mercoledì 29 aprile 2020

A ricordo di Giulietto Chiesa

E anche Giulietto Chiesa ci lascia. Lucido, critico fervente fino all'ultimo, è stato un grande giornalista. Ne parlo su questo blog perché, tra le molte esperienze vissute, Chiesa è stato anche, dal 2004 al 2009, europarlamentare nella lista “Di Pietro – Occhetto – società civile”, eletto nella circoscrizione Nord Ovest. Come tutti i grandi, ha avuto forti sostenitori e forti detrattori. Ci ha lasciato a 79 anni, condivido con lui una piccola parte di Storia. Vi racconterò il perché, ma prima intendo riportare alcuni fatti che permettono di capire meglio la figura del collega.

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martedì 28 aprile 2020

Pillole di memoria: Giscard d'Estaing e la "Costituzione" europea nel 2007

Rifletto e al contempo torno indietro con la memoria. Come sapete, questo blog è la continuazione di un lavoro avviato nel 2007, poi interrottosi nel 2014, per un problema informatico a cui si sono unite varie situazioni personali.

Come avrete letto, intendo rispolverare alcune parti significative di quell'attività. Oggi ritorno su un pezzo che fu emblematico. Era l'epoca in cui stavo diventando giornalista.

(Che poi cosa voglia dire "diventare" giornalista è oggetto di discussione. O si è giornalisti, nel senso che si svolge tale attività, oppure, come avviene in Italia, bisogna essere iscritti ad un ordine professionale nel quale è abbastanza complicato districarsi per via delle numerose pratiche burocratiche da ottemperare. In molte altre professioni, non si segue questo criterio, ma si valuta quanto la persona sia attiva. A mio avviso, bisognerebbe semplificare e al contempo realizzare delle riforme nel settore, ancora troppo legato alla politica e al finanziamento pubblico. Ecco perché si parla di giornali "fotocopia", ecco perché molti giornalisti in realtà sono legati filo a filo al mondo politico - e questo non vuol dire che siano molto liberi di esprimersi, quanto piuttosto che interpretano la realtà secondo un'agenda dettata da altri.

Si può dire poi che c'è una distinzione tra pubblicisti e professionisti, nel senso che la legge italiana ha voluto distinguere coloro che esercitano occasionalmente l'attività da coloro che la svolgono in via esclusiva. Ma a mio avviso, questa distinzione è poco rilevante e nella categoria dei professionisti permangono alcuni personaggi quantomeno ambigui).


Sfogo a parte: raccontavo appunto che scrivevo già allora, naturalmente, di Europa. Vi ripropongo un pezzo del luglio 2007, uscito su "Calabria Ora" - giornale non più in edicola - relativo alla presa di posizione di Valery Giscard d’Estaing, Presidente della Repubblica francese dal 1974 al 1981.

Il contesto era quello del prosieguo dei negoziati dopo la bocciatura della "Costituzione" europea. A fine di quell'anno, si sarebbe avuta la firma del Trattato di Lisbona. Ecco il testo, di cui mi scuso in anticipo per alcune debolezze nell'impatto della scrittura, ma, come dicevo, stavo "diventando" giornalista. Vi propongo questa lettura perché dare voce ad uno dei protagonisti dell'integrazione europea, permette sia di comprendere la situazione di allora, che di rileggerla ad oggi:


20 luglio 2007


"«Ciò che era difficile da comprendere sarà impossibile da comprendere. Ma la sostanza del testo sarà preservata». È la recente affermazione, in merito al trattato costituzionale europeo, di Valery Giscard d’Estaing, presidente della Repubblica francese dal 1974 al 1981. Per il 23 luglio è stata convocata a Bruxelles una conferenza intergovernativa incaricata della redazione del nuovo testo.

Non si parlerà più di “Costituzione Europea”, ma di trattato, da non intendere in formato mini. Tale il parere di uno dei protagonisti della Convenzione Europea, che tra il febbraio 2002 e il luglio 2003 redasse il testo poi rigettato, nella primavera 2005, da Francia e Olanda.

