mercoledì 11 maggio 2022

L’Unione europea futura: le risposte che ci si attende

Anche la comunicazione pubblica può fornire un apporto consistente, per il futuro

Il 9 maggio 2022 ha rappresentato il momento conclusivo dei lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa. In occasione di tale data, associata simbolicamente alla festa dell’Europa, che ricorda ai cittadini europei la Dichiarazione Schuman del 1950, è inevitabile svolgere un’analisi della situazione attuale e farlo anche in prospettiva futura.

In relazione a ciò, il 10 maggio, ieri, si è tenuto on line un interessante evento organizzato dal Movimento Europeo, nel corso del quale, partendo dal discorso del giorno precedente del Presidente francese Emmanuel Macron, si è guardato a tali orizzonti, a ciò che rimane della Conferenza e se si sia effettivamente trattato di un momento di evoluzione positiva del processo di integrazione europeo.

L’Unione europea che emerge da questa analisi vede realizzati alcuni passi in avanti e tuttavia molti punti programmatici restano ancora non realizzati. Ciò che non ci si stanca di ribadire, da più parti, anche ascoltando i molti interventi susseguitisi nel corso dell’evento sopracitato, è il fatto che la struttura istituzionale europea costituisca un completamento rispetto alla dimensione degli Stati nazionali preesistenti e che è nata con l’obiettivo di sopperire ad alcuni limiti insuperabili per gli stessi.

È noto infatti che l’Unione europea nasce dalla consapevolezza di rappresentare, per gli Stati nazionali sorti in epoche storiche pregresse, in un mondo assai differente rispetto a quello attuale, l’unico rimedio possibile alla conflittualità perpetratasi nei secoli. Era necessario, dopo la seconda guerra mondiale, dotarsi di una struttura istituzionale comune, entro cui concertare le decisioni da prendere per camminare insieme verso un futuro di benessere.

In relazione a ciò, l’Unione europea rappresenta un esempio riuscito di cooperazione tra Stati che si regge anche su un forte apporto morale e che si pone quale pilastro per sostenere un’unità che è data dalla necessità di una forte tensione nella direzione della pace quale presupposto di una crescita comune.

Così come, agli inizi del secolo scorso, erano sorti altri istituti quali l’assicurazione obbligatoria dei lavoratori, quale risposta degli Stati ai nuovi rischi emergenti per via dello svolgimento di attività manuali complesse in ambito industriale, allo stesso modo l’Unione europea è nata per rispondere ad esigenze sociali e politiche comuni a tutti i cittadini degli Stati membri.

Si tratta di un progetto che ha voluto guardare al futuro di un mondo in cui è emerso, con la seconda guerra mondiale, il peso di superpotenze come gli Stati Uniti, la Russia, a cui oggi se ne aggiungono altre, come la Cina, il Brasile, l’India: grandi agglomerati economici e politici con i quali interloquire necessariamente in numerosi settori.

I vari Stati europei hanno la necessità di saper rispondere in maniera unitaria, nello scacchiere internazionale; ciò è noto, non da oggi. Il dilemma attuale è se farlo mettendo mano ai Trattati, da modificare dandosi l’obiettivo di sottoscrivere una vera e propria Costituzione, oppure se riformare l’Unione a trattati invariati.

Si tratta di un argomento divisivo, come è emerso nell’incontro organizzato dal Movimento Europeo, poiché, proprio in relazione a ciò, è stato presentato un “non paper” da parte di 13 Stati membri – Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lituania, Lettonia, Malta, Polonia, Romania, Svezia e Slovenia – che ritengono non opportuno rimettere mano ai Trattati. Per la precisione, affermano che si tratterebbe di un passo "sconsiderato e prematuro".

A tal proposito, c’è da dire secondo una corrente di pensiero già esiste, non da oggi, una Costituzione europea, data dal fatto che vi sono le sue istituzioni e una sfera di rapporti consolidati interni all'Unione. Posto che tale assunto sia effettivamente corretto, bisognerebbe comprendere se e come sia cambiata, rispetto all’ultima riforma che ha portato tra il 2007 e il 2009 alla ratifica del Trattato di Lisbona, la natura di questi rapporti, in vista (eventualmente) di una riforma dei Trattati.

Ad ogni modo, questo è un passo politico che dovrebbe tener conto della volontà dei cittadini e, in relazione a ciò, preme qui sottolineare un punto: anche grazie anche ai media, bisognerebbe far comprendere ai cittadini europei il fatto che una maggiore integrazione politica europea è una necessità, oggi e per il futuro.

