venerdì 29 aprile 2022

Il conflitto e la sua rappresentazione

Fin dove si spingerà questa guerra? Oggi Daniel Mateo Montalcini raccoglie a caldo una serie di fatti relativi alla possibile evoluzione della strategia russa e al connesso futuro dell'Ucraina

Ma non solo: è presente anche uno spaccato su un elemento essenziale di questo conflitto, cioè la sua rappresentazione mediatica veritiera. Quando il giornalismo è parzialmente libero oppure del tutto assoggettato al controllo di un regime, diventa più complicato non solo indagare dentro le notizie, quanto soprattutto fornire una illustrazione chiara, corretta e completa dei fatti.

Si tratta di un problema molto serio che non riguarda solo i giornalisti, ma la collettività. 

Con particolare coinvolgimento, Massimiliano Nespola si è occupato di effettuare la revisione del pezzo.

Buona lettura 


FRASI AD EFFETTO

Secondo quanto riportato dall’ex ambasciatore USA in Polonia, Consigliere di Obama e Trump, Daniel Fried, la Russia punterebbe ad allargare i propri confini ai territori dell’ex Unione Sovietica. Si vorrebbe espandere fino alla Moldavia, il che implicherebbe di mandare armi: in quel frangente, la Russia perderebbe. Secondo il Ministro degli Esteri russo Lavrov, la guerra nucleare pare ormai prossima e concreta e non sarebbe da sottovalutare. Questa analisi è stata presto smentita da Fried, il quale ha definito le esternazioni di Lavrov non altro che intimidatorie.

Non vi è da escludere che la Russia possa fare uso dell’opzione nucleare sull’Ucraina, ma tale teoria non può paralizzare l’Occidente con paure strumentali. L’ex ambasciatore sostiene che il supporto all’Ucraina debba essere continuo e proseguire con le sanzioni alla Russia, che con il tempo produrranno i loro effetti. Gli USA avevano avvertito la Russia di non iniziare una guerra che altrimenti avrebbe portato a conseguenze disastrose, ma Putin non ha voluto ascoltarli, macchiandosi altresì di gravissimi crimini di guerra. 

La Russia, secondo Fried, perderà. Il suo disegno di ristabilire quello che fu l’URSS è un progetto vano, soprattutto vista la resistenza ucraina. Lo stato aggredito, inoltre, si sta avviando sempre più verso un’evoluzione sociale in senso democratico, quindi sta sempre più prendendo le distanze dall’autoritarismo russo.


IL FUTURO DELL’UCRAINA

Dmitry Rodionov, Direttore del Centro di ricerche geopolitiche dell’Istituto di Sviluppo innovativo di Mosca, ha svolto uno studio per conto del Ministero della Difesa russo, secondo cui l’Ucraina meridionale deve rientrare sotto l’amministrazione e pertanto essere in futuro parte ufficiale della Russia, pur non sapendo tutt’ora attraverso quale modalità di annessione. La parte occidentale invece ritiene che debba essere lasciata al proprio destino. Se ne parla oggi in un’intervista sul “Corriere dell Sera” al suddetto studioso, realizzata dal giornalista Marco Imarisio.

Questa manovra non vieterebbe all’Ucraina di entrare nella NATO, bensì porterebbe alla creazione di uno spazio cuscinetto in difesa della Russia da eventuali attacchi occidentali. Nel prosieguo delle sue strategie, si rileva che Rodionov sostiene la necessità di creare un’Unione di Repubbliche popolari, o piuttosto una Repubblica ucraina interna alla Russia, oppure un’Ucraina federale. La decisione in merito va presa ad ogni modo dalla popolazione dei territori liberati. Per lui, ciò che conta è la riunificazione in un unico complesso economico e sociale. Bisognerà attendere che, anche con il passare del tempo, si chiarisca la situazione.


LIBERTA’ DI INFORMAZIONE A RISCHIO

La nota giornalista russa, Nadana Fridrikhson, lavora per Zvezda, tv russa che non è nient’altro che di proprietà del Ministero della Difesa russo. Sorge pertanto spontaneo chiedersi quale sia il livello di credibilità delle sue affermazioni riportate ad Otto e Mezzo, programma di informazione di La7 condotto dalla celeberrima giornalista Lilly Gruber, di cui Nadana è stata ospite. La conduttrice di Otto e Mezzo l’ha fortemente attaccata durante l’intervista, per la sua ovvia parzialità a favore del governo russo. Nadana ha rispettato i termini della censura chiesta da Mosca, non menzionando neppure il termine “guerra” per parlare di ciò che sta avvenendo in Ucraina da oltre due mesi, parteggiando palesemente a favore della propaganda putiniana.

