sabato 21 maggio 2022

La situazione attuale del conflitto e la Storia

Pubblichiamo un intervento di Daniel Mateo Montalcini focalizzato, come di consueto, sul monitoraggio della situazione di conflitto russo-ucraino. Al monitoraggio di questi ultimi giorni, si accompagnano alcune pillole di Storia.

Editing di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


LE FAKE NEWS SONO UN BOOMERANG

Il 16 maggio scorso, la TV di Stato russa ha diffuso verità schiaccianti, che rivoluzionano la visione e le considerazioni sulla conduzione della guerra russo-ucraina, molto spettacolarizzata, finora, con l’obiettivo di non far comprendere la situazione reale. L’ex ufficiale russo Khodarjonok ha infatti rivelato messaggi inequivoci in merito alla motivazione e determinazione dell’esercito ucraino contro un sempre più debole e danneggiato economicamente esercito russo. Gli ucraini paiono talmente influenti da mobilitare un milione di uomini, il che non può far altro che peggiorare lo scenario a sfavore dei russi.       

Le dichiarazioni del Colonnello portano a non poter più nascondere la verità sugli eventi, finora abilmente nascosti dalla propaganda russa. Gli insuccessi russi durante 80 giorni di conflitto sono troppi evidenti da nascondere. Il Guardian ha riportato il 17 maggio la notizia secondo cui la madre di un soldato russo presente sulla nave affondata Moskva continuava a chiedere informazioni sul figlio senza ricevere risposte; dal che traspare la falsità delle dichiarazioni secondo cui invece tutto andrebbe bene.                               

Le opzioni rimaste al Cremlino sono ormai limitate. Una consiste nella possibile uscita dal campo convenzionale per avviare una soluzione diplomatica, la sola percorribile per raggiungere nuovi equilibri. Tuttavia, il 17 maggio Zelensky ha dichiarato rivolgendosi a Macron che le trattative sarebbero ad un punto morto. Putin, da parte sua, non ha ancora ufficialmente alzato bandiera bianca, ma non può fare altro che agire per uscire da una situazione senza via di scampo nella quale si è cacciato da solo.

 

SENZA VINCITORI NÉ VINTI

Con il continuo rovesciamento delle strategie di guerra, nell’area ucraina del Donbass si è pronti ad assistere ad un inasprimento del conflitto; gli americani sembrano ora intenzionati a rafforzare le sanzioni, sostenendo i militari ucraini, anche se da ciò conseguirà il prolungamento della guerra. Biden da parte sua sembra sempre più convinto a portare Putin, quale criminale di guerra internazionale, di fronte alla Corte di Giustizia Internazionale dell’Aja.

Lo scenario cambia in funzione della possibile, ma non ancora certa, sconfitta della Federazione russa. Comunque andasse a finire, portare Putin all’Aja appare molto improbabile, data la dimensione e la cultura imperiale russa, differente da quella serba dell’ex leader Milosevic, che si riuscì a portare sul banco degli imputati, anche se la sua morte avvenne prima del termine del processo a suo carico. Alla fine del secondo conflitto mondiale, le Nazioni Unite non hanno riconosciuto l’ex URSS quale potenza imperiale ed a seguito della fine della guerra fredda ciò è stato motivo di profondo e crescente risentimento per gli ex sovietici.

Al risentimento fece seguito la preoccupazione russa dell’allargamento ad Est della NATO, comprendendo i Paesi Baltici, Polonia, Romania, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia. Per ironia della sorte, per chiudere il cerchio magico dei Paesi dell’Est spinti verso la NATO manca ora giusto l’Ucraina. La Russia la considera al contrario regione di sua appartenenza; in merito a ciò, è interessante ricordare alcuni fatti storici: nel 1812 l’esercito napoleonico vi passò, così come Hitler, nel 1941, per invadere la Russia. La Storia dell’Europa, come si può notare, è in realtà ben più complessa delle affermazioni di un singolo, è costellata di tensioni e rovesciamenti degli equilibri. Inoltre il diritto internazionale, diversamente da pretese di aggressione basate su presunte appartenenze storiche, riconosce ai popoli la facoltà di autodeterminarsi; è a questo caposaldo che bisogna guardare, nella vicenda ucraina, per capire dove cercare le ragioni e dalla parte di chi.