Più apparenti che reali dovrebbero essere le innovazioni nel nuovo trattato, a dire di Giscard d’Estaing. «Consistono essenzialmente nella sua modalità di presentazione», ha affermato. In merito ad un punto particolarmente discusso anche dal presidente francese Sarkozy, quello cioè relativo alla concorrenza libera e non falsata all’interno dell’Unione, Giscard d’Estaing è stato laconico: «Mi domando chi potrebbe desiderare una concorrenza falsata … ». Tale concetto dovrebbe alla fine essere l’oggetto di un protocollo annesso al trattato.

Non sono mancate da parte sua le critiche ad alcuni punti controversi che le politiche recenti evidenzierebbero. A seguito dell’abbandono dei simboli e della bandiera europei, si è chiesto ironicamente: «Se non si potrà issare la bandiera stellata sul quartier generale di una forza europea, che cosa vi si metterà? Una copia del trattato semplificato?». Inoltre, su tale aspetto, i cittadini europei sostengono per lo più la necessità che l’Europa disponga di una bandiera.

Anche l’esclusione della Carta dei diritti fondamentali avrebbe creato smarrimento tra i francesi, in quanto dal punto di vista umano si tratterebbe di un fatto «abbastanza scioccante» secondo Valery Giscard d’Estaing.

Infine, ha affermato che «ci si sta orientando verso tre trattati differenti, dalla lunghezza superiore al trattato costituzionale». Con ciò, «la speranza di semplificazione non sarà realizzata». Non sarebbe stato possibile limitarsi ad un solo testo, pena il ricordo del precedente trattato. Così facendo, si dovrebbe limitare il suo “effetto alone” e procedere ad una più semplice ratifica.

Ma è opinione dell’ex presidente che, nei processi europei, non si resterà fermi per sempre nelle condizioni attuali. Le sue parole suonano come una profezia: «si originerà, in un dato momento, la spinta per dotare l’Europa di un grande testo, unico e fondatore»".

Risposta economica europea, Gentiloni fa il punto

Cari lettori,

il compito principale di questo blog, come avrete avuto modo di notare, è fare opinione e su questo non mancheranno nuovi spunti, a breve.

Tuttavia, sul momento vi rimando a questo link, in cui il Commissario europeo per l'Economia, Paolo Gentiloni, fa il punto della situazione nel suo ambito di competenza affermando che saranno necessari strumenti di intervento dalla portata adeguata. Il danno all'economia è enorme e vi sarà una contrazione del PIL importante.

Tra le soluzioni, una - peraltro umilmente condivisa dall'autore di questo blog - è quella di "rimettere in piedi il mercato unico". Sì, rimetterlo in piedi, giusto, anche tutelandolo da attacchi speculativi, da ribassi eccessivi, insomma contenendo tutte le forze disgregative che remano contro, per interessi perversi rispetto a quello dell'unità europea la quale invece, proprio in questo momento, può trovare legittimazione.

Ragionare su questi temi sembra complicato, ma alla fine diventa semplice: se le imprese non trovano la liquidità, a chi si rivolgeranno? Penso al Centro - Sud Italia e già mi viene in mente qualche risposta ... ma non è la sola area,  perché le mafie cercano di arrivare ovunque.

Può farlo tutelando con ogni mezzo la collettività, le fasce deboli, questo è sicuro, ma anche le piccole e medie attività che possono avere difficoltà nel reperire credito dalle banche. Quanto più gli strumenti europei saranno incisivi, tanto più domani, usciti dalla crisi, i cittadini potranno sentirsi rappresentati dall'Unione europea. Forse serve un miracolo: bisogna cercare di realizzarlo.

sabato 25 aprile 2020

25 aprile europeo: l'analisi


Buon 25 aprile ai lettori di ieri e di oggi. È un giorno importante per l’Italia e l’Europa. La Resistenza, la lotta contro il fascismo è nota a tutti. Ma oggi desidero fare qualche riflessione che è frutto di questo periodo di reclusione forzata a causa del COVID19; come spesso accade, è in questi momenti che emerge nell’individuo la capacità di delineare percorsi differenti e disegnare, anche solo con la mente, strade nuove. Personalmente, vi dico che ho messo insieme i pezzi, attraverso alcune letture di cui vi vorrei parlare. Mi riferisco ad alcuni miei recenti studi sia di Diritto costituzionale che di Storia.