Nadana ha sostenuto che la Russia non avrebbe affatto occupato il Donbass, bensì che ne approva l’autonomia dal governo ucraino di cui la regione fa parte. La giornalista russa ha proseguito sostenendo che l’intervento russo fungerebbe da protezione della popolazione locale, tra cui sono notoriamente presenti molti abitanti filorussi. Questa definizione è stata duramente criticata dalla Gruber, che le ha ribadito la sua opinione: Nadana ha un incarico giornalistico per conto di un canale informativo non indipendente. A seguito di ciò, Nadana è finita sotto il controllo della Vigilanza RAI e del Copasir, a seguito della sua recente ospitata a Cartabianca.

In sua difesa e per non innescare dibattiti televisivi e successivamente discussioni  sui media, è intervenuta Bianca Berlinguer, nota voce e firma del giornalismo nazionale (nonché figlia del leader del PCI, Enrico Berlinguer), che ha subito spento tutti i fuochi accesi, sostenendo che la collega russa segnalata per il fatto di lavorare per un TG non indipendente, avrebbe già partecipato a numerose trasmissioni su altre reti nazionali, precedenti a Cartabianca.


Daniel Mateo Montalcini - a cura di Massimiliano Nespola

giovedì 28 aprile 2022

Panoramiche dal conflitto

Oggi il punto di Daniel Mateo Montalcini si concentra principalmente su due aspetti: la ripresa del dialogo tra USA e Russia, che ha portato al reciproco rilascio di detenuti dei rispettivi paesi, e lo stato di salute di Putin. Una curiosità: una sorte simile a quella che si ipotizza per lo Zar, cioè di essersi ammalato di Parkinson, lo accomuna tragicamente a un altro feroce, sanguinaria e disumana figura della Storia: quella di Adolf Hitler.

Con queste pillole di conoscenza, ci auguriamo di poter contribuire, su scala infinitesima, alla denuncia dei crimini in atto e alla possibilità che mai più ritorni tutto questo orrore.

Revisione del pezzo a cura di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


SPY GAMES

Dal momento in cui sono ripresi i contatti tra gli USA e la Russia, i discorsi non si sono incentrati solamente sulla guerra. L’oggetto in questione ora è anche lo scambio di prigionieri. Ieri, 27 Aprile, l’ex Marine americano Trevor Reed è stato rilasciato da Mosca dopo due anni. Il suo rilascio è avvenuto al termine di un lungo negoziato, che ha visto la controparte ottenere la liberazione del pilota russo Konstantin Yaroshenko. Tale scambio potrebbe allentare la rigidità del Presidente Joe Biden, che tutt’ora definisce quella in Ucraina “un’aggressione ingiustificata della Russia”.

Reed è un ex soldato che venne arrestato nel 2019 per aver aggredito due poliziotti mentre si presentava in stato di ubriachezza. I genitori di Reed, Paula e Joey, hanno pregato per mesi il Presidente Biden di esercitare maggiore pressione per il rilascio del figlio, fino a quando sono stati ricevuti alla Casa Bianca. Ora Trevor può tornare a casa con grande felicità dei suoi cari, così come il detenuto russo Yaroshenko. Quest’ultimo era stato arrestato per traffico di droga e condannato a 20 anni, nel 2011. Riguardo allo scambio e al conseguente rilascio dei prigionieri, Joe Biden ha ammesso che le decisioni prese per portare avanti le trattative sono state molto ardue. I principali fautori del successo sono stati l’inviato Roger Carstens e l’ambasciatore degli USA in Russia John Sullivan, che hanno lavorato instancabilmente per raggiungere gli obiettivi.

Ciò nonostante, la riapertura dei dialoghi tra le due potenze per il rilascio dei due prigionieri non può tradursi automaticamente in un avvio della conclusione del conflitto in Ucraina. Del resto le trattative svoltesi per lo scambio dei prigionieri erano strettamente limitate a questo fine. I dialoghi tra le due potenze per il cessate il fuoco prevedono invece numerosi e complessi punti di discussione. Nel frattempo, grazie ad una lieve e apparente riapertura del dialogo, il Segretario di Stato USA, Anthony Blinken, non si è fatto sfuggire l’occasione per richiedere il rilascio di Paul Whelan, arrestato a Mosca nel 2018 con l’accusa di spionaggio.