Considerato l’assunto teorico relativo all’esistenza di fatto di una Costituzione europea e accettando il presupposto secondo cui può esistere una Costituzione materiale anche in assenza di Costituzione formale, bisogna comprendere come sia possibile incidere positivamente sulla sfera attuale dei rapporti esistenti nella società europea, al fine di una evoluzione in positivo, verso la dimensione costituente in senso federale.

A questo proposito, si può affermare intanto che la società europea ha bisogno di un nuovo piano di comunicazione: decentrata rispetto a Bruxelles, poiché spesso si è rimarcata l’esistenza di una certa dose di autoreferenzialità della stessa, quando in realtà bisognerebbe uscire dalla bolla in cui “Bruxelles speaks to Bruxelles”. È necessaria una comunicazione capillare che possa funzionare grazie ad una sinergia tra i media degli Stati membri.

Anche se non è un’impresa semplice da realizzare, sono inoltre necessari media europei. In relazione a ciò, ci sono stati dei progressi, negli anni, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Rispetto al passato, con una certa facilità è possibile seguire i lavori istituzionali del Parlamento europeo. Molto è disponibile in merito alle attività del Consiglio e della Commissione, al punto che addentrandosi nei siti istituzionali dell’Unione si avrà la sensazione di perdersi, data l’ampia mole di documenti consultabili.

Ma molto rimane da fare, soprattutto per rendere sempre più chiari e trasparenti i meccanismi di funzionamento dell’Unione europea, che è oggi un cantiere aperto anche dal punto di vista della sua comunicazione pubblica.

 

Massimiliano Nespola

martedì 10 maggio 2022

Immagini da Kiev e Mosca

Nel racconto di questi giorni difficili, in cui ancora non si conoscono le proporzioni del conflitto russo - ucraino e non si intravede una via d'uscita, Daniel Mateo Montalcini si è soffermato su alcuni elementi da porre all'attenzione: il temibile ruolo del giornalista pro Putin, Dimitri Kiselyiov, la trasferta dei leader dello storico gruppo degli U2 a Kiev, la verità - difficilmente riscontrabile - sul reale stato di salute dell'economia russa.

Massimiliano Nespola si è occupato dell'editing.

Buona lettura



COME SMANTELLARE L’ATOMICA

James Bond, agente segreto 007 alla corte della Regina Elisabetta II, è tornato in azione. Ne indossa i panni Dimitri Kiselyiov, noto presentatore televisivo, giornalista e propagandista russo molto a favore di Putin, lanciando però gravi minacce dirette alla Corona britannica. Lo fa tramite l’utilizzo di immagini propagandistiche strumentali, che mostrano la possibilità di annientare il Regno Unito rapidamente. Il giornalista russo in questione minaccia il premier britannico della possibilità di utilizzare droni subacquei che azionerebbero una superbomba atomica, la quale creerebbe uno tsunami radioattivo di 500 metri che sommergerebbe Albione (ossia la Gran Bretagna, chiamata con il suo storico nome).

Il sorriso sornione dell’anchorman televisivo russo è paragonabile a quello del peggior agente segreto britannico piuttosto che a quello del leader del consorzio mediatico Rossiya Segodnia. Queste minacce mediatiche, per esercitare pressione e cercare di tenere in scacco un Paese intero e tutti gli altri paesi che collaborano con l’Ucraina, non sono le prime a verificarsi. Sono strumenti di esaltazione della potenza nucleare russa, utilizzati per nascondere le reali debolezze del Paese invasore e per dar motivo alla NATO e a tutto l’Occidente di indugiare nell’azione, per arginare  il rischio di possibili conseguenze drastiche.

 

CANTARE IN NOME DELLA PACE

Inaspettatamente a Kiev sono arrivati Bono Vox, il frontman del gruppo musicale conosciuto in tutto il mondo, gli U2 di Berlino, Paul David Hewson all’anagrafe, ed il bassista del medesimo gruppo musicale The Edge, altrimenti detto David Howell Evans. Entrambi i membri degli U2 sono noti attivisti politici schierati contro ogni conflitto ed estremismo politico. I due, giunti nella capitale ucraina, si sono diretti alla stazione metropolitana Khreschatyk dove si sono esibiti senza preavviso.

Arrivati alla suddetta fermata, sono scesi con l’esercito, per poi cantare “Stand by Ukraine”, presentando inoltre altri noti successi del gruppo, in particolar modo i testi che cantano la libertà e denunciano le oppressioni e le discriminazioni. Bono, durante lo spettacolo inatteso, ha inneggiato espressamente alla libertà per l’Ucraina ed alla sua lotta per l’indipendenza. Ha soprattutto parlato di pace in favore del Paese oppresso.