Nel ritornare a studiare la Costituzione italiana, ho trovato di grande utilità le lezioni del prof. Vittorio Italia, docente ordinario all’Università di Milano e Pavia, preside, avvocato, che ha pubblicato su youtube una serie di video, assieme alla casa editrice, gratuiti. Il prof. Italia – classe 1934 – lucidissimo, si sofferma su alcuni nodi critici che riguardano la storia del nostro Paese. Afferma che lo Statuto albertino, Costituzione “flessibile” e ottriata – concessa cioè dal monarca  e non elaborata da un’assemblea costituente, facilmente modificabile – fosse sotto molti aspetti un testo lacunoso. Ritiene che lo Statuto abbia lasciato indefiniti alcuni punti, non riconoscendo per esempio in maniera chiara la libertà di stampa e indirizzando al futuro invece che al presente la legittimazione della sua natura libera (art. 28: “La Stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi.”). Venne emanato in un’epoca storica in cui il diritto di voto includeva solo l’1,9% della popolazione, con un criterio selettivo basato sul censo. Le trasformazioni sociali successive, pur allargando la base elettorale, sarebbero avvenute nel nostro Paese entro il contesto giuridico delineato da quella legge fondamentale che, secondo il prof. Italia, nel lasciare alcune aree di vuoto legislativo, rappresentò il terreno fertile per l’avanzata del regime fascista.

Qui mi ricollego ad altre letture. Sto leggendo “M. Il figlio del secolo”, di Antonio Scurati, Premio Strega 2019. È un libro eccezionale, perché aiuta a conoscere la situazione sociale, economica e anche il contesto culturale italiano entro il quale fu possibile l’avanzata del fascismo.  I fascisti all’inizio erano reduci, militari insomma, che avevano combattuto lungo il confine austriaco e, dopo la sofferta vittoria, pagata a carissimo prezzo, volevano che se ne riconoscessero i meriti. Ma dopo Caporetto, il prezzo della guerra pagato dall’Italia tutta era stato altissimo. E, alla fine, quando un anno dopo l’Italia uscì vittoriosa e l’Impero asburgico si dissolse, quei reduci tornavano in Italia ma non venivano considerati eroi. Quella guerra, l’ “inutile strage”, si era pagata con la fame, la miseria, la disperazione. Una parte del popolo quei reduci non li poteva vedere. Inoltre, il 1917 era l’anno in cui in Russia avveniva la rivoluzione d’ottobre: caduta dello zar, il potere in mano ai soviet. Biennio rosso: le forze socialiste avanzavano anche in Italia, riscontrando consenso e ottenendo alle elezioni ottimi risultati. (Ricordiamo che Benito Mussolini,interventista, era stato espulso dal Partito socialista, contrario all’intervento in guerra). Si pensò quindi che la “primavera” russa sarebbe arrivata anche in Europa. A tal fine, nell’aprile 1920 Nicola Bombacci, socialista, incontra assieme ad Angiolo Cabrini il commissario sovietico per gli affari esteri, Maksim Maksimovič Litvinov. Le sue parole sono inequivoche:  la rivoluzione “è stata già fatta, in Russia, e adesso il solo problema urgente della Russia rivoluzionaria è quello di riprendere i suoi rapporti commerciali e politici con gli Stati capitalistici. Nient’altro”. L’evoluzione politica di Bombacci è nota: divenuto comunista tra il 1921 e il 1927, si ritrovò gradualmente sempre più isolato dal partito, per poi cessare nel 1930 la collaborazione con l’ambasciata russa. Gradualmente, poi, avvenne il suo avvicinamento al fascismo, fino all’epilogo di Piazzale Loreto.