La NATO a cui la Russia si oppone strenuamente è un’alleanza politico-militare creata nel 1949, da subito, nel dopoguerra, con lo scopo di ostacolare ogni avanzamento dell’URSS. La stessa URSS crollò, nel 1991, a seguito della caduta del Muro di Berlino avvenuto il 9 Novembre 1989, che sancì una divisione in Stati indipendenti prima satelliti dell’URSS, e dopo la cattura di Gorbachev, ultimo leader sovietico e promotore della Perestroika, un tentativo di democratizzazione dell’impero e del totalitarismo comunista.

 

Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola

giovedì 19 maggio 2022

La strada impervia verso la Costituzione (formale) europea

In relazione all’attualità europea, si sta trattando ampiamente, sui media, il tema del posizionamento dell’Unione europea rispetto alla scottante questione della guerra. Meno attenzione sembra riservata, invece, al complesso meccanismo di funzionamento delle istituzioni europee, in vista di orizzonti futuri nella direzione di una maggiore integrazione. Con le crisi di questi ultimi anni, infatti, si è assistito ad un netto cambio di scenario e si percepisce, oggi più di ieri, l’esigenza che gli Stati membri rispondano uniti alle avversità.

Come potrete notare, tra le fonti menzionate da questo blog vi è la newsletter del Movimento Europeo in Italia. Costituito nel 1948, riveste tuttora un ruolo protagonista sia per la comprensione che per l’impostazione dei meccanismi di funzionamento dell’Unione europea. Tra i temi recentemente trattati nell’ultima newsletter, ve n’è uno di grande importanza, a cui è dedicato l’editoriale: quello cioè della riforma dei trattati e di quale dovrebbe essere il metodo per portare a termine con successo questo complesso lavoro.

Si ricorda che il Trattato vigente dal 2009 è quello di Lisbona – stipulato dopo il rigetto, in Francia e Olanda, del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e ritenuto un risultato di compromesso rispetto al più ambizioso progetto di sancire l’entrata in vigore di una costituzione formale europea. Oggi, rispetto a tredici anni fa, si ritiene che sia ormai giunto il tempo di un riassetto istituzionale.

Il recente editoriale del Movimento Europeo che vi invitiamo a leggere, porta all’attenzione una serie di spunti di un certo interesse. Leggendo le prime righe, si apprende che l’Unione europea è definita come “organizzazione sui generis in cui convivono l’europeismo dei padri fondatori, il confederalismo di chi crede dentro e fuori l’Unione all’Europa delle tante patrie e il federalismo pragmatico degli autori del Manifesto di Ventotene”. Ecco quindi che si pone un primo punto interrogativo: il confederalismo rappresenta un freno rispetto alla possibilità di proseguire il cammino dell’Unione europea?

In realtà, il presidente del Movimento Europeo, prof. Pier Virgilio Dastoli, chiarisce che “Il Consiglio europeo è il rappresentante classico della dimensione confederale, non solo i sovranisti. Dal 2009 ad oggi, esso si è arrogato una serie di diritti non previsti dal Trattato”. Si può quindi essere orientati per una posizione confederale senza essere necessariamente sovranisti. Ciò però comporta alcuni problemi rispetto alla possibilità  di arrivare ad una sovranità europea. Chiarisce ulteriormente Dastoli, in merito a ciò, che “Le competenze dell’Unione sono stabilite dai governi. L’Unione continua ad essere una Unione di Stati”. E questo approccio indebolisce la prospettiva di una Unione evoluta verso la dimensione autenticamente europeista.

