venerdì 8 aprile 2022

Conflitto russo-ucraino: il quadro aggiornato

 

Vi presentiamo un nuovo intervento di Daniel Mateo Montalcini, relativo alle operazioni militari in corso sul versante ucraino. L’autore del pezzo ha individuato alcuni fatti di cui può attestare la veridicità. Ecco perché si è ritenuto meritevole di attenzione il suo articolo: Montalcini rimane dunque a vostra disposizione per approfondire ulteriormente il quadro che si va configurando, ora dopo ora.

Massimiliano Nespola, come già in altri casi, si è occupato del labor limae dei contenuti e della loro leggibilità.

A presto

 

 

LA DISTANZA TRA DUE PAESI VICINI

Questa è la storia di due Paesi vicini, almeno fino alla caduta del Muro di Berlino, il 9 Novembre 1989, e alla disintegrazione dell’Impero Sovietico nel ’91, a seguito della caduta di Gorbachev (Premio Nobel per la Pace e Padre della Perestroika, orientamento politico comunista ma volto alla riforma e alla democratizzazione dell’URSS, rispetto al duro regime autocratico terminato con la caduta dei Romanov, a cui seguì nel ‘900 l’ascesa al potere di Lenin e Stalin).

La Germania e la Russia hanno mantenuto i propri rapporti tra guerre, crisi, speranze e disillusioni. La loro rispettiva posizione e i ruoli contesi in Europa li hanno sempre resi protagonisti e rilevanti sui bilanci del futuro del vecchio Continente, espandendo le articolazioni della NATO, sul versante occidentale, ma soprattutto trasformandosi, loro malgrado, da nemici del passato in nemici del presente. Non vi è dubbio che vi sia un contatto tra i due Paesi, da tempi non recenti. La caduta del Muro ha creato un forte senso e speranza di avvicinamento, che tutt’ora si dimostra essere solo pura fantasia che si tramuta in disillusione.

Dalla salita al potere di Putin, la Russia non è più sulla strada della democrazia e di una politica sobria quale quella promossa dalla fine dei Soviet. Sembrava aver superato il suo passato imperiale, particolarmente in Ucraina e dintorni. Negli stessi anni, invece, sotto il lungo ed apparentemente costruttivo governo Merkel, una donna dell’Est della Germania, questo importante Paese europeo non sembra aver cercato una propria strada al di fuori della UE. Neppure dalla NATO. Tanto meno la Germania cerca vie per trovare un nuovo appeasement, nonostante le pressioni applicate dal comitato per l’Est dell’economia tedesca, delle industrie meccaniche e automobilistica.

 

LE IMPREVEDIBILITA’ NEL CONFLITTO

Ora stiamo osservando passivamente quanto le flotte russe si siano inoltrate nel Mediterraneo e nello Jonio. Questo gioco delle carte ha lo scopo di mettere sotto pressione le alleanze occidentali – e, in tale ambito, anche il posizionamento italiano non è da sottovalutare – in risposta alle sanzioni fortemente applicate contro l’economia russa.

Gli USA, per preparare uno scudo aereo, proseguono nei rifornimenti di bombardieri B-52. Le acque del Mediterraneo sono ora al centro di manovre belliche complesse. Per quanto compete alle forze alleate occidentali, si denota la presenza di tre portaerei, la USS Truman (CVN-52) a disposizione della NATO, avvistata nell’Adriatico meridionale. Assieme ad essa è stata avvistata nella stessa area di manovre il CSG (Combat Strike Group). La seconda, Charles de Gaulle (R91) transita nei pressi dello Stretto di Messina in direzione del Mar Tirreno. Per appoggio logistico e di rifornimento si vedono inoltre la Nave Berne ed il Cacciatorpediniere Forbin (D620). Si teorizza a questo riguardo un possibile ritorno dei due mezzi verso la base di Tolone (sulla costa meridionale francese, a Est di Marsiglia, ndr). La terza è avvistata di fronte a Taranto, portaerei italiana a disposizione della NATO, Cavour (C550).