Che cosa c’entra con l’Europa il racconto di questi fatti? Bisogna fare qualche collegamento. Sappiamo che l’Europa di oggi è un continente che ha voluto la pace e che si è impegnato per difenderla. Di fronte alla crisi di oggi, la Storia insegna e, al tempo stesso, ammonisce. Se il fascismo non può tornare, i rischi della deriva avvengono ogni volta che si insinuano incertezze nel diritto, vuoti legislativi, ogni volta che non ci si sente rappresentati. È bene che in Europa si ragioni su questi aspetti. Questa occasione per l’Europa, anche se generata da un dramma collettivo che si sta vivendo, con una pandemia dalla quale ancora non si vede la via d’uscita, non va sprecata. L’Unione europea ha ancora un grande, enorme lavoro da svolgere. Aggiungo anche, a questa analisi, alcuni spunti derivanti dalla lettura di un altro testo: “Come ho tentato di diventare saggio”, scritto da Altiero Spinelli, uno dei padri fondatori dell’Unione europea. Spinelli, in un punto della sua narrazione, sostiene che, quando ideò il progetto europeo, non pensava alla possibile evoluzione delle politiche del dopoguerra in un gioco di influenze dettate dal ruolo dominante degli Stati Uniti. Riflettendoci, la guerra fredda iniziata dal 1945 e terminata con la caduta del Muro di Berlino rappresenta uno scontro tra visioni in cui l’Europa non ha avuto un ruolo guida, quanto si è trovata al centro della contrapposizione tra il modello capitalistico e quello socialista / comunista (anche se le due parole non sono sinonimiche). Insomma, l’Europa è solo in parte determinata, non è costituita, vede una frammentazione e il distacco dei suoi cittadini, anche se non sempre. Il 25 aprile è l’occasione per riflettere su tutto questo. 

Unisco alle letture un riferimento ai miei contatti. Ultimamente, sto riscoprendo l’importanza di non scrivere e indirizzare il ragionamento dal chiuso della “torre d’avorio”, ma di calarmi nel concreto delle vite quotidiane, condividendo, approfondendo, ascoltando gli altri. L’attività giornalistica che svolgo con il Movimento Europeo, di analisi e monitoraggio della dimensione europea, mi conforta e mi consente di andare in profondità. Unisco a questa attività le molte connesse e vi lascio con questa immagine, che riprendo da “Europa in movimento”: rappresenta un’immagine della Resistenza quale evento non solo italiano, ma europeo. In Italia si combattè contro il fascismo e in Europa contro il nazismo. I volti di questa infografica, oggi, ci ricordano quanto la Storia sia maestra: furono in molti a cadere per la libertà.




A Nord, a Sud, oggi si ricorda la Liberazione dei diritti e delle libertà. L’Europa – quella stessa Europa subalterna alle grandi logiche di spartizione del mondo - è però riuscita a creare dopo quelle guerre, una dimensione di prosperità e pace che ha un valore da riscoprire e rilanciare, per un rinnovato impegno, guardando al futuro. È l’Europa del welfare, della moneta unica, della solidarietà. L’Europa ha anche questo volto. Guardando al futuro, continuo a credere che l’Unione europea abbia tutte le potenzialità – da tradurre in atto – per garantire ai suoi cittadini di poter vivere in una dimensione di libertà. Bene sarebbe riuscire a essere da esempio anche per altre aree del Pianeta.


Massimiliano Nespola

mercoledì 22 aprile 2020

Bilancio e personale: più risorse per l'Ue

Per parlare con cognizione di causa di Europa, è necessario conoscere alcuni dati. C'è spesso confusione non solo sulle attività delle istituzioni europee - peraltro non di semplice e immediata comprensione - quanto soprattutto sulle dimensioni effettive di alcune grandezze che è necessario conoscere.

Spesso ci si sente chiedere "dove 'prende' i soldi l'Unione europea". Relativamente semplice. Ciascuno Stato membro contribuisce per l'1% del proprio PIL al bilancio europeo. Si tratta di una somma irrisoria se si pensa ad altri Stati. Negli USA, per esempio, questo contributo ammonta al 25%. 

Volendo poi fare un riferimento al personale, sappiamo che per le istituzioni europee sono occupate più di 40.000 unità, assunte tramite concorso per posizioni a tempo sia determinato che indeterminato. Possiamo trovare qualche informazione in più cliccando qui

Invitiamo altresì a visualizzare questo breve video in cui l'autore fa alcune considerazioni sulla situazione attuale e sull'opportunità di incrementare queste risorse. Si tratta di un momento delicato per tutti. Ed è in situazioni simili che l'Europa è già riuscita, in passato, ad esprimere la sua capacità di fare passi in avanti, per rispondere alle difficoltà e procedere verso una maggiore integrazione. 

domenica 19 aprile 2020

Sandor Rónai: “In Ungheria anche il poco stato di diritto rimasto è morto”