La lettura dell’editoriale pone all’attenzione anche un altro interessante aspetto: qual è il ruolo della comunicazione giornalistica rispetto al processo di integrazione europea? In relazione a ciò, è nota l’esistenza di un gap tra ciò che si decide nelle sedi istituzionali europee e il messaggio che passa ai cittadini. Continua Dastoli: “Purtroppo l’informazione circola, ma spesso non è corretta. Inoltre, spesso i leader dei vari Stati tendono ad attribuire a sé i successi e a Bruxelles gli insuccessi delle proprie politiche: quando le cose vanno bene, il merito è loro, quando vanno male, è colpa di Bruxelles. Rispetto a ciò, i leader più europeisti dovrebbero invece porre all’attenzione il valore aggiunto dell’integrazione europea, ma questo avviene assai di rado”.

Altro punto di interesse posto all’attenzione dall’editoriale del Movimento Europeo: “non sarà sufficiente modificare il Trattato lasciando sostanzialmente invariato il suo impianto originario”, si afferma. Rispetto a questo problema, sorge un ulteriore interrogativo: esiste una corrente di pensiero secondo cui esiste già, in qualche modo, già una Costituzione materiale, poiché esistono istituzioni europee che, ispirandosi alle logiche di funzionamento delle principali democrazie, prendono decisioni che producono effetti valevoli in tutti gli Stati membri. Secondo Dastoli, tuttavia, c’è un difetto: “Vi sono una serie di materie che, per arrivare a decisioni efficaci, dovrebbero diventare di competenza dell’Unione e che invece restano nelle mani degli Stati membri. Intanto, non c’è ancora un testo costituzionale europeo nel quale i cittadini si riconoscano, come avviene invece per la Costituzione italiana; difficile che si riconoscano nel Trattato di Lisbona, data la sua complessità. La Costituzione europea nata dal progetto di Giscard era un testo più semplice, ma poi non è stato ratificato. Bisognerebbe oggi riscrivere il Trattato di Lisbona separando la parte del diritto primario, di rango costituente, dalla parte delle politiche, che è diritto secondario. I governi hanno creato molta confusione rispetto a questo passaggio. È vero che esiste una Costituzione materiale, ma bisogna, come afferma Habermas, che i cittadini sentano una sorta di patriottismo costituzionale, che si identifichino in una Costituzione europea che oggi formalmente non esiste”.

Un ulteriore punto di interesse dell’editoriale del Movimento Europeo è quello in cui si afferma che è oggi necessario “rivedere le categorie e le competenze dell’Unione alla luce delle sfide interne ed esterne con una visione dinamica del principio di sussidiarietà e nella logica federale dei rapporti fra l’Unione e gli Stati membri nell’ambito delle competenze cosiddette concorrenti”. In merito a ciò, nasce un altro interrogativo: che cosa si intende per “visione dinamica del principio di sussidiarietà”?

Risponde Dastoli: “Mentre nel Trattato di Lisbona si propende per un concetto di vicinanza delle istituzioni ai cittadini inteso in senso geografico, secondo cui le decisioni si prendono là dove c’è maggiore vicinanza ai cittadini, le decisioni vanno invece prese là dove è più efficace prenderle. In materia di energia, salute, industria, politica estera, se è più efficace decidere a livello europeo, è opportuno che sia questo il livello decisionale. Nel progetto Spinelli del 1984 era già presente tale assunto: si prevedeva che vi fossero competenze concorrenti e, nel momento in cui l’Unione europea interveniva in una di esse, attraverso procedure molto vincolanti, tutta quella competenza diventava esclusiva dell’Unione. Naturalmente, questo passaggio ha necessità di essere realizzato attraverso una legge organica e delle maggioranze speciali. Nel Trattato di Lisbona, invece, nel momento in cui l’Unione interviene in un settore specifico, è solo in quell'ambito ristretto che lo Stato non può più legiferare, ma le competenze non possono essere estese come immaginato dal progetto Spinelli”.

Le conclusioni dell’editoriale del Movimento Europeo delineano una prospettiva di breve e medio termine, che guarda a tutto l’anno prossimo. Infatti, si afferma che “Al termine di quest’esercizio di cittadinanza attiva deliberativa che potrebbe concludersi nell’autunno 2023, spetterà al Parlamento europeo promuovere un incontro con i parlamenti nazionali e le assemblee regionali con poteri legislativi nel quadro di “assise della democrazia rappresentativa” al fine di preparare il terreno per un processo costituente di un’Europa sovrana, democratica, solidale ed inclusiva”. Ecco quindi emergere un ulteriore interrogativo: al termine di questa riflessione, si può essere più o meno ottimisti nella situazione attuale, guardando al passato prossimo e a quello remoto?