Sul frangente del Mar Jonio si ha invece la presenza dell’incrociatore russo Varyag, riportato dal SAG (Surface Action Group). Il SAG del secondo incrociatore russo Ustinov circola a sud di Creta. Tale disposizione consente l’interdizione dell’accesso al Mar Egeo dal Mediterraneo. A Est dell’isola, si presentano contemporaneamente flotte rilevanti di velivoli antisommergibili della NATO, con tre navi russe presenti nella medesima area. Le tre navi in questione risultano essere il sottomarino di classe Kilo, una nave di riparazione di classe Amur ed una corvetta di classe Burian. A Tartus (sulla costa occidentale siriana, ndr) invece sembrano esser dislocate le rimanenti unità navali del Cremlino.

I bombardieri USA B-52 sono giunti, all’avvio dell’invasione russa dell’Ucraina, il 24 Febbraio scorso, per monitorare e prevenire ogni azione imprevedibile dei mezzi russi. I B-52 menzionati sono in grado di gestire missioni a lungo raggio, in grado di ottenere rifornimento dalle cisterne volanti e – fatto non meno importante – sono in grado di trasportare quantità non trascurabili di missili cruise, letali per la loro forza d’attacco contro gli incrociatori Varyag e Maresciallo Ustinov.

Partiti dalla Gran Bretagna e diretti verso Cipro e Creta, i due B-52 sono finiti nei radar di una delle navi russe più potenti, Ustinov. Ad esse hanno subito fatto seguito la fregata Kasatanov e il caccia Kulikov. I due B-52 sono virati successivamente verso l’Italia dirigendosi, in particolare, verso lo Jonio. L’area interessata è rilevante data la posizione strategica, da dove i cacciabombardieri F-18 sono in grado di raggiungere celermente il Mar Nero e pertanto gestire eventuali conflitti.

 

IL SUICIDIO RUSSO

A causa dell’ ostinazione di Putin a non tessere accordi con l’Occidente, la Russia seguita nel precludersi legami commerciali. Esistono però divergenze in Europa riguardo ai blocchi imposti alla Russia a livello commerciale e finanziario, con le chiusure degli scambi verso Mosca: Orbàn, infatti, fresco di rielezione, si dice disposto a pagare il gas in rubli; condizioni respinte da tutto l’Occidente. Al contempo gli Ambasciatori dei 27 stanno discutendo su cinque ulteriori sanzioni da applicare sulla Russia. È previsto tra l’altro lo stop dell’import del carbone. Nonostante intoppi sulla strada di queste decisioni, il via libera è stato raggiunto proprio a ridosso dell’imminente G7.

Rimangono perplessità in merito all’estensione delle restrizioni, incluse quelle sul petrolio e sul gas nell’UE. In ogni caso, a seguito delle restrizioni già decise, la Russia pare essere sull’orlo di un default del debito sovrano. A marzo si registra che le cedole in scadenza dei bond russi sono state pagate in dollari, mentre la cedola prevista del 4 Aprile sarà da pagare in rubli, per un controvalore pari a 649,2 milioni di Dollari, a causa di una non meglio indicata banca russa rifiutatasi di seguire le istruzioni. Tale dichiarazione proviene da JP Morgan, banca che ha gestito cinque pagamenti di coupon sui bond russi dall’inizio del conflitto. Il rifiuto da parte della Russia di pagare nella valuta accordata implicherà, al 99% dei casi, un default della Russia, secondo le stime delle maggiori agenzie di rating.

Dal Cremlino, secondo quanto affermato dal portavoce Peskov, si fa sapere che il presunto default sarebbe artificiale in quanto la Russia pare possegga risorse necessarie per autofinanziarsi. In effetti, a fronte di 490 mld di dollari di esposizioni verso l’estero, la Banca centrale russa sembra poter disporre di riserve per 640 mld di dollari. Ciò nonostante, la metà di tale patrimonio è in valuta estera e, di questo, la maggior parte è depositata su conti esteri che ora sono congelati a seguito del primo pacchetto di sanzioni applicate sulla Russia.

Peskov dichiara, a fronte di  tali dinamiche di default, che si possano verificare situazioni di insolvenza. Tuttavia a Mosca è concessa una tempistica di 30 giorni, per permettere entro tale termine di far arrivare i fondi agli investitori nella valuta concordata. Il default ad ogni modo, sia se artificiale che se concreto, implicherebbe che alla Russia di Putin inizi, nel vero senso della parola, a mancare l’ossigeno. Il Leader russo sarebbe pertanto costretto ad optare per dei tagli alla spesa pubblica; ciò rappresenterebbe un vero e proprio tracollo per imprese e cittadini, riducendoli in condizioni dalle quali sarebbe molto difficile venir fuori.


Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola

giovedì 7 aprile 2022

Le strade per la pace

Daniel Mateo Montalcini continua a scrivere appassionatamente e senza esitazioni, sulla guerra in Ucraina. Ecco perché dargli spazio. Siamo convinti che le sue riflessioni possano contribuire alla comprensione. Vi proponiamo qui un testo che parte dalle affermazioni del Santo Padre per poi proseguire con un'analisi delle decisioni di alcuni importanti attori intra ed extra conflitto.

La revisione è stata effettuata da Massimiliano Nespola.

Buona lettura.



GRANDI PAROLE PER PICCOLI GESTI

Oggi assistiamo inermi alla debolezza franca delle Nazioni Unite di fronte alla tragedia che si sussegue quotidianamente nel territorio ucraino conteso. Il Santo Padre, fatto ritorno a Roma dal viaggio apostolico a Malta, è stato molto chiaro sulle denunce relative allo stato di crisi ucraino. Ha condannato i gravi crimini contro l’umanità, per la morte di così tante persone e ha posto l’attenzione sul fatto che la loro fuga è resa possibile grazie al supporto umanitario in Europa ed al di fuori di essa, come sta avvenendo in Israele, che accoglie i bambini, in particolar modo, e le donne.

Il Papa si è soffermato sulle dinamiche della crisi, che lui sostiene che vadano al di là degli aspetti geopolitici, stigmatizzando la logica dominante di Paesi forti militarmente che vogliono affermare il loro dominio politico-economico, con l’uso della forza, su altri Paesi liberi ma forse meno attrezzati, forse solo di dimensioni più piccole e quindi svantaggiati nei numeri.

A proposito di Malta: è un Paese forse piccolo, ma strategico, considerata la sua posizione geografica che le consente di detenere un ruolo determinante tra l’Europa ed i Paesi Arabi. È un Paese ricco di storia e di civiltà. Oggi bisognerebbe perseguire una strategia di tolleranza, di libertà, di dialogo tra differenze, sicuramente opposta al desiderio di supremazia; in questo il ruolo di Malta può essere fondamentale.

 

LA TERRA CONTINUA A TREMARE

Sul fronte degli incontri e colloqui internazionali per trovare una via d’uscita alla guerra, si ritiene che possa contribuire in maniera molto netta l’intervento di Israele come interlocutore di primo piano, considerati i suoi legami storici e culturali con la Russia e l’Ucraina. Tuttavia, si assiste, a livello governativo interno, a una perdita di fiducia nel Governo reggente di Bennet. Dopo tre anni di leadership, Bennet, da 61 seggi ne ha visto sfuggire uno, per mano della collega di Partito, Idit Silman, Leader della Coalizione.

Annunciate le dimissioni, Silman ha subito auspicato la formazione di un nuovo esecutivo conservatore di destra. Silman intende difendere la religiosità del Paese e le tradizioni ebraiche, soprattutto in vista dell’imminente Pesach (Pasqua), ricorrenza ebraica più solenne per importanza e valore simbolico. Netanyahu, un tempo alleato di Bennet, ora, sentendosi tradito, non ha esitato a mostrare supporto e a fare i complimenti alla Silman. Ora Bennet tesse legami con 8 coalizioni partitiche che compongono la maggioranza ed è concentrato altresì a recuperare i seggi persi, che gli permetterebbero di mantenere il controllo del Paese.

Questa dinamica potrebbe avere forti impatti a livello diplomatico, soprattutto in questo frangente d’instabilità geopolitica tra Ucraina e Russia, ove Israele è direttamente coinvolto. Non a caso Israele si era subito messo a disposizione per mediare tra le parti e fornire supporto logistico con l’approvvigionamento di materiale medico, di logistica e di supporto, con ponti aerei, portando in salvo bambini. Ma le incognite politiche suesposte rischiano ad ogni modo di marginalizzare il ruolo di Tel Aviv, in virtù del rinnovato scenario generato dal subentro di un nuovo Governo.