LE FRAGILITA’ DELL’UOMO DI FERRO

Le immagini di Putin quale leader indistruttibile, fiero e sicuro del suo progetto di espansionismo oltre i confini russi e la sua presunta fermezza a scopi propagandistici durante i colloqui dal video o tramite video con gli altri leaders mondiali, nascondono delle fragilità che appaiono sempre più evidenti. Un video che risale a fine febbraio, ossia ad una settimana circa dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina e dei successivi scontri, riporta immagini di Putin che compie gesti del corpo palesemente incerti.

Durante l’incontro con il suo omologo bielorusso Lukashenko, si può notare che i movimenti del leader russo sono meccanici: il tremolio della mano o – non meno importante – delle gambe. Analoghi sintomi li si ricordano in Hitler: alcuni dettagli sul dittatore nazista riportati da Dagopsia riportano che lui celava evidenti prove del Parkinson di cui ormai soffriva nascondendo le mani dietro la schiena.

Nell’immagine dell’incontro con Lukashenko, si può notare come la mano di Putin nascosta da un sorriso compia un movimento non comune e che la stessa tremi nervosamente. Nel prosieguo del video si vede il Presidente russo seduto. Nel momento in cui afferra il braccio della sedia, lo si vede compiere movimenti inusuali con il piede e con la gamba. Si inizia a sospettare con sempre più convincimento che Putin soffra di Parkinson, come già era successo per Hitler. Le immagini successive che riportano dell’incontro dello Zar col suo ministro della difesa Shoigu attestano senza ombra di dubbio lo stato di salute di Putin, ancorato con una mano al tavolo per lunghi minuti; ciò servirebbe a nascondere, secondo quanto si può sospettare, un sintomo alla base del tremolio. Proprio quest’ultimo video è la prova più evidente del malore galoppante di Putin.


Daniel Mateo Montalcini - a cura di Massimiliano Nespola

mercoledì 27 aprile 2022

L'inverno che ci aspetta

Ecco nuovi interessanti spunti di Daniel Mateo Montalcini, aggiornati alla giornata di oggi e relativi al cambio di strategia in corso, riguardo al conflitto russo - ucraino. L'autore pone inoltre all'attenzione altri aspetti delicati, quali il riemergere di tensioni anche nell'area dei Balcani e, fatto non meno importante, lo sguardo preoccupato al prossimo autunno, momento in cui più si potranno sentire gli effetti economici del conflitto, anche in relazione alla sua evoluzione. 

L'editing del pezzo è di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


LA BOMBA AD OROLOGERIA, DOPO L’ESTATE

A causa del conflitto russo-ucraino, che ancora non vede sbocchi chiari né nel breve né nel medio termine, si avanzano previsioni tutt’altro che rassicuranti per il prossimo autunno. Le tensioni in Europa mettono in risalto le contraddizioni dell’Occidente nei confronti di questa guerra. A partire da Bruxelles, guardando poi a tutte le altre capitali europee, si può notare come alcuni leaders rimangano passivi in merito all’approccio ed alle strategie da attuare in difesa dell’Ucraina, spingendo il Vecchio Continente verso un baratro. Si prevedono perciò tempi ancora più bui nel periodo autunnale, a fronte delle sanzioni e delle contromisure che Mosca potrebbe adottare, preparando una tempesta perfetta, che si tramuterebbe in un mix micidiale nei settori energetico, alimentare, inflazionistico, a cui si aggiunga pure una sopravvenuta carenza di materie prime.

Le nubi non si addensano purtroppo solo sull’Ucraina che funge da crocevia tra l’Europa, l’Occidente e la Russia. Si addensano anche sui Balcani, già teatro negli anni ‘90 di conflitti spietati per la separazione delle regioni slave dopo la morte di Tito, per farle diventare Stati autonomi quali la Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Serbia e per ultima la Macedonia; guardando all’attuale configurazione europea, appare qui opportuno ricordare che una parte di essa – patria di nascita di Alessandro Magno, anche questo un dato importante – era collegata alla Grecia.

