale ed opportunistico rispetto all’ingresso nell’Ue: l’obiettivo di diventare Stato membro potrebbe essere semplicemente quello di ottenere vantaggi economici, senza maturare un profondo senso di appartenenza ai valori previsti dall’art. 2 TUE. Non sono mancati i tentativi di intervenire su tali debolezze.
Il 25 ottobre 2023, per esempio, venne adottato dalla Commissione Affari Costituzionali (AFCO) del Parlamento europeo il rapporto contenente una serie di proposte di riforma del Trattato di Lisbona. Venne approvato con risoluzione del Parlamento europeo il 22 novembre 2023, con 291 voti favorevoli, 274 contrari e 44 astensioni, tuttavia, non si superò lo scoglio successivo in seno al Consiglio; si ritenne infatti che i capi di Stato e di governo avrebbero dovuto convocare una convenzione, sul modello di quella istituita dal Consiglio europeo di Laeken del dicembre 2001 e che portò alla stesura del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, poi rigettato con il voto referendario franco - olandese. Tuttavia, i governi hanno espresso la propria contrarietà a tale opzione.
Massimiliano Nespola - giornalista pubblicista
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