 

IL RUOLO DELL’EUROPA

L’Europa, sul fronte del conflitto ucraino, sta applicando forti sanzioni per bloccare ogni attività commerciale e scambi con la Russia. Zelensky però si dimostra critico nei confronti di tale scelta, in quanto le sanzioni, benché forti, non appaiono sufficientemente vincolanti da costringere Putin a compiere un retrofront. Ritengo che l’Europa abbia sbagliato strategia, assieme agli USA, preferendo il dialogo anziché un intervento massiccio – ipotizzato dalla Gran Bretagna – che avrebbe fermato alla base ogni presupposto russo di minacciare il vecchio Continente con l’uso dell’atomica.

Putin al momento è in grado di giocare la sua partita di morte approfittando delle desolate strategie dei Paesi occidentali, che gli consentono di fare il suo gioco, in quanto apparentemente le sanzioni si dimostrano efficaci, tuttavia non abbastanza da aiutare Zelensky per come si aspetterebbe. È questa una ulteriore conferma della giustezza della posizione britannica: bisogna affrontare il nemico a muso duro, impedendogli di protrarre a lungo il conflitto.

 

UNA GUERRA (ANCHE) DI PROPAGANDA

Putin utilizza ora costantemente la propaganda per allungare i tempi delle trattative, punta a ideare nuovi messaggi da lanciare sui media per creare maggiori incertezze e tenere l’Ucraina nella morsa. Questa strategia vuole dare ai russi l’illusione di avere mano libera nei rapporti diplomatici. Zelensky ritiene che le sanzioni inflitte alla Russia siano insufficienti a confronto con le distruzioni e i bombardamenti, oltre, a maggior ragione, alle stragi compiute sui civili e all’esodo di questi ultimi, alla ricerca di pace e stabilità. Le immagini dei disegni dei bambini salvati sono una forte testimonianza dello shock psicologico che loro stanno attraversando, avendo visto ed assistito in prima persona agli attacchi bellici.

Sull'onda di questo conflitto ormai duraturo in Ucraina, si è potuto osservare fino a che punto i personaggi principali ricorrono alla propaganda. Da un lato, osserviamo Zelensky che lotta per difendere il suo Paese, in virtù di una chiara idea su come comportarsi in tale circostanza, mentre dall'altro sembra che Putin continui a oscillare, fornendo quotidianamente versioni diverse sugli abomini che in realtà compie il suo esercito.

 

LA MANIPOLAZIONE DEI CERVELLI

Nella tragicità della crisi ucraina, che vede tutta la popolazione coinvolta e costretta a fuggire verso i Paesi vicini quali la Polonia, Ungheria, per molti di loro – bambini rimasti orfani o con le loro madri che hanno contatti e parentele in Europa e, tra questi, i molti che arrivano in Italia – si riportano notizie angosciose: a seguito dell’ondata di attacchi russi e della conseguente risposta dell’Ucraina, si registrano non pochi feriti tra i militari.

Colpisce lo stato d’animo di questi soldati. Fatta eccezione per un militare di età maggiore, il quale, rispetto ai molti giovani feriti, mostra dispiacere e si sente a disagio per essere stato mandato da Mosca a invadere un altro Paese senza neanche aver coscienza del motivo, i più giovani non mostrano nessun rimorso né pentimento, provano piuttosto ostilità verso i camici bianchi.

Per ironia della sorte, i feriti di Mosca vengono tenuti nella cosiddetta “Stanza dei russi”. Lì vengono curati e successivamente affidati al Ministero della Difesa e ai Servizi Segreti di Kiev. La risposta dei soldati giovani che hanno sparato verso donne inermi, spesso con figli rimasti uccisi, è stata sconvolgente, in quanto non provano nessun pentimento: ritenendoli nazisti da eliminare, senza nessuno sconto, un morto in più o uno in meno non fa nessuna differenza.

