sabato 25 aprile 2020

25 aprile europeo: l'analisi


Buon 25 aprile ai lettori di ieri e di oggi. È un giorno importante per l’Italia e l’Europa. La Resistenza, la lotta contro il fascismo è nota a tutti. Ma oggi desidero fare qualche riflessione che è frutto di questo periodo di reclusione forzata a causa del COVID19; come spesso accade, è in questi momenti che emerge nell’individuo la capacità di delineare percorsi differenti e disegnare, anche solo con la mente, strade nuove. Personalmente, vi dico che ho messo insieme i pezzi, attraverso alcune letture di cui vi vorrei parlare. Mi riferisco ad alcuni miei recenti studi sia di Diritto costituzionale che di Storia.

Nel ritornare a studiare la Costituzione italiana, ho trovato di grande utilità le lezioni del prof. Vittorio Italia, docente ordinario all’Università di Milano e Pavia, preside, avvocato, che ha pubblicato su youtube una serie di video, assieme alla casa editrice, gratuiti. Il prof. Italia – classe 1934 – lucidissimo, si sofferma su alcuni nodi critici che riguardano la storia del nostro Paese. Afferma che lo Statuto albertino, Costituzione “flessibile” e ottriata – concessa cioè dal monarca  e non elaborata da un’assemblea costituente, facilmente modificabile – fosse sotto molti aspetti un testo lacunoso. Ritiene che lo Statuto abbia lasciato indefiniti alcuni punti, non riconoscendo per esempio in maniera chiara la libertà di stampa e indirizzando al futuro invece che al presente la legittimazione della sua natura libera (art. 28: “La Stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi.”). Venne emanato in un’epoca storica in cui il diritto di voto includeva solo l’1,9% della popolazione, con un criterio selettivo basato sul censo. Le trasformazioni sociali successive, pur allargando la base elettorale, sarebbero avvenute nel nostro Paese entro il contesto giuridico delineato da quella legge fondamentale che, secondo il prof. Italia, nel lasciare alcune aree di vuoto legislativo, rappresentò il terreno fertile per l’avanzata del regime fascista.

Qui mi ricollego ad altre letture. Sto leggendo “M. Il figlio del secolo”, di Antonio Scurati, Premio Strega 2019. È un libro eccezionale, perché aiuta a conoscere la situazione sociale, economica e anche il contesto culturale italiano entro il quale fu possibile l’avanzata del fascismo.  I fascisti all’inizio erano reduci, militari insomma, che avevano combattuto lungo il confine austriaco e, dopo la sofferta vittoria, pagata a carissimo prezzo, volevano che se ne riconoscessero i meriti. Ma dopo Caporetto, il prezzo della guerra pagato dall’Italia tutta era stato altissimo. E, alla fine, quando un anno dopo l’Italia uscì vittoriosa e l’Impero asburgico si dissolse, quei reduci tornavano in Italia ma non venivano considerati eroi. Quella guerra, l’ “inutile strage”, si era pagata con la fame, la miseria, la disperazione. Una parte del popolo quei reduci non li poteva vedere. Inoltre, il 1917 era l’anno in cui in Russia avveniva la rivoluzione d’ottobre: caduta dello zar, il potere in mano ai soviet. Biennio rosso: le forze socialiste avanzavano anche in Italia, riscontrando consenso e ottenendo alle elezioni ottimi risultati. (Ricordiamo che Benito Mussolini,interventista, era stato espulso dal Partito socialista, contrario all’intervento in guerra). Si pensò quindi che la “primavera” russa sarebbe arrivata anche in Europa. A tal fine, nell’aprile 1920 Nicola Bombacci, socialista, incontra assieme ad Angiolo Cabrini il commissario sovietico per gli affari esteri, Maksim Maksimovič Litvinov. Le sue parole sono inequivoche:  la rivoluzione “è stata già fatta, in Russia, e adesso il solo problema urgente della Russia rivoluzionaria è quello di riprendere i suoi rapporti commerciali e politici con gli Stati capitalistici. Nient’altro”. L’evoluzione politica di Bombacci è nota: divenuto comunista tra il 1921 e il 1927, si ritrovò gradualmente sempre più isolato dal partito, per poi cessare nel 1930 la collaborazione con l’ambasciata russa. Gradualmente, poi, avvenne il suo avvicinamento al fascismo, fino all’epilogo di Piazzale Loreto.