Viktor Orbán
Le recenti dichiarazioni del sindaco di Budapest Gergely Karácsony su Politico tracciano un solco sui rapporti tra Europa e Ungheria, in quanto ha affermato che l’Ue deve assicurarsi di lavorare con partner onesti: “Se un governo considera l’Ue un nemico, come fa Viktor Orbán, le istituzioni europee dovrebbero forgiare relazioni con gli enti locali, le Ong, i sindacati, il mondo accademico, le piccole e medie imprese e i movimenti civici”.
Per poter comprendere meglio quale sia la situazione, abbiamo intervistato Sandor Rónai, europarlamentare ungherese del gruppo dei socialisti e democratici (S&D) che, nella composizione dell’emiciclo di Strasburgo, ha un ruolo particolare: è infatti tra i firmatari di una interrogazione del Parlamento europeo al Consiglio in cui si chiede a quest’ultimo di confermare che, nel prossimo quadro finanziario pluriennale, non verranno avanzate proposte in contrasto con il principio per cui il bilancio dell’Ue deve essere tutelato anche in caso di carenze nel rispetto dello stato di diritto.

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sabato 18 aprile 2020

Verso il Consiglio del 23


Come si possono commentare le ultime 48 ore delle azioni dell’Unione europea? Il coronavirus continua a rappresentare la priorità a cui rispondere. Ieri e giovedì, in sessione plenaria, si è potuto assistere a momenti interessanti. Ricordo a tutti che è possibile seguire a distanza il dibattito che si tiene. A parte gli incontri del Consiglio, che avvengono a porte chiuse, molto è disponibile on line. In particolare, il Parlamento europeo dispone di un canale attivo, per seguire le dirette e poter agevolmente reperire tutti gli incontri che avvengono, nelle diverse sedi istituzionali. Si possono ritrovare tutti gli interventi, si possono scaricare e consultare con calma: basta attendere qualche minuto, in base alla velocità di connessione. Molti saranno informati di ciò, ma tanti altri no.

Volendo tornare al dibattito istituzionale: da un lato, si è potuto assistere ad una volontà di intenti che sembrerebbe orientata in una direzione comune. Le conclusioni del presidente del Parlamento europeo David Sassoli suonano molto positive: “È stato molto importante che il Parlamento si sia espresso con larga maggioranza in favore di un grande piano di ricostruzione economica dell’Europa e questo usando e cercando di stimolare e di favorire le risorse attraverso tutte le modalità disponibili, comprese quelle dei recovery bond, cioè della possibilità di finanziare sui mercati internazionali i fondi che verranno destinati alla ricostruzione”.

Per quanto riguarda l’Italia, si evidenzia altresì la mancanza di accordo tra due forze di governo sul MES, ma è un punto specifico, là dove si sarebbe potuto andare oltre gli steccati, ma tant’è. Il paragrafo relativo al MES è stato comunque approvato con 523 voti a favore, 145 contrari e 17 astenuti. La questione non è comunque quella principale e, come al solito, è diventata però l’oggetto di strumentalizzazioni. La stampa italiana si schiera, come sempre, forse un po’ troppo: “Il Tempo” scrive addirittura che “il governo non esiste più”. Ma non è così, perché la questione, per quanto importante, non è quella centrale e comunque non è la sola.

Attualmente, credo che sia più saggio assicurare stabilità al nostro Paese. La crisi del coronavirus non è ancora superata. Riaprire le attività? Sì, giusto, non si può paralizzare un Paese, ma la riapertura dovrà conciliarsi il più possibile con le tutele per i cittadini. Quelle tutele che sono mancate, che pongono interrogativi sulle responsabilità delle strutture sanitarie che hanno avuto in cura gli anziani, su che cosa si poteva fare da subito per contenere gli effetti del contagio.

Tornando all’Europa: il prossimo importante appuntamento del 23 aprile vedrà il Consiglio di nuovo incentrato sulla risposta all’emergenza. Ancora la strada da percorrere è lunga e l’invito al buon senso non guasta. Questo perché l’Unione europea deve poter decidere avendo a disposizione  una base più ampia, un bilancio adeguato ai tempi e, di fondamentale importanza, una maggiore legittimazione futura. 

Come si può notare, non dico genericamente che serve “più Europa”, ma entro nel merito su alcuni punti specifici, onde evitare che il noto filosofo Diego Fusaro intervenga a bacchettare. Tra parentesi, credo che si sbagli quando etichetta gli europeisti come “euroinomani”. L’Europa non è certo una droga! Corretto evidenziare le aree di miglioramento, perché l'Europa non deve essere un centro di potere delle lobby economiche. Piuttosto, è una necessità democratica e un progetto in fieri da rinforzare, dal basso; tutt’altro, quindi. 