Il Regime di Mosca ha elencato ogni ucraino come il male da eliminare senza sconti. Un giovane soldato di 22 anni per giunta, a cui il chirurgo ha salvato una gamba che avrebbe altrimenti dovuto amputare, ha rilasciato dichiarazioni insensate, deliranti come se fosse sotto effetto di droghe. Dalle sue analisi del sangue non si è riscontrata la benché minima assunzione di prodotti nocivi, tuttavia, in preda al delirio, ha affermato che la colpa del conflitto sarebbe degli americani da eliminare, in quanto rei di attaccare ed eliminare i russi, quando in realtà l’esercito statunitense non è affatto entrato in campo. Nella follia delle dichiarazioni del giovane soldato russo si riscontra il lavaggio del cervello a cui dev’essere stato sottoposto, quando ha chiesto ai dottori ucraini, tra l’altro, perché lo hanno salvato.

 

Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola

mercoledì 6 aprile 2022

Quale strategia per il conflitto ucraino?

Ed ecco un nuovo spunto di Daniel Mateo Montalcini sul tema della guerra russo - ucraina. Sono riflessioni che l'autore riporta secondo un punto di vista e una sensibilità attenta al ruolo di Israele in questo conflitto.

Il pezzo è stato letto e rivisto da Massimiliano Nespola.

Si ricorda che è possibile esprimere proprie opinioni, commentando il pezzo; sia l'autore che Massimiliano vi invitano a farlo.

Buona lettura


VISIONI DIFFERENTI SUL “CHE FARE”

Dall’inizio del conflitto proclamato da Putin con l’invasione del territorio ucraino (seguita a quella della Crimea), la Gran Bretagna si è schierata a favore di una rapida risposta alla Russia; ciò al fine di stroncare subito tale azione. Invece, gli Stati Uniti e l’UE hanno preferito seguire altre strade, più orientate al dialogo e semmai alle sanzioni economiche, per sviluppare le trattative ed evitare una escalation bellica. Ma a tali tentativi sono seguiti comunque la distruzione e danneggiamenti di interi quartieri e città, costringendo i cittadini, bambini e donne a trovare rifugio nei paesi confinanti ed in tutta Europa.

I britannici, spesso criticati soprattutto dal momento in cui hanno deciso di uscire dall’Unione europea, si dimostrano più concreti; la loro determinazione, spesso, gli dà ragione. Ora si fa ampio uso dei media per documentare, per quanto possibile, gli orrori di questa guerra, ma forse si sarebbe potuto prendere maggiormente in considerazione la via indicata dalla Gran Bretagna: colpire subito la Russia.

Anche Israele è pienamente coinvolto sul campo, offrendo supporto logistico e di approvvigionamento e creando ponti di soccorso agli ucraini, ospitandoli in Israele. Si è tenuto in conto il forte legame storico e culturale del popolo ebraico con l’Ucraina, ove, nel periodo precedente alla Shoah, il 5% della popolazione ucraina era di fede ebraica: la più grande comunità europea di ebrei.

 

ARMI E TECNOLOGIE PER VINCERE LA GUERRA

A seguito di un sempre maggiore inasprimento dello scontro tra Russia ed Ucraina, Israele, che partecipa alle mediazioni per trovare accordi, si sta rifiutando di vendere armi e tecnologie a Kiev, col fine di non indispettire Mosca. Israele, secondo quanto riportato dal Washington Post e dal Guardian, ha impedito a Kiev di acquistare lo spyware Pegasus del gruppo NSO, per timore di una reazione russa. Detto software spia è uno strumento di alta tecnologia, che permette di hackerare qualsiasi cellulare e intercettare conversazioni telefoniche, leggere messaggi di testo o visualizzare fotografie.

In questo scenario di conflitto tra Russia ed Ucraina, in cui entrambi puntano a conseguire vantaggi strategici, Pegasus potrebbe rivelarsi fondamentale per controllare le comunicazioni nemiche. Da indagini giornalistiche risulta che il gruppo NSO, regolamentato dal Ministero della Difesa israeliano, non sia mai stato autorizzato a commerciare o vendere lo spyware Pegasus all’Ucraina. Sin dall’inizio dell’invasione del 24 febbraio 2022, questo atteggiamento di parziale sostegno ha fortemente indispettito Zelensky, che ha contestato apertamente tale mossa, in quanto vista come un  modo attraverso il quale Israele può avvantaggiare – sebbene indirettamente – la Russia.