Le canzoni più note e forse più importanti del repertorio presentato dagli U2, che inneggiano a questi temi, sono state “Desire”, “With or without you” e “Sunday Bloody Sunday”. Bono ha acclamato a gran voce che la lotta ucraina non rappresenta solo la lotta per la libertà del Paese, bensì si svolge a nome della libertà di ogni popolo, ovunque oppresso. È il grido per tutti coloro che amano la libertà. Il cantante si era già schierato precedentemente a favore dell’Ucraina, anni addietro. Aveva non banalmente dedicato una poesia all’Ucraina. Nel 2018 si era già recato nella capitale ucraina rivolgendosi al pubblico nell’ambito del 15imo incontro annuale della Strategia Europea di Yalta.

 

VIVERE IN UN’ILLUSIONE

La Russia è cosciente, ma non vuole dimostrarlo, o ancora si illude di non crederci facendo uso di propaganda ed immagini illusorie, di stare attraversando una delle peggiori crisi economiche della sua storia. Le sanzioni che molti analisti ritengono inefficaci, nel medio-lungo termine possono invece dispiegare tutti i loro effetti. Nel frattempo, la Russia pare essersi adagiata in questo stato di restrizioni economiche imposte dall’Occidente. Il rublo, in risposta al crollo del 40% avvenuto dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, sarebbe poi rimbalzato a livelli precedenti.

La Banca Centrale russa del resto, da parte sua, aveva, per scopi tecnici volti a contenere il crollo, alzato i tassi d’interesse del 20%. Successivamente, ha applicato un lieve taglio degli interessi al 17% e al 14%, per ridare ossigeno entro i limiti ai sostentamenti economici. Per ironia della sorte, a causa della crisi geopolitica, la conseguente impennata dei prezzi di gas e petrolio non avrebbe svuotato le casse del Cremlino. Il tanto temuto default apparentemente prossimo non sarebbe affatto avvenuto: nelle principali città russe, dove si prevedeva uno scenario allarmante per l’economia e gli affari, ciò non si sarebbe verificato, o almeno sono circolate immagini di negozi e scaffali tutto fuorché vuoti.

 

Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola


lunedì 9 maggio 2022

Le sfumature del conflitto

Poniamo alla vostra attenzione alcuni aspetti interessanti su cui si sofferma Daniel Mateo Montalcini, relativamente alla guerra russo - ucraina. Gli errori di Putin, la possibile soluzione tramite referendum e i passi da compiere, anche con delle rinunce, in vista di un accordo per il cessate il fuoco sono i punti posti oggi sotto la lente di ingrandimento dell'autore.

Editing di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


 

NESSUNO E’ PERFETTO

Putin sta realizzando di aver fatto qualche passo più lungo della gamba. La vicenda della Azovstal – l’acciaieria che le truppe russe sono state abili a conquistare, utilizzata come rifugio da parte della resistenza ucraina, attaccata e bombardata più volte per disarmare i difensori per poi ottenere accesso a Kiev – rappresenta l’emblema delle svariate contraddizioni, dei paradossi e degli errori compiuti da Putin. Le dinamiche del conflitto riportano a scene risalenti a 40 fa. Putin dovrebbe aggiornarsi pertanto, per non rimanere legato a vecchi schemi.

Le immagini riportate della commemorazione della vittoria contro i nazisti sono identiche, per stile e caratteristiche del messaggio, a 40 fa, malgrado la tv oggi sia di maggiore qualità. La mentalità non è cambiata affatto. Sono cambiati molto, nell’arco degli anni, la nomenclatura, i regimi, la tv a colori, le tecnologie sempre più avanzate, ma sembra emergere che è cambiato molto per poi non cambiare nulla. Basti solo osservare l’intervista tenutasi pochi giorni or sono a Lavrov su Rete 4: la dialettica è rimasta tale e quale. Affinché la Russia vinca, bisognerebbe tirare indietro le lancette dell’orologio a 40 anni fa.

 

LA GUERRA DEI VOTI AL REFERENDUM

Ogni guerra si vince anche grazie al dialogo e all’influenza popolare, benché oggi, nel sistema di interconnessioni globali, ogni vincitore risulti perdente nel momento stesso in cui giustifica la guerra, perché già dichiarandola parte con il piede sbagliato. Il celeberrimo economista Edward Luttwak, ospite al programma televisivo di informazione economica politica di Mediaset condotta da Paolo del Debbio e prodotta da Videonews (RTI), Dritto e Rovescio, ha commentato che il conflitto perdurante tra i russi e gli ucraini può giungere a conclusione appellandosi ad un referendum, come avvenuto nel 2014. Il conflitto altrimenti potrebbe dilungarsi a tempo indeterminato.