Risponde Dastoli: “Che i governi possano trovare un accordo per convocare una Convenzione finalizzata alla riforma dei Trattati è abbastanza complicato. Dobbiamo invece lavorare con l’obiettivo che il Parlamento che sarà eletto nel 2024 possa avere un ruolo costituente. È più difficile, comunque, cambiare i trattati attraverso una conferenza intergovernativa che attraverso il ruolo costituente del Parlamento europeo. Nel primo caso, infatti, prevale la linea secondo cui ciascuno, tra chi siede attorno al tavolo, rappresenta un interesse nazionale. È chiaro che così diventa difficile mettersi d’accordo e raggiungere l’unanimità. Attraverso il metodo costituente, invece, chi siede attorno al tavolo rappresenta una propria visione dell’interesse europeo, ciascuno dalla prospettiva della propria formazione politica, ma in vista di interessi comuni a tutti i cittadini europei ”.

Quale dovrebbe essere quindi il metodo per avviare un tale processo? Si dovrebbe partire da una risoluzione comune in occasione di una sessione plenaria, che poi sfoci in un iter che coinvolga anche il Consiglio?

Nel 1984, in occasione dei lavori per il progetto Spinelli, lavorammo per due anni, al Parlamento europeo, all’interno della allora Commissione Affari istituzionali (oggi Affari costituzionali, ndr). Non sarebbe certo bastata una risoluzione in seduta plenaria, ma fu necessario un  lavoro di concerto con i giuristi, attraverso numerose audizioni. Dopodiché, una volta approvato dal Parlamento, il Trattato, in base alla Convenzione di Vienna, poteva essere approvato direttamente dai Parlamenti nazionali senza essere sottoposto al giudizio dei governi nazionali. Avevamo anche deciso di visitare i vari parlamenti nazionali, anche se in realtà fu possibile raggiungere solo quello tedesco, quello belga e quello italiano, favorevoli al progetto Spinelli. Si arrivò poi alla scadenza delle elezioni europee e non fu possibile recarsi in tutti gli altri parlamenti. L’idea rimane la stessa: che il Parlamento europeo si coordini con i parlamenti nazionali, anche seguendo il metodo delle assise interparlamentari, come quelle che si svolsero a Roma a novembre del 1990. I parlamenti quindi, se hanno delle proposte di modifica, le possono discutere per poi arrivare ad un testo finale, che, in base alla Convenzione di Vienna, possono ratificare senza passare per i governi.  E questo è il metodo preferibile per riformare l’Unione europea”.

 

Massimiliano Nespola

La fine forzata dell’infanzia

In un contesto come quello creatosi in Ucraina, di guerra, di incertezza, la fuga, il fatto di riprendere la vita altrove, comporta una netta cesura di tutte le certezze dei bambini. Vengono meno garanzie, quali la protezione, i diritti e le tutele, l’istruzione che garantisce loro di crescere e maturare.

La pace è un diritto sacrosanto di cui ogni bambino non può essere privato. La guerra fissa l’improvvisa cessazione di questi diritti. La pace per un bambino significa altresì l’armonia nel suo microcosmo, assieme ad altri bambini, il che include anche l’ambito famigliare. Quando sorgono conflitti, i bambini sono le prime vittime, perché arrecano loro disturbi che si possono riflettere nel contesto sociale, messo a rischio da fenomeni di bullismo, criminalità e persino degrado nel territorio.

I bambini necessitano di punti di riferimento. Quando questi gli mancano, possono avvertire un’immensa solitudine che li porta ad affidarsi unicamente alle loro forze. Contemporaneamente, vivono un senso di impotenza che alimenta in loro un senso di onnipotenza, per mascherare le loro paure. I bambini pregano, in una situazione di conflitto, per trovare una protezione del proprio sé.