 

Daniel Mateo Montalcini (a cura di Massimiliano Nespola, giornalista)

martedì 5 aprile 2022

La Shoah passò anche per l’Ucraina

Sempre su impulso di Daniel Mateo Montalcini, vi proponiamo una sua riflessione riletta e rivista da Massimiliano Nespola. Il punto di vista di Montalcini e Nespola guarda oltre il conflitto, lasciando intravedere come la sconfitta di Putin sarà inevitabile.

Buona lettura 



IL FALLIMENTO RUSSO ALL’ORIZZONTE

La presunta messa in scena di atti criminali sul territorio ucraino, la donna incinta additata dai russi quale attrice e – fatto ancora più grave – la strage di Bucha decritta quale fake news; ecco cosa si può arrivare ad affermare per mascherare la vera debolezza dell’armata russa, cioè l’uso indiscriminato, spietato, della forza, per non ammettere una sconfitta evidente sin dall’inizio del conflitto. Putin, in realtà incapace di instaurare una supremazia sul popolo ucraino, non può ammettere in nessun modo la disfatta che in realtà si profila all’orizzonte.

La Russia non è infatti in grado di sostenere una guerra a livello mondiale, perché le mancano mezzi economici e sostegno sufficiente per sostenerla; persegue una strategia basata anche sulle intimidazioni, con il goffo risultato di acuire il logoramento dei rapporti con il mondo.

La vittoria alle elezioni presidenziali di Zelensky, in quanto attore, testimonia che gli artisti possono anche conseguire una forte credibilità in campo politico; c’è un altro caso simile, uno dei suoi predecessori – si potrebbe dire: Ronald Reagan.

Dietro la scelta di portare un attore – che fino al giorno prima faceva ridere il suo pubblico – in politica c’è la volontà di smitizzare attraverso la sua figura il ruolo presidenziale inteso in maniera troppo rigida. Dal lato opposto, un leader come Putin vorrebbe mostrare al mondo il suo volto di nuovo Tzar, seguendo lo schema di un nuovo totalitarismo, di una strategia politica che si credeva propria ormai di tempi passati.

L’ironia usata abilmente da Zelensky quale attore gli ha consentito di riscuotere successo, perché la gente ormai si rivede in lui, anche seguendo l’idea di una leadership più sobria, riflessa nei suoi programmi apparentemente demenziali.

 

PUTIN SARA’ PROCESSATO

Nel corso dei secoli si è assistito – e tutt’ora accade – all’ascesa al potere di un dittatore. Uno dei principali problemi che pongono queste ingombranti figure è quello di comprendere cosa avverrà dopo la loro caduta. Chi potrà prenderne il posto? Come è avvenuto con Napoleone, i prussiani volevano fucilarlo mentre i britannici lo spedirono sull’Isola di Sant’Elena nel mezzo dell’Atlantico. 

Ogni dittatura svela le proprie falle interne in base ai nuovi protagonisti che emergono dai conflitti. C’è un punto di rottura nelle dittature, infatti, che si basa proprio sulla centralizzazione di tutte le attività di comunicazione. La mancanza di comunicazione interna porta prima o poi il sistema politico corrotto, dittatoriale, ad implodere.

Già in tempi più recenti, Ceaucescu in Romania, dittatore feroce, risultato scomodo in patria, è passato per le armi il giorno di Natale del 1989, per ordine di un sedicente tribunale del popolo che lo giudicò reo di genocidio. È avvenuto un mese dopo la caduta del Muro di Berlino, che ha portato a riscrivere tutte le carte geografiche, con l’approssimarsi della fine dell’URSS guidata da Gorbaciov, nel ’91, e l’arrivo al potere in Russia, allora CSI (Comunità di Stati Indipendenti) di Boris Eltsin.

Gheddafi fu ucciso direttamente sul posto. Saddam Hussein fu impiccato di nascosto a Baghdad, una volta terminato un processo guidato dagli americani. Sul campo ucraino invece, dove si stanno avviando le indagini della Corte Penale Internazionale, si è più inclini a paragonare la situazione con quella dell’ex-Jugoslavia, in cui si ebbe l’intervento del Tribunale Speciale dell’ONU. La Serbia sostiene Putin e ha rieletto Vucic per timore di un vuoto nella leadership. Zelensky da parte sua ha intenzione di parlare alle Nazioni Unite dei crimini contro l’umanità commessi da Putin, mettendo in risalto il massacro di Bucha. 