Si può raggiungere questo obiettivo mettendo in atto il giusto equilibrio, perché quando le politiche riescono ad apportare dei benefici concreti, i cittadini poi rispondono con il voto. Gli errori commessi non sono inutili se se ne trae un insegnamento per domani: non è vero che la politica non serve, quanto piuttosto che bisogna rispondere allo scollamento tra elettori ed eletti, accorciare le distanze con buone politiche.

giovedì 16 aprile 2020

Von der Leyen: scuse, e poi?

Che si potesse fare di meglio, è presto detto. Certo, si poteva fare, da subito. Ora è tempo di bilanci e di iniziare la fase 2, come hanno affermato numerosi esponenti politici di tutto il mondo. Il coronavirus ha fatto la sua parte e continua ad esserci una situazione di semi - emergenza. Ma la macchina globale si muove veloce verso il futuro e questa crisi passerà, prima o poi, agli annali della Storia. Certo, se ne continuerà a parlare e molto. Quello che però sorprende è come fonti anche autorevoli si trovino in contrasto nella ricerca della verità dei fatti.

Se infatti, oggi, sono balzate alle cronache,  su tutti i principali siti d'informazione e agenzie, le scuse della presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, per i ritardi nei confronti dell'Italia, è di pochi giorni fa una versione dei fatti assai contrastante con questa. "Europa Today", una fonte del web considerata altrettanto attendibile, ha lanciato l'altro ieri un articolo in cui si afferma che il tentativo di soccorso tempestivo da parte dell'Ue non sarebbe mancato.

Citando documentazione posseduta dal quotidiano "Il Foglio" ( un verbale dell'incontro, in particolare ), il giornale on line in questione sostiene che "l’Italia avrebbe disertato una riunione convocata dalla Commissione europea per offrire agli Stati Ue assistenza nel reperire articoli sanitari di protezione dalla pandemia, come mascherine e tute. È quanto emerge dal resoconto di una riunione tenutasi il 31 gennaio scorso nella quale l’esecutivo Ue ha chiesto ai Governi nazionali, per la prima volta, se fossero preparati ad affrontare un’eventuale epidemia di coronavirus nell’Ue. L’incontro era stato organizzato dal Comitato per la sicurezza sanitaria e, stando agli atti diffusi oggi, il Governo italiano era assente".

E dove sta la verità? Difficile trovarne una semplice e univoca. Ma in questo caso, sembra non stare neanche nel mezzo. Secondo l'articolo sopra citato di "Europa Today", infatti, l'unica certezza è un rimpallo reciproco di responsabilità tra i vari responsabili delle istituzioni nazionali ed europee; questo ad ulteriore prova di una mancanza di coordinamento: "Interrogati sull’assenza, i diplomatici italiani hanno rivelato ai giornalisti del Foglio di non aver ricevuto l’invito da parte della Commissione. Quest’ultima ha poi smentito tale informazione, sostenendo di aver informato il “membro italiano del Comitato per la sicurezza sanitaria” riguardo alla riunione".

Di chi sono allora le responsabilità? Forse del quotidiano "Il Foglio", che è il solo a parlare della notizia? Molte domande potranno rimanere senza risposta - d'altra parte l'impatto del coronavirus lascia intuire che tutto il mondo era impreparato agli effetti di una pandemia. Tuttavia la sensazione è che si potesse fare di più e da subito, per ovviare alla catastrofe sotto gli occhi di tutti, che la ferita aperta da questa crisi lascerà segni per lungo tempo, ma soprattutto che è bene che gli elettori considerino meglio per il futuro, a livello sia nazionale che europeo, a chi dare la propria fiducia.


martedì 14 aprile 2020

Europa e Italia: è meglio fare da sè?