Gli accordi di Dayton del ’95, siglati per porre fine ai conflitti per l’indipendenza politica di quelle regioni, sono stati ritenuti molto fragili. In queste aree si può constatare ora il riaffiorare di sentimenti nazionalisti: vi sono forti influenze culturali musulmane, in particolare, in Bosnia, ma pure in Croazia, quest’ultima caratterizzata da un’identità poco flessibile e con un imprinting molto rigido contro le popolazioni cristiano-ortodosse all’interno degli stessi confini e delle regioni limitrofe. Le prospettive di un avvicinamento all’Europa di queste regioni appaiono nuovamente delicate, soprattutto a causa di un improvviso incremento dell’influenza russa sulla Serbia, con seguito della Cina benché Pechino possa trovarsi ancora distante da Belgrado. Si rischia che vecchie tensioni etniche che si consideravano superate possano ora riemergere.


L’IMPREVEDIBILITA’ DELLE GUERRE

Pur non conoscendo ancora nei dettagli le strategie russe future in merito agli attacchi all’Ucraina per la conquista ed il controllo del Paese in ostaggio, sembra chiaro che Putin ha intenzione di cambiare strategia. Dal controllo del Paese, che era la prima fase del suo piano, ora lo Tzar sembra puntare sulla questione territoriale.

Secondo quanto riportato da Carolina de Stefano, docente di Storia e Politica russa presso la LUISS, la Russia ora si sta adeguando alle situazioni altalenanti. La tesi della ricercatrice è sostenuta dal Generale Vincenzo Camporini. Entrambi si aspettavano che, a seguito della liberazione di Kiev, le forze armate russe lanciassero una controffensiva devastante in Donbass. Questa dinamica sarebbe stata preceduta da una tempesta di fuoco accompagnata dall’artiglieria pesante e da missili. Queste attività sembra che si siano rafforzate, ma sul territorio, secondo quanto riportato da Camporini, non è cambiato praticamente nulla. Se così fosse, si può supporre che Putin non abbia intenzione di spingersi fino in fondo, il che potrebbe dare adito a notizie positive relative ad un’intenzione di ripresa dei dialoghi. Oppure, questa potrebbe essere una strategia per mettere alla prova le capacità militari russe. Rimaniamo in attesa di come potrebbero ulteriormente svilupparsi le strategie.


COSA PUO’ TEMERE ORA IL CREMLINO?

Benché, per correttezza, bisogni sempre analizzare le fonti per verificare la loro credibilità e capire quali interessi sottostanti possano esservi dietro la diffusione di una determinata notizia, pare che Mosca rischi boicottaggi, blocchi e misteriosi incendi a depositi e basi militari. Represso il dissenso pubblico, la Russia scopre le azioni clandestine. Come riporta oggi “La Stampa”: “Fucili a canne mozze, bottiglie Molotov, droga e siringhe, pistole, letteratura estremista, passaporti ucraini falsi, t-shirt metallare, santini di Hitler e dischi con il videogame The Sims: questo è il kit dell'infiltrato sovversivo che vuole seminare terrore in Russia per ordine dei servizi segreti di Kiev. La televisione russa mostra nei dettagli gli arresti di improbabili personaggi che vengono buttati giù dal letto in mutande dalle teste di cuoio dell’Fsb, per poi «confessare» davanti alla telecamera di aver progettato atti terroristici: incendiare automobili con gli adesivi in sostegno della «operazione militare speciale» in Ucraina e uccidere i propagandisti della tv di Stato”.

Si tratterebbe quindi di una strategia di comunicazione orchestrata dai media russi per screditare la posizione dell’Ucraina e il fronte internazionale intervenuto a suo supporto. La televisione russa fa uso demagogico dei media, questo è noto a tutti, e c’è ragione di ritenere che non si smentisca anche questa volta.


Daniel Mateo Montalcini - a cura di Massimiliano Nespola

martedì 26 aprile 2022

Negoziati sul filo del rasoio

Oggi gli spunti di Daniel Mateo Montalcini si concentrano sui margini di trattativa esistenti per giungere al cessate il fuoco, nel conflitto russo - ucraino. L'analisi mossa prende in considerazione i vari attori, sia quelli direttamente che indirettamente coinvolti. 

La pace globale è oggi in un delicatissimo equilibrio, da trovare sul filo del rasoio; leggendo si potrà comprendere meglio cosa ciò significhi concretamente e quali siano le scelte che portano al ristabilimento di un equilibrio.

Per la correzione di questo articolo, è intervenuto Massimiliano Nespola.