Pertanto l’Occidente assieme a Zelensky sono intenzionati a portare sul banco degli imputati Putin, benché questo piano possa apparire oggi irrealistico, per giudicarlo e sentenziarlo.

 

LA STORIA ACCOMUNA GLI EBREI ALL’UCRAINA

Odessa è un porto chiave in Ucraina, preso di mira da Putin per inglobarlo nell’area del Donbass, tenerlo sotto controllo russo per gestire tutti gli affari della zona; non tutti sanno che è anche un centro rilevante dell’ebraismo ucraino. La presenza ebraica, la sua cultura e i suoi legami con Israele sono sempre stati molto sentiti dagli ucraini. Kiev, per esempio, ha dato i natali a Golda Meir, Leon Pinsker morì a Odessa, Sholem Aleikem, padre dell’ebraismo Yiddish, fu uno scrittore statunitense di origine ebraico-ucraina.

Nella città di Uman, centro del pellegrinaggio ebraico del Rosh- Ha- Shana, si trova la tomba del rabbino Nachman di Breslov. Negli anni precedenti alla Shoah, vivevano in Ucraina circa 2,7 milioni di ebrei, una percentuale pari al 5% della sua popolazione, la più grande comunità ebraica d’Europa. Si stima che nel 1939 da 1 a 1,6 milioni di ebrei furono deportati e trucidati da parte della Wehrmacht, la polizia locale affiancata dai nazisti. Un episodio più che drammatico si registrò tra il 29-30 Settembre 1941, quando a Babjn Yar, nei pressi di Kiev, 33.771 Mila ebrei trovarono la morte gettati in un burrone e sepolti da parte dei nazisti e da forze ausiliarie ucraine.

 

Daniel Mateo Montalcini (a cura di Massimiliano Nespola, giornalista)

lunedì 4 aprile 2022

Evoluzioni del conflitto ucraino

Come già verificatosi, questo blog dà spazio alle riflessioni di lettori e simpatizzanti che vogliano esprimere il proprio pensiero. Ecco quindi un intervento sullo stato attuale del conflitto ucraino e del posizionamento dei principali attori internazionali, in vista di un possibile accordo di pace, a firma del blogger Daniel Mateo Montalcini. La revisione dell'articolo è stata effettuata da Massimiliano Nespola, giornalista pubblicista.


La verità tra le barricate


LO STATO ATTUALE DEL CONFLITTO

Siamo a 39 giorni dall’inizio della guerra che vede coinvolta l’Ucraina, suo malgrado, per mano della Russia di Putin, con l’appoggio della Bielorussia e della Cecenia. Non si può escludere ad oggi il coinvolgimento in questo scontro della Cina, da sempre affiancata al Cremlino, per fini economici, per contrastare l’Occidente e gli USA, in particolar modo.

Quotidianamente, nel corso di questo conflitto si sta assistendo a degli sviluppi che nuoceranno non solo al Paese più direttamente coinvolto, l’Ucraina, a seguito del blocco economico dei rifornimenti di macchinari e strumenti. Per esempio, nel settore automobilistico, la Porsche sta subendo ritardi e perdite per il mancato rifornimento di assemblaggi.

Zelensky sta tentando di resistere agli attacchi da parte delle forze russe, le quali sarebbero giunte fino ad Odessa, principale porto del Mar Nero, per raggiungere il controllo di tutta l’area dopo aver conquistato il Donbass e la Crimea nel 2014.

Proprio nei paraggi della principale città portuale ucraina, si sono susseguiti diversi bombardamenti da parte della Russia, con l’obiettivo di prendere sotto controllo l’intera fascia meridionale ucraina. Dopo Mykolaiv, colpita venerdì, si sono riscontrati altri tre attacchi cruenti sulla raffineria nei pressi di Odessa, dopo aver colpito la grande raffineria di Kremerenchuk. Tragica la scoperta di fosse comuni a Bucha, che giustificano le condanne da parte dell’Occidente per crimini contro l’umanità: 300 i corpi rinvenuti in questa città.