Il legame col cibo per i bambini è il primo contatto che instaurano. Togliergli questo e le cure mediche significa gettarli nella crisi più profonda, aumentando la depressione senza uscita, nella quale si cerca riparo con gesti anche distruttivi. La perdita di una persona cara, per un bambino innesca sensi di vendetta.

È la casa la fonte di protezione principale per un bambino. Li trova stabilità, così come la scuola rappresenta un luogo di riferimento, assieme ad altri analoghi in cui svolgere le proprie attività ricreative. Senza una dimora si perde tutto. Si entra in un turbine di disperazione e disorientamento, ricostruendo poi con difficoltà le consuetudini che prima garantivano stabilità.

 

Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola 

mercoledì 18 maggio 2022

I bambini ucraini e la guerra

Riceviamo e pubblichiamo queste note di Daniel Mateo Montalcini da cui emerge la dura realtà che si trovano ad affrontare molti bambini ucraini. Solo alcuni infatti riescono a salvarsi dai crimini dei soldati russi. Tanti altri sono già vittime della guerra, altri ancora rimangono sospesi. Si legge tutto il rammarico e il coinvolgimento anche personale dell'autore nella vicenda. Ecco perché fermarsi a leggere e a riflettere sul fatto se questo abominio poteva in qualche modo essere evitato.

L'editing del pezzo è a cura di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


VITTIME INNOCENTI 

Bimbi ucraini nella morsa di un dramma più grande di loro

 

Il contesto attuale della guerra ci costringe ad assistere al fenomeno di bambini ucraini costretti a fuggire dalle loro case e dalle loro vite, dirigendosi verso destinazioni ignote, con le loro madri. I padri invece sono costretti a rimanere sul fronte di guerra, se di età compresa tra i 18 ed i 60 anni.        

Le fonti ufficiali di Kiev riportano che già 2400 bambini sono stati presi illegalmente e portati in Russia, in Siberia. La frequenza dei bambini sequestrati si stima attorno alla media di un piccolo profugo all'ora. Si ritiene inoltre che siano 500 gli altri bambini identificati che invece sono riusciti a superare le frontiere per ritrovare parenti ospitati negli altri Paesi dell’Europa dell’Est; molti altri sono stati portati in Occidente, dove già si sono stabiliti molti altri parenti.                              

Altri bambini, che non hanno raggiunto i loro parenti, sono stati accolti in Europa e nel resto del mondo, dove possono riprendere una vita normale, essere inseriti a scuola, socializzare con i loro coetanei locali, oltre che essere aiutati nell’inserimento da parte delle istituzioni, nelle scuole che devono da subito integrarli evitando in ogni modo forme di esclusione. È necessario che le famiglie o chi li rappresenta gli stiano a fianco per un  graduale ritorno, per quanto possibile, alla normalità.

Altri bambini ancora, invece, sono rimasti sul fronte di battaglia: bambini sotto le bombe che non sanno se ci sia un domani per loro o quale futuro gli si potrebbe presentare, bambini rinchiusi nei bunker, costretti a vivere una vita non loro, traumatizzati, mutilati; molti già morti. Bambini che chiudendo gli occhi si immaginano che quanto accade possa non esistere e che però, al minimo movimento causato dalle esplosioni e dalle bombe sobbalzano, ritornano ad un livello di realtà a cui non vogliono credere, ma che involontariamente subiscono ed al quale assistono.

Questi bambini che non piangono ma neppure parlano più, sono sospesi in un limbo. Sono schiacciati in un mondo di nessuno, né di morti e né di vivi. I bambini sospesi sono soli, sbalzati in mezzo ad una guerra, perduti senza destinazione, separati dalle famiglie o rapiti. Il loro è un domani incerto, appeso ad un filo davvero molto sottile.


Daniel Mateo Montalcini - a cura di Massimiliano Nespola

martedì 17 maggio 2022

In cattive acque

Vi presentiamo il punto di oggi di Daniel Mateo Montalcini: l'autore passa in rassegna la delicata questione relativa agli equilibri nel Mar Mediterraneo, teatro di attività strategiche e di spionaggio da parte delle navi russe.