Le due aree maggiormente interessate sono Lugansk e Donetsk, rilevanti centri del Donbass. Se si arrivasse ad un referendum in queste zone e nel caso di vittoria elettorale russa, Putin sarebbe legittimato a dire di aver vinto, perché avrebbe diritto ad affermare che la popolazione è dalla sua parte. La possibile vittoria del referendum lo legittimerebbe a poter uscire dalla guerra che ha già mietuto vittime per entrambe le parti  e consistenti danni economici. Questa situazione si riflette inoltre sull’utilizzo delle armi inviate in difesa dell’Ucraina: non saranno sufficienti nel caso in cui il conflitto si prolunghi. Il protrarsi della guerra pertanto, a differenza di quanto sostenuto dagli analisti, a lungo andare potrebbe andare a vantaggio dei russi, a causa delle spese militari sostenute da parte dell’Occidente.

 

SACRIFICI PER UNA GIUSTA CAUSA

Secondo le ultime dichiarazioni, per raggiungere una tregua col fine di giungere a un cessate il fuoco definitivo, Zelensky parrebbe ora deciso a sacrificare la Crimea, illegittimamente conquistata nel 2014 dai russi e non ancora dichiarata terra russa dalle Nazioni Unite. Questa condizione si verificherebbe ovviamente a patto che gli invasori ritirino le loro truppe al di qua dei confini del 23 febbraio. Con il riconoscimento della Crimea in quanto russa da parte di Zelensky, si certificherebbe la vittoria del Presidente ucraino, altresì sancendo che l’Ucraina accetta una neutralità garantita.

In questi termini, pare scontato che Zelensky voglia preparare il suo popolo ad una vittoria apparentemente prossima, ma con dei sacrifici necessari, quali la privazione definitiva della Crimea. Le trattative per raggiungere la pace ad ogni modo includono il Donbass, territorio di cui l’Ucraina non vuole privarsi minimamente, pertanto la possibilità di una prosecuzione del conflitto, per conseguire il mantenimento di suddetta area contesa tra russi ed ucraini quale indissolubilmente territorio ucraino, appare un’opzione realistica.


Daniel Mateo Montalcini -  a cura di Massimiliano Nespola

sabato 7 maggio 2022

Conflitto russo-ucraino: come cambiano gli equilibri

Vi proponiamo un nuovo aggiornamento di Daniel Mateo Montalcini sugli sviluppi del conflitto. Oggi l'autore si sofferma sui suoi aspetti militari, diplomatici ed economici. Questo articolo spazia dall'analisi della strategia per la sicurezza dei cieli su cui si svolge la guerra, alla crisi che si sta innescando a causa dell'embargo al gas russo, passando per la strategia di negoziati che coinvolge direttamente Israele.

Editing a cura di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


COME STAR WARS

Con l’insorgere di nuove e più preoccupanti minacce, volte a provocare maggiori tensioni, e a fronte di messaggi propagandistici con cui si accresce il desiderio di dominio, si riscontra una preoccupante crescita del lato oscuro della forza: quella che reca in sé sogni di onnipotenza, misure spropositate, imperi indistruttibili. Georgie Lucas, nel fronte russo veste i panni di Darth Sidious, il Cavaliere Jedi oscuro e tirannico, abile a manipolare le menti. L’Impero si sta rafforzando mostrando l’arma capace di annientare in 106 secondi Berlino, in 200 secondi Parigi e contemporaneamente Londra. L’arma in dotazione dei russi è un missile supersonico a testata nucleare chiamato Sarmat, in grado di colpire fino ad un raggio di 18mila chilometri.

L’Europa dal canto suo sta predisponendo le sue difese, dispiegando a Berlino un sistema chiamato Arrow 3; come afferma il responsabile della sicurezza del CESI, professor Pierluigi Barberini, esso è in grado ampliare il raggio di difesa. In realtà, si tratta di un sistema di difesa israeliano. Per questo motivo il Governo tedesco pare aver già avviato contatti con Israele per provvedere a creare un sistema missilistico di difesa ancor più sofisticato. Il Generale dell’Aeronautica Militare, Leonardo Tricarico, ha però asserito che l’Europa è sempre stata carente di un vero sistema di difesa meritevole di tal nome, perché argomento sempre approcciato come un tabù.

Barberini e Tricarico si sono visti allineati sull’obiettivo di predisporre un sistema difensivo in grado di intercettare con certezza un missile balistico intercontinentale. Per rendere efficace questo genere di protezione, si dovrebbe programmare un lancio di ordigni in contemporanea. Nel caso in cui avvenisse un attacco nucleare sull’Europa, la NATO agirebbe subito assieme agli USA, contrattaccando. Per questo la NATO si sta occupando di sviluppare il Balistic Missile Defence, Bmd, al fine di difendersi dalla minaccia nucleare iraniana, che ora, a seguito dello sviluppo delle circostanze contingenti, necessita di essere riconsiderata alla luce dei nuovi sviluppi, come affermato da Barberini.