 

LE POSIZIONI IN CAMPO

La reazione di condanna a questi abomini è giunta da più parti. Il Santo Padre Francesco ha duramente criticato ogni attacco balistico, in particolar modo la strage appena compiuta contro civili a Bucha, sostenendo che è giusto proteggere le rotte marittime dirette verso le nostre coste, dopo il naufragio di 99 persone dalla Libia. La Lituania, per opporsi agli attacchi russi, ha subito posto un blocco all’import del gas russo, cui hanno fatto rapidamente seguito i Paesi vicini, Lettonia ed Estonia.

Quale può essere la strada da percorrere per un nuovo equilibrio, che porti alla pacificazione? Sicuramente, l’intermediazione di un soggetto importante quale la Cina, una delle principali potenze economiche mondiali, può acquisire una rilevanza sostanziale. Tale dinamica andrebbe a favore degli accordi tra Occidente e Russia. Da includere sul tavolo dei negoziati anche Israele, che può svolgere un ruolo fondamentale, dati i legami storici, culturali, politici con l’Occidente, per spingere la Cina a relazioni meno allineate con la Russia. Israele risulta l’interlocutore più affidabile per una mediazione tra le parti, in vista di un possibile accordo.

È bene quindi che la Cina, oggi più vicina alla Russia, converta la sua posizione in una più orientata nella direzione di maggiori scambi ed interazioni con Occidente. Alla Cina interessa di sicuro non compromettere i propri rapporti con l’UE e gli USA. Ecco perché non le conviene schierarsi apertamente a favore della Russia. Il suo posizionamento è differente da quello che si può riscontrare in Ungheria, con la rielezione di Viktor Orbán, ed in Serbia. Nel primo caso, l’attuale leader è deprecabile per la sua visione ultraconservatrice e le simpatie per le azioni militari di Mosca. Lo stesso vale per la Serbia, notoriamente filo russa con a capo Aleksandar Vučić. Ma i timori dei 27 Paesi Membri dell’UE e non solo si avrebbero anche nel caso di leader differenti alla guida di questi Paesi.

Il timore cinese è invece rappresentato dal fatto che chiunque arrivi al potere, al posto dei leader attuali, possa rivelarsi un interlocutore ancor peggiore. Al tempo stesso, la Cina non può essere soggetta alle medesime sanzioni applicate dall’Occidente alla Russia.

 

LA STORIA SI RIPETE

La gravità di ciò che sta accadendo in Ucraina, i bombardamenti di intere città e quartieri periferici di altre quali Kiev, Mariupol, Odessa, Leopoli dimostrano che dalla storia non si è appreso niente. Certamente la crisi in oggetto e la fuga dalle città di tutta la popolazione residente in quel Paese non può essere paragonata all’atrocità dello scopo nazifascista di eliminare l’intera popolazione di credo ebraico sommariamente e tutti gli oppositori politici ed ogni altro soggetto differente dallo status ariano.

Ma le atrocità verificatesi a Bucha, in particolar modo, devono essere documentate analiticamente, senza far prevalere l’emotività ed il sensazionalismo. Le immagini relative ai crimini di guerra devono essere riportate in maniera autentica, affinché si possa conoscere e condannare ogni atto rivolto contro l’umanità; tutto ciò dando il giusto peso alle parole. Così facendo, i governi potranno trovare unità, con l’obiettivo di applicare le giuste sanzioni ai Paesi rei di questi atti criminali.

 

Daniel Mateo Montalcini - a cura di Massimiliano Nespola, giornalista

lunedì 14 marzo 2022

Due Ucraine, è questa la soluzione del conflitto?


Si riporta un intervento video di riflessione sul futuro del conflitto tra Russia e Ucraina in atto, secondo cui un'evoluzione positiva che passa attraverso tre momenti:

  • circoscrivere il conflitto;
  • accordarsi sul cessate il fuoco;
  • individuare una soluzione diplomatica riconosciuta dalla comunità internazionale, cioè la creazione di due entità statali autonome, dell'Ucraina dell'Est e dell'Ovest.

Essere digitali: il ruolo della scuola

Leggi l'articolo dell'autore pubblicato su "La Ragione" Recenti classifiche sull’alfabetizzazione digitale vedono l’Italia...

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