Editing di Massimiliano Nespola.

Buona lettura 


IN CATTIVE ACQUE

Nel corso delle scorse settimane, si sono viste navi russe sulle sponde calabresi. Recentemente, è stata avviata una nave spia russa nel canale di Sicilia. La nave Vasily Tatishchev, chiamata con il nome in codice di Meridian, ha iniziato la sua navigazione nel Mediterraneo già un mese prima dell’invasione dell’Ucraina, il 20 gennaio. A partire da quel giorno, la nave spia ha avviato un programma di osservazione del Tirreno.         

A bordo di essa sono presenti due cannoni a canne rotanti, oltre che due lanciatori per missili contraerei. Misura 95 metri in lunghezza e pesa 3.500 tonnellate; è stata varata nel 1989 e può trasportare 136 passeggeri. Costoro non sono semplici marinai, bensì specialisti dei servizi segreti. La loro funzione è quella di captare ed analizzare le trasmissioni dei radar e dei sistemi radio avversari, col fine di decifrare le loro frequenze e capacità.

Le antenne di cui dispongono per captare le onde radio sono chiuse in grandi bolle bianche, per far sì che siano invisibili. Nell’inconsapevolezza di molti, il Mediterraneo assume così il ruolo di spartiacque tra la Russia e la NATO. Le navi russe avvistate nelle scorse settimane sono state viste dirigersi verso l’Italia, ove sono disposte la nave italiana Cavour e la francese De Gaulle, per poi avvistare persino l’americana Truman.                     

Le manovre russe verso il Mare Nostrum, un mese prima dell’invasione dell’Ucraina, sono portate avanti secondo una tattica di pressione nei confronti della NATO. La predetta nave spia russa non è l’unica della flotta in azione a largo della nostra isola meridionale. L’Ustinov, incrociatore gemello dell’abbattuto Moskva, pare sia stato avvistato non a largo dell’isola di Creta una settimana fa, affiancato dalla fregata Kasatonov e dal caccia Trubuts, sua scorta.                       

L’altra fregata presente invece, il Grigorovich, dovrebbe navigare sull’Egeo, strategicamente posizionata per controllare il Bosforo, passaggio fondamentale per il Mar Nero. I due sottomarini d’attacco, Kilo, pare che siano dislocati in Siria. Infine un terzo sottomarino nucleare, del quale però sono state perse le tracce dopo che lo si è avvistato circa un mese fa, potrebbe attualmente sostare nel Mediterraneo.

 

Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola


lunedì 16 maggio 2022

I generali ingannano Putin

Gli spunti odierni di Daniel Mateo Montalcini pongono l'attenzione sulle indiscrezioni dell'ex primo ministro russo Michail Michajlovič Kas'janov in merito alla verità sul conflitto in Ucraina: lo stesso Putin sarebbe stato ingannato sulla reale portata del suo esercito e sarebbe attualmente preda di giochi di potere dei generali russi.

Editing di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


LE INDISCREZIONI DI KASYANOV

Una volta comprovato che l’attacco lampo sull’Ucraina si è risolto in un completo fallimento da parte di Putin, lo zar ora deve fronteggiare ben altri problemi interni. Michail Michajlovič Kas'janov, l’ex Primo Ministro russo dal 2000-2004, ai tempi licenziato, che aveva poi fondato un suo partito per candidarsi alla presidenza nel 2008, vive ora in esilio. Kas'janov ha dichiarato che questo lungometraggio del conflitto andrà a scapito della Russia.

Secondo indiscrezioni riportate da un giornale tedesco, l’ex Primo Ministro russo sostiene che Putin sarebbe stato ingannato dai suoi generali sullo stato della guerra. Inoltre, secondo fonti riportate da Deutsche Welle, l’ex Premier afferma che la cerchia dei più fedeli a Putin gli starebbero nascondendo informazioni rilevanti o che costoro gli abbiano persino fornito informazioni incomplete sulla guerra.