Il blog non ha una naturale predisposizione alla pubblicazione di video, o almeno non ci si pensa. Non lo era quello da me pubblicato fino al malaugurato giorno in cui a causa di un attacco hacker venne chiusa la mia gmail e, contestualmente, il blog collegato alla stessa. Eppure, pubblicare video può rappresentare una risorsa in più. Immagini, suoni e parole: è una regola della televisione, solo che si è abituati a pensare al mezzo televisivo come ad un pianeta a sé. In effetti, tra i mezzi di comunicazione giornalistica è quello probabilmente ancora più potente, nonostante la digitalizzazione e internet abbiano un po' rimescolato le carte, ma tant'è.

Tutto questo per dire cosa, a proposito di Costituzione Europea? Un fatto molto semplice, cioè che ripubblico qui il video realizzato oggi per il gruppo federalista "Europa in movimento" in cui analizzo la comunicazione "populista", quella che critica l'Europa ma lo fa in maniera distruttiva, che dice che è meglio "fare da sè", tornando agli "Stati nazionali": un'idea superata e bizzarra, ma anche pericolosa. 




Dati i numeri in gioco, avete idea di che cosa accadrebbe all'Italia? Sarebbe un ulteriore regresso e a spiegarlo non è solo il sottoscritto e nemmeno un ultra europeista, ma una figura oggi storica, un politico esperto quale il socialista Ugo Intini, stretto collaboratore di Bettino Craxi, già direttore de "L'Avanti". Oggi, sul quotidiano "Il Dubbio", Intini fa un'analisi che illustra i vari passaggi che porterebbero l'Italia che esce dal sistema euro ad una ulteriore svalutazione della moneta e a tutto ciò che questo comporta: anzitutto, la perdita di potere d'acquisto del 30% per i normali cittadini.

Bisogna stare molto attenti, in questa crisi, a non fare confusione. Ecco il perché della mia analisi che svela anche il trucco dei populisti: puntare sulla comunicazione veloce, che dà la soluzione politica semplice e pronta, che dice tutto in due parole. Come se la parola degli esperti fosse quella di inutili e prolissi scocciatori che non hanno niente di meglio da fare che appesantire il dibattito. Utilizzo un paragone, per capirci meglio: avete mai visto un intervento delicato - pensiamo ad un intervento chirurgico - avere maggiori probabilità di successo banalizzando il male da curare? Io no, e voi?

lunedì 13 aprile 2020

Una Costituzione per l'Europa?

Riprendiamo. Come ho detto nel post precedente, in quella notte di agosto 2007, "Riflessi di Europa" vide la luce. Sentivo l'esigenza -  e la sento ancora - di lasciare una traccia. Non importava quanti lettori ci sarebbero stati. Scrivevo e tuttora scrivo per me, seguendo una corrente forse non orientata al successo immediato, ma a conservare nel tempo. Si tratta di un piacere e probabilmente anche di una necessità. Con il tempo, l'ho capito. Ci possono essere periodi di maggiore e minore prolificità, ma la scrittura non è solo un'attività professionale. Può essere un modo per raggiungere il proprio equilibrio con il mondo. Così è per questi scritti, che uniscono esistenzialismo ad una dimensione concreta, di attualità.


Ho già detto che il mio blog sull'Europa fu un modo per riproporre il risultato dei miei studi. Vi ricordo che fu ideato durante la scrittura della mia tesi di laurea specialistica, su temi europei. In quegli anni, si era verificato il "no" di Francia e Olanda alla Costituzione europea, che poi non era una vera e propria Costituzione, ma un nuovo trattato. Gli studiosi si sono soffermati già prima della stesura di questo testo sul fatto se esista o meno una "Costituzione vivente" europea. Alcuni propendono per la tesi secondo cui, in effetti, l'Europa sarebbe già costituita, per il fatto che esiste un tessuto vivo di relazioni, di scambi tra Stati e ovviamente anche di attività normativa che viene applicata in tutti i Paesi membri. Questo valeva già prima del 2007. 

In merito a ciò, ritengo opportuno riprendere alcune affermazioni contenute nella mia tesi di laurea specialistica. L'autrice è Elena Paciotti, che tra il 2002 e il 2003 fece parte della Convenzione Europea, un gruppo di esperti di alto livello incaricato di redigere il testo del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa. Intervistata, affermava 
che "La Corte di giustizia europea sostiene che esisterebbe già una autonomia delle istituzioni europee rispetto ai trattati da cui derivano, e questa autonomia avrebbe creato una sorta di entità sovranazionale distaccata dagli stati membri"

Cosa rimane di tutto quel lavoro? Un testo mai entrato in vigore e una Europa guidata dal metodo intergovernativo invece che federale, di cui si lamenta il deficit democratico e che fa fatica a muoversi entro una visione comune su questioni fondamentali come la salute, la sicurezza, le politiche industriali. Secondo Andrea Bonanni di "Repubblica", in un suo articolo pubblicato il 6 giugno 2016 - pochi giorni prima del referendum sulla Brexit, tenutosi il 23 giugno 2016 - la firma del trattato che adotta una Costituzione per l'Europa fu addirittura una "bufala". 