Buona lettura


IL FINE DELLE RICHIESTE

Al fine di raggiungere degli accordi tra la Russia e l’Ucraina, con e grazie alle intermediazioni di ogni parte terza coinvolta, vi è da intendere quali siano le richieste dei due Paesi in conflitto. Da un lato, infatti, Putin è convinto di poter vincere la guerra contro gli ucraini. Uno degli elementi che più colpisce l’immaginario e che forse meglio rappresenta lo stato attuale del conflitto, attualmente, è l’occupazione da parte ucraina, allo scopo di difenderla, dell’acciaieria Azovstal di Mariupol. Riguardo a questo e ad ogni altro aspetto in merito alla ricerca degli accordi per arrivare concretamente ad un cessate il fuoco, sarà da valutare quanto potrà incidere l’intervento di Guterres, Segretario Generale dell’ONU.

Le pretese di Putin si spingono fino alla richiesta del controllo completo di tutta la striscia Sud del Paese. Ciò comporta quindi la gestione delle aree portuali, del traffico delle merci e di tutte le attività sia commerciali che industriali presenti. Non è ancora molto chiaro cosa voglia Zelensky, con il quale pare plausibile giungere ad un accordo, una volta che ceda l’acciaieria. In definitiva, a mio avviso sarebbe necessario l’intervento della NATO, la quale ad ogni modo non è ancora entrata con gli stivali, per una soluzione al conflitto le cui cause vanno comprese guardando ad un passato nemmeno troppo recente.


LA RIVOLUZIONE COLORATA

Ciò che Putin ora teme è che il conflitto tra USA e Russia si intensifichi maggiormente. Se ciò avvenisse, si arriverebbe ad una guerra aperta, mondiale, destinata a cambiare le sorti del Pianeta. Affinché cessi in tempi ragionevoli la sfida della Russia all’ordine americano, bisogna necessariamente prendere decisioni non semplici e specialmente l’Unione europea deve uscire dagli indugi, oppure rischia di essere lasciata allo sbando. Una situazione di stallo aggraverebbe le ripercussioni che potrebbero colpire singolarmente gli Stati membri. E non è inoltre il momento di cedere a speculazioni di comodo, come l’accostamento tra la festa del 25 aprile italiano e la crisi ucraina.


LA BELLEZZA NON COMPRA TUTTO

Dalle sanzioni, quali esse siano, nessuno alla fine uscirà incolume. Pare che non ne esca risparmiata neppure la bellissima Alina Kabaeva. Secondo indiscrezioni, si tratterebbe dell’amante di Putin ed è ritenuta essere la madre di almeno uno dei tre suoi figli. Il Wall Street Journal riporta che pure lei sembra essere entrata nel vortice delle sanzioni. Questi provvedimenti imposti alla Russia dall’inizio degli scontri con l’Ucraina, inizialmente parevano limitati; ma, dato lo sviluppo delle circostanze, i Paesi occidentali le hanno estese sempre più.

Anche la Kabaeva pare proprio esserne interessata pesantemente. Il Dipartimento del Tesoro statunitense sembra infatti sul punto di infliggere un pacchetto di sanzioni proprio a lei, che ha evitato commenti a riguardo. Anche le due figlie adulte di Putin hanno ricevuto restrizioni. Il problema che potrebbe sorgere nel punire la Kabaeva, affascinante e nota ginnasta, sarebbe quello di una sensibile complicazione degli sforzi dei negoziati per la pace in Ucraina. Inoltre, queste manovre potrebbero portare il Presidente russo a compiere azioni pericolose e sconsiderate per la sicurezza di tutti i Paesi indirettamente coinvolti nel conflitto.


Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola

lunedì 25 aprile 2022

Le prove e la propaganda


Ecco nuovi spunti a firma di Daniel Mateo Montalcini sulla situazione in Ucraina, a due mesi e un giorno dall'avvio delle ostilità. In settimana, si è tenuto l'importante incontro tra il Presidente ucraino Zelensky e il suo omologo alla guida del Consiglio Europeo, Charles Michel. Partendo da questo evento, Montalcini analizza le diverse strategie in campo tra le parti in conflitto: dal lato degli aggrediti e della parte di mondo a loro supporto, si stanno già cercando prove per il riconoscimento dei crimini contro l'umanità commessi dalla Russia; dall'altro, il Paese di Putin sta orchestrando, dopo aver oscurato i social e grazie al controllo dei media, una campagna di propaganda basata su elementi non veritieri e tesa a screditare anche l'Italia.

La