A questo riguardo, Kas'janov è certo che Putin sia tenuto in ostaggio dai suoi stessi generali, che illudono l’opinione pubblica in merito alla rilevanza di Putin, quando in realtà lo zar sarebbe ormai decaduto al rango di semplice portavoce dei generali che tengono nascoste le strategie di guerra. Putin è stato ingannato, facendogli credere di poter controllare un esercito più forte di quello realmente esistente e che la guerra si sarebbe risolta in brevissimo tempo.


Daniel Mateo Montalcini - a cura di Massimiliano Nespola

venerdì 13 maggio 2022

Fotografie (mosse) di un autocrate

Riceviamo e pubblichiamo alcune note di Daniel Mateo Montalcini sulla figura del leader russo Vladimir Putin, all'indomani dei festeggiamenti del 9 maggio. Destano preoccupazione le sue condizioni di salute, su cui trapela solo però qualche indiscrezione, inoltre rimane in larga parte ignota la sua strategia di prosecuzione del progetto di invasione dell'Ucraina, ad oggi fortemente scoraggiata dalle perdite subite. Anche la reputazione di Putin e della Russia traballano; sullo sfondo, si intravedono dei tentativi anch'essi molto incerti di dialogo con il presidente russo da parte del presidente francese Emmanuel Macron.

Editing a cura di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


IL SORRISO DI PUTIN

Dalle immagini riportate il 9 Maggio, giornata di ricordo russo per la liberazione e la sconfitta dei nazisti, ricorrenza usata in questo frangente come slogan politico per mettere in mostra una apparente forza bellica dispiegata nel conflitto russo-ucraino, si è visto un Presidente teso. Ciò a causa delle circostanze avverse del conflitto e – si ritiene – del suo stato di salute. Il Presidente russo ha scagliato tutte le colpe della guerra contro l’Occidente, accusando il Vecchio Continente di non sapere o voler ascoltare le richieste e bisogni russi, senza mai pronunciate il termine guerra.                                          

Sulle condizioni di salute dello zar, continuano a susseguirsi indiscrezioni secondo cui vi è la possibilità che sia ammalato di Parkinson, o affetto da un tumore e da forme di demenza. Contrariamente all’immagine forte di sé che ha sempre cercato di mostrare, in occasione della ricorrenza del 9 maggio si è presentato – lui solo – indossando una coperta sulle gambe. Oltretutto ha indossato un giubbotto ben imbottito, chiuso, abbondante e spesso, per ripararsi dal vento. Questo suo abbigliamento ha generato preoccupazioni sul suo reale stato di salute e sulla sua solidità nel tenere le redini di un Paese così vasto come la Russia. Non sono note le sue autentiche intenzioni sulla prosecuzione del conflitto e sulle sue mire espansionistiche – reali o presunte – per rimettere in piedi uno stato sgretolatosi a seguito della caduta del Muro di Berlino, il 9 novembre 1989.

 

LA RUSSIA DIPENDE DA PUTIN

È ormai cronaca quotidiana lo stato di salute di Putin, che spesso sembra sul punto di mancare, per poi tornare in prima fila. Gli equilibri della Russia son legati a lui. Quando Putin appare non nel meglio delle sue condizioni, anche la Russia subisce di riflesso un crollo, mentre quando lui appare più tonico, il Paese si riprende.

Il ruolo di Macron quale Presidente francese rieletto ed al momento Presidente di turno della UE è molto rilevante, in quanto risulta il miglior interlocutore in grado di farlo ragionare. Parlando quotidianamente per svariate ore, Macron ora funge persino da psicoterapeuta, o quantomeno questo è ciò che traspare dai media. Quando Macron si sofferma sul tema di non umiliare la Russia, intende ovviamente di non umiliare il popolo. Il Presidente francese è cosciente del fatto che Putin si sente offeso, respinto ed umiliato dall’Occidente.

 

Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola


Essere digitali: il ruolo della scuola

Leggi l'articolo dell'autore pubblicato su "La Ragione" Recenti classifiche sull’alfabetizzazione digitale vedono l’Italia...

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