 

SERVONO POCHE PAROLE

Il nuovo incontro tra Putin e Bennett ha delineato in maniera chiara quale sia la strada per un prosieguo costruttivo dei colloqui, includendo Zelensky. Bennett da parte sua ha intenzione di lanciare messaggi molto chiari al suo Paese: Israele pare spinto dentro il conflitto russo-ucraino da forze esterne, dall’Occidente, che a causa delle sanzioni pare aver perso il ruolo di mediatore. Bennett deve riacquistare credibilità di fronte ad un’opinione pubblica che non lo vede deciso a prendere una posizione e ad assumere un ruolo decisivo tra la parti.

In relazione a ciò, è però vero che Bennett si è recato a Mosca ed a Berlino violando la sacralità del riposo del sabato, lo Shabbat, che prevede eccezioni quando l’obiettivo è quello di preservare vite umane. I colloqui tra i due riguardano soprattutto la questione siriana ed in secondo luogo il rilancio dell’accordo sul nucleare iraniano, meglio noto come il Joint Comprehensive Plan of Action (JCPA). Le azioni militari messe in atto da Israele nel mese di Marzo lasciano trasparire l’esistenza di una strategia militare che si inserisce nel contesto di ciò che accade da Febbraio. Tra il 23-24 Febbraio infatti, Israele ha cagionato sei morti ed una ventina di feriti.

Per comprendere meglio quale sia il fulcro dei negoziati: Bennett ha preteso rassicurazioni da parte di Putin sulla presenza russa in Siria e in particolare sul fatto che la Russia non ostacolerà le sue azioni. La priorità di Israele in questo frangente è l’Iran più che l’Ucraina; ciò lascia intendere che Israele intravede la pericolosità che questo fronte rappresenta per la sicurezza nazionale israeliana.

 

LA CRISI SI AVVICINA

I numerosi talk show in televisione, dove si affrontano varie tematiche sulla questione del conflitto russo- ucraino, vedono schierarsi diversi protagonisti, ognuno offrendo le proprie analisi sui temi trattati e sugli aspetti politici, economici e sociali di questa guerra. Recentemente, Franco Bernabé è stato ospite ad Otto e Mezzo di Lilly Gruber. Il noto dirigente ed accademico italiano ha toccato argomenti riguardanti l’UE, ora più incline a quanto pare ad un graduale embargo del gas russo.

L’Ungheria di Orban tuttavia, come era del resto prevedibile, date le posizioni del leader di Budapest, ha posto un veto sul nuovo pacchetto di sanzioni sulla Russia per l’invasione dell’Ucraina, il che ha bloccato ogni trattativa e procedura. L’embargo è necessario per interrompere il flusso di risorse finanziarie che arrivano in Russia da parte dell’Europa.

Bernabé spiega pertanto che è necessario trovare una soluzione che porti all’autonomia rispetto alla dipendenza dalla vendita dei prodotti russi e che conduca alla riduzione dei costi di questi beni. Bernabé sostiene che dal 2021 il prezzo del gas è aumentato esponenzialmente di cinque volte rispetto al controvalore precedente e che questa dinamica genera un peso insostenibile per l’economia europea. Draghi stesso non ha perso occasione di far sentire la sua voce in modo tale che si ponga un tetto sui prezzi evitando ogni via altrimenti arbitraria.

Secondo Bernabé inoltre, purtroppo di gas non si può fare a meno. Il blocco delle forniture equivarrebbe all’interruzione dell’industria carraia e vetraia, oltre che alla cessazione dell’industria delle piastrelle e ceramiche. Un settore intero sarebbe destinato quindi alla morte, inclusa una parte dell’industria chimica. 

Il problema legato al prezzo di questa materia prima riguarda anche quello del gas Olandese TTF. In Europa vi è chi vende il gas naturale liquido a prezzo scontato, cercando di scontare altresì il costo del TTF. Bisogna trattare ora, quindi, con i prezzi del mercato olandese. Massimo Giannini, il direttore de La Stampa, ha rincarato la dose a questo riguardo, sostenendo che il mercato europeo è debole e che è facile che soccomba per le speculazioni.


Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola


martedì 3 maggio 2022

L'allucinazione di Lavrov sulla Shoah

Per sensibilità e compartecipazione nei confronti della vicenda, il commento di oggi di Daniel Mateo Montalcini si sofferma sulle ineffabili affermazioni del ministro degli esteri russo, che ha accostato la figura di Zelensky a quelle di Hitler. In maniera del tutto aberrante, l'ideologia nazifascista è stata equiparata da Lavrov all'attuale politica di resistenza ucraina. Non c'è molto altro da aggiungere a questi fatti: parlano da sé e testimoniano la forte regressione sul piano dei valori, di rispetto del genere umano e dei diritti dell'uomo da parte della Russia di oggi.

Come sempre, Massimiliano Nespola si è occupato dell'editing del pezzo.

Buona lettura, con l'auspicio di poter contribuire a porre fine all'abominio in atto


PROPAGANDA E DEMAGOGIA DELIRANTE NEI CONFRONTI DELLA STORIA, DELLA CULTURA E DELLA TRAGEDIA DELLA SHOAH

Al giorno d’oggi, ancora avviene – con grande tristezza e la disapprovazione per chiunque abbia buonsenso, che conosca la Storia in tutti i suoi drammi – che le culture e le tradizioni siano troppo spesso stereotipate e derise. Ciò si verifica a causa dell’esistenza di preconcetti e di profonda ignoranza, derivanti dal fatto di non comprendere le vere basi dell’ebraismo e di tutto ciò che esso include. 

Mediaset, canale televisivo creazione di Berlusconi, con un palinsesto ampiamente commerciale e criticato per le posizioni politiche assunte in quanto proprietà di Berlusconi, recentemente ha dato spazio alle frasi deliranti di Lavrov.

Il Ministro degli Esteri russo ha usato per puri fini di slogan l’immagine di Zelensky, in quanto di religione ebraica, paragonandolo ad Hitler e additando quest’ultimo quale anch’egli ebreo. Con queste parole assolutamente false, Lavrov ha tentato di disinformare l’opinione pubblica, mettendo il popolo ucraino sullo stesso piano dell’ideologia nazifascista hitleriana. 

Mauro Crippa, direttore generale dell’informazione di Mediaset, è stato l’artefice della scaletta del programma “Zona Bianca”, che ha incluso l’intervista a Lavrov trasmessa su Rete 4. Dopo i commenti sulle affermazioni del Ministro russo, il direttore generale si è pienamente schierato contro le accuse di filo putinismo, definendo le affermazioni di Lavrov pura propaganda dispersiva, folle e senza nessuna credibilità.


LA VERITA’ FALSIFICATA

Le oscenità pronunciate da Lavrov per screditare Zelensky in quanto di fede ebraica accostandolo a Hitler, asserendo che anch’egli fosse semita e che però avesse pianificato lo sterminio di tutto il popolo ebraico, in cui persero vita quasi 7 milioni di essi, hanno di certo fatto eco. Il dettaglio più grave a riguardo è il fatto che Lavrov sia assolutamente convinto della veridicità di quelle affermazioni al dir poco inaccettabili.

Con toni propagandistici, Lavrov ha proseguito indirizzando gravi minacce contro l’Italia, a cui ha rivolto delle critiche non leggere; ha asserito inoltre che vi saranno gravi conseguenze per il nostro Paese, considerato il sostegno offerto al popolo aggredito. 

Il Ministro degli Esteri russo, oltre a fare esternazioni politiche, ha dichiarato che la strategia militare sarà quella di continuare ad affiancare Putin nel suo piano di conquista dell’Ucraina, per poi indirizzarsi teoricamente verso la Moldavia ed altri Paesi indipendenti una volta satelliti dell’URSS.


Daniel Mateo Montalcini - a cura di Massimiliano Nespola

lunedì 2 maggio 2022

Le illusioni russe

Il punto di oggi a firma di Daniel Mateo Montalcini: sanzioni e aiuti militari stanno indebolendo la Russia. Mentre si attende il tanto temuto 9 maggio, giorno in cui Putin vorrebbe sferrare l'attacco finale a Kiev, sono allo studio nuovi provvedimenti per indebolire l'economia russa.

Come sempre, l'editing del pezzo è di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


COME FERMARE PUTIN

Si può osservare attualmente come il prezzo del petrolio abbia raggiunto livelli davvero esigui, a causa di una serie di fattori tra cui anche l’embargo nei confronti di questa materia prima, se proveniente dalla Russia. Aumentano quindi le difficoltà del paese aggressore, a seguito delle ulteriori restrizioni applicate nei suoi confronti. La Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, ha infatti dichiarato che il nuovo pacchetto di sanzioni, che verrà applicato non più tardi della prossima settimana, colpirà il settore petrolifero, in particolare.

Di certo, è ancora da capire come verrano effettivamente applicate queste sanzioni: se attraverso un graduale phasing-out (eliminazione graduale, ndr), come del resto già si è proceduto per il carbone, o altrimenti tramite un divieto all’import di prodotti raffinati. Un’altra soluzione prevede l’eliminazione dal mercato del greggio russo.