Avendo esperienza dei meccanismi di funzionamento delle istituzioni europee, personalmente ritengo che, se è vero che correre ad approvare un testo costituzionale fu probabilmente una fuga in avanti, è pur vero che le istituzioni europee esistono e svolgono numerose attività. Ma bisognerebbe che ci fosse un salto di qualità, una coerenza tra ideazione e risultati, che ancora non è da ritenere soddisfacente. Data la costruzione della macchina, bisogna, per rimanere sulla metafora, o rivedere qualcosa nel motore, oppure cercare il "pilota" adatto.







venerdì 10 aprile 2020

Bentornati ...

Molta acqua è passata sotto i ponti ... e ritorno a scrivere su questo blog dopo molti anni. In realtà, il tempo è volato, ma voglio riassumere i motivi dell'assenza brevemente e, al tempo stesso, raccontare cosa è successo anche a chi non conosce la mia storia, che un po' è anche quella di questo spazio on line.

Era una notte estiva del 2007. Si avvicinava il rientro dalle vacanze e mi trovavo a casa. A volte il sonno va via, anche a causa dell'afa. Pensavo agli impegni prossimi: mi stavo per laureare, stavo scrivendo la tesi e, al contempo, stavo diventando giornalista pubblicista, occupandomi di attualità europea per giornali e riviste di settore. Decisi di lasciare traccia di quanto stavo facendo.

Iniziai a pensare quindi a un nome che, nel mare magnum dell'informazione, resistesse alla tempesta, avesse in qualche modo una sua "personalità". Ovviamente, occupandomi di Unione europea, si trattava di trovarne uno coerente con gli studi in corso. Lavorando di fantasia, pensai alla metafora dello spazio planetario: Europa, il satellite di Giove. Un pensiero lontano, che, nell'immediato, si tradusse in un nome evocativo, tale da richiamare quella metafora. Nacque così "Riflessi d'Europa" e fu subito entusiasmante. Bene. Non voglio annoiarvi, continuerò in una prossima puntata il racconto di cosa è successo dopo la nascita di quel blog. Adesso, desidero, in breve, unire alla narrazione una breve riflessione di attualità.

In questi giorni, si parla moltissimo delle scelte economiche dell'Unione europea per far fronte al coronavirus. La crisi morde, soprattutto tra chi non può lavorare, penso alle partite iva, ai negozi di abbigliamento, alle librerie. Proprio come allora, come in quel 2007 di cui parlavo sopra, in cui stava per scoppiare negli Stati Uniti la bolla dei mutui subprime. Oggi come allora, l'Unione europea deve decidere nell'emergenza e, naturalmente, lo fa dovendo scrollarsi dalle spalle anche il fardello rappresentato dalle critiche avventate. Di chi ha capito tutto, di chi, per interesse, punta a dividere l'Europa.

Ciò nonostante, si va avanti. C'erano allora e ci sono oggi, quelle forze antieuropee. Tuttavia, come ha affermato recentemente uno dei protagonisti del processo di integrazione europea, Valéry Giscard d'Estaing, presidente della Repubblica francese dal 1974 al 1981, "L'Europa è esiste, è solida e ricca di promesse"; lo ha affermato in un'intervista pubblicata su "La Repubblica" l'11 ottobre 2019. Sono affermazioni sulla base delle quali poter andare avanti, certi che l'Europa, nel tempo, continuerà a fornire opportunità, anche perché sono numerose le aree di miglioramento del sogno europeo. Proprio a cominciare dal settore economico: molti, infatti, non sanno che gli europei hanno un bilancio assai ridotto, appena l'1% del PIL di ciascuno Stato. Per crescere - e l'occasione di questi giorni è decisamente quella giusta - serve molto, molto di più.

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