Che cosa c’entra con l’Europa il racconto di questi fatti? Bisogna fare qualche collegamento. Sappiamo che l’Europa di oggi è un continente che ha voluto la pace e che si è impegnato per difenderla. Di fronte alla crisi di oggi, la Storia insegna e, al tempo stesso, ammonisce. Se il fascismo non può tornare, i rischi della deriva avvengono ogni volta che si insinuano incertezze nel diritto, vuoti legislativi, ogni volta che non ci si sente rappresentati. È bene che in Europa si ragioni su questi aspetti. Questa occasione per l’Europa, anche se generata da un dramma collettivo che si sta vivendo, con una pandemia dalla quale ancora non si vede la via d’uscita, non va sprecata. L’Unione europea ha ancora un grande, enorme lavoro da svolgere. Aggiungo anche, a questa analisi, alcuni spunti derivanti dalla lettura di un altro testo: “Come ho tentato di diventare saggio”, scritto da Altiero Spinelli, uno dei padri fondatori dell’Unione europea. Spinelli, in un punto della sua narrazione, sostiene che, quando ideò il progetto europeo, non pensava alla possibile evoluzione delle politiche del dopoguerra in un gioco di influenze dettate dal ruolo dominante degli Stati Uniti. Riflettendoci, la guerra fredda iniziata dal 1945 e terminata con la caduta del Muro di Berlino rappresenta uno scontro tra visioni in cui l’Europa non ha avuto un ruolo guida, quanto si è trovata al centro della contrapposizione tra il modello capitalistico e quello socialista / comunista (anche se le due parole non sono sinonimiche). Insomma, l’Europa è solo in parte determinata, non è costituita, vede una frammentazione e il distacco dei suoi cittadini, anche se non sempre. Il 25 aprile è l’occasione per riflettere su tutto questo. 

Unisco alle letture un riferimento ai miei contatti. Ultimamente, sto riscoprendo l’importanza di non scrivere e indirizzare il ragionamento dal chiuso della “torre d’avorio”, ma di calarmi nel concreto delle vite quotidiane, condividendo, approfondendo, ascoltando gli altri. L’attività giornalistica che svolgo con il Movimento Europeo, di analisi e monitoraggio della dimensione europea, mi conforta e mi consente di andare in profondità. Unisco a questa attività le molte connesse e vi lascio con questa immagine, che riprendo da “Europa in movimento”: rappresenta un’immagine della Resistenza quale evento non solo italiano, ma europeo. In Italia si combattè contro il fascismo e in Europa contro il nazismo. I volti di questa infografica, oggi, ci ricordano quanto la Storia sia maestra: furono in molti a cadere per la libertà.




A Nord, a Sud, oggi si ricorda la Liberazione dei diritti e delle libertà. L’Europa – quella stessa Europa subalterna alle grandi logiche di spartizione del mondo - è però riuscita a creare dopo quelle guerre, una dimensione di prosperità e pace che ha un valore da riscoprire e rilanciare, per un rinnovato impegno, guardando al futuro. È l’Europa del welfare, della moneta unica, della solidarietà. L’Europa ha anche questo volto. Guardando al futuro, continuo a credere che l’Unione europea abbia tutte le potenzialità – da tradurre in atto – per garantire ai suoi cittadini di poter vivere in una dimensione di libertà. Bene sarebbe riuscire a essere da esempio anche per altre aree del Pianeta.


Massimiliano Nespola

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