Si considera altresì di applicare in alternativa sanzioni indirette su trader e logistica. Ultima opzione parrebbe essere l’inserimento di un dazio o di un tetto al prezzo. Tra le varie possibili strategie, quindi, secondo indiscrezioni sembra che sarà una tra quelle elencate ad entrare in azione. Il Governo tedesco infatti, attraverso il vice Cancelliere e ministro dell’Economia, Robert Habeck, ha annunciato che il Paese non vi applicherà il veto.

Intanto, secondo le sue ultime dichiarazioni, lo Tzar ha preannunciato una guerra totale per prendere Kiev, missione finora fallita grazie alla resistenza ucraina, oltre agli aiuti finora forniti dall’Occidente, con l’approvigionamento di armi e supporto logistico.

 

ANDARE AVANTI PER ANDARE INDIETRO

Le forze russe che volevano dimostrarsi efficaci e determinanti, alla fine si sgretolano come piccoli semi di grano. Nelle ultime settimane il tanto temuto avanzamento di queste truppe, soprattutto sul versante orientale, non ha registrato nessun riscontro significativo. Le forze russe non sembrano poter raggiungere l’obiettivo, in particolar modo, se si pensa alle conquiste alle quali puntavano lungo la striscia del Donbass.

Questo contesto di stallo si è venuto a determinare nonostante il ritiro delle stesse truppe dal fronte settentrionale, avvenuto nelle settimane passate, pertanto la scelta di concentrare uomini, strumenti e risorse solo su alcune direttrici offensive non ha avuto gli effetti sperati.

 

Daniel Mateo Montalcini -  a cura di Massimiliano Nespola


domenica 1 maggio 2022

Il conflitto e la recessione globale

Quadro economico globale in recessione: è questo l'effetto della guerra, sia in Russia che in Ucraina. Daniel Mateo Montalcini, oggi, Primo Maggio, pone però l'attenzione anche sul contrasto tra il valore simbolico della ricorrenza odierna e i danni incalcolabili che questo conflitto causerà al mondo del lavoro italiano.

Editing a cura di Massimiliano Nespola.

Buona lettura, buona Festa dei Lavoratori

 

SENZA VIA DI SCAMPO

Senza via di scampo”, titolo di un famoso film con Clint Eastwood, rappresenta la fine che farà Putin, malgrado il conflitto possa essere tirato avanti per inerzia fin quando sarà inevitabile ammettere la sconfitta. Mosca continua ad attingere alle riserve domestiche, per evitare di ammettere che il terreno sotto i piedi è ormai crollato. Ad ogni modo una minima via d’uscita, usando un abile escamotage, potrebbe ancora essere trovata: un passo indietro potrebbe essere quello di ottenere credito attraverso le pretese russe di pagamento del gas in rubli.

Putin pare che abbia ceduto, pur nel dubbio se quella suesposta sia o meno una misura in suo favore per evitare un default finanziario. Secondo quanto riportato dalle fonti ministeriali, il Ministero degli Esteri ha effettuato un pagamento in dollari per cedole su eurobond in scadenza nel 2022 e nel 2042. I rispettivi importi, secondo il comunicato stampa del Governo, corrispondono a 564,8 milioni per il 2022 e di 84,4 milioni per il 2024; in questo frangente, ha fatto da tramite la Citybank di Londra.

 

DECISIONE STORICA

Secondo gli ultimi dati nazionali riportati, il 43,6% degli italiani pare che sia contrario all’invio delle armi. Lucio Caracciolo, direttore di Limes, è convinto che, nei prossimi due mesi, lo share dei cittadini contrari si amplierà fino a toccare il 50%. Questi dati sono stati riportati recentemente dal noto giornalista ospite di Lilly Gruber, in diretta, a Otto e Mezzo. Caracciolo in questa occasione ha evidenziato che la decisione di Putin di invadere l’Ucraina è uno strumento per conseguire la leadership anti-Occidente per antonomasia, acquisendo influenza fino a totalizzare la gestione delle aree comprendenti la Cina, l’India, mezza Africa, mezza America Latina – legata storicamente all’URSS dalla Seconda Guerra Mondiale ed in particolare dalla Guerra Fredda, politicamente, dal 1947. Un tale obiettivo è stato sempre simile, mutatis mutandis, a cominciare dalla Guerra di Corea, in cui USA e URSS si sono da subito schierati l’uno contro l’altro con l’utilizzo delle armi nucleari portate oltre oceano a Cuba, Paese contrario all’ideologia capitalista.

Anche qualche cittadino statunitense si dimostra contrario all’invio delle armi per opporsi all’egemonia USA. Il conflitto attuale in Ucraina pare che potrà cessare quando entrambe le parti in contrapposizione non avranno più niente da difendere o per cui lottare, e soprattutto quando le fonti monetarie verranno ad esaurirsi. A questo riguardo, l’opinione pubblica inizierà a considerare maggiormente aspetti di convenienza riguardo al prosieguo o alla cessazione del conflitto. La Guerra Ucraina non cesserà fin quando non si inizierà a parlare concretamente di come venirne fuori o di mettervi un freno, anziché proseguire in uno scontro interminabile.

A fronte dei reciproci scambi di accuse con Biden, che sostiene un isolamento della Russia, punita su tutti i fronti ed esclusa da ogni trattativa con le grandi potenze, Putin non accetterà mai la sconfitta se non sul campo. Pertanto, lo scenario che verrebbe a verificarsi comporterebbe una spesa di 20 miliardi in aiuti militari, prolungando la durata del conflitto e rendendolo più doloroso, nel centro dell’Europa.

 

IL PRESIDENTE CON LE TASCHE BUCATE

Putin ora deve far fronte, oltre alle perdite di civili, militari, a quelle sul territorio in varie aree che lui considerava facili da conquistare quali il Donbass, Kiev, che gli ha consacrato la sconfitta, Mariupol e non per ultima Odessa. La Corte dei Conti russa, pertanto un ente a lui non alieno, gli presenta prospettive per l’economia interna tutt’altro che rassicuranti. L’inflazione ha toccato il 20% ed il Pil sta affondando, mostrando un calo tra l’8,8 ed il 12,4%.

Guardando alla Storia, per poter meglio considerare l’eccesso al quale ci si trova di fronte, si può rinvenire una contrapposizione tra la durata il conflitto attuale, che prosegue lunghissimo, dopo due mesi ad alta intensità che seguono a sette precedenti anni, ed il conflitto tra l’URSS e la Finlandia che durò cento giorni, dal 30 novembre 1939 e al 12 marzo 1940. La guerra in Ucraina cambia drasticamente le prospettive economiche ed in termini di relazioni internazionali delinea una situazione che in molti non hanno inteso; in molti hanno infatti condannato l’introduzione delle sanzioni, in quanto non servirebbero a far capitolare Mosca, senza però considerare che uno scontro aperto avrebbe proporzioni inimmaginabili.

Per poter dare un quadro possibilmente più chiaro delle dinamiche finora intercorse sul campo di battaglia tra la Russia e l’Ucraina, un ruolo fondamentale lo impiegheranno nel medio e lungo termine gli apparati statali quali la Banca Centrale e la Corte dei Conti. Questi enti delineano prospettive economiche negative che, collocate nel contesto geopolitico, diventano drammatiche.

 

LA GUERRA OSTACOLA IL LAVORO

Rispetto al perdurante conflitto ucraino, che ormai prosegue ininterrottamente da due mesi ed in concomitanza con il 1° Maggio, festa dei lavoratori, il Segretario Generale Confsal, Angelo Raffaele Margiotta, ha commentato che l’Italia, membro ufficiale della UE e della NATO, non può esimersi dal partecipare e portare supporto ad un Paese sotto attacco. Margiotta asserisce che tutti insieme bisogna favorire canali che portino ad un cessate il fuoco ed altresì spingere ad un ritiro nei propri confini.

La pace è un fine universale, che deve essere raggiunto ad ogni costo, con ogni mezzo possibile in quanto la guerra non supporta il genere umano. La guerra si presenta come ostacolo allo sviluppo ed al progresso ed ostacola in ogni forma il lavoro, ambito nel quale tutt’ora si delineano molti fronti aperti. 

Confsal, facendo un collegamento con il blocco commerciale e la privazione di diritti umani causati dalla guerra ucraina, coglie l’occasione del 1° Maggio quale ottima opportunità per ricordarsi di un Mezzogiorno sempre più distante dal Nord, delle opportunità lavorative per i giovani sempre più ristrette, che affievoliscono la dignità individuale, dei salari insufficienti per sostenere una vita degna e delle morti sul lavoro che proseguono e non favoriscono l’attuazione del Pnrr. Tutte queste contraddizioni pongono un ostacolo considerevole alla soddisfazione personale ed a prospettive migliori di lavoro; non da ultimo, l’impatto economico negativo della guerra testimonia di indici di fiducia in calo per tutto il mondo della produzione.


Daniel Mateo Montalcini -  a cura di Massimiliano Nespola

Essere digitali: il ruolo della scuola

Leggi l'articolo dell'autore pubblicato su "La Ragione" Recenti classifiche sull’alfabetizzazione digitale vedono l’Italia...

Questo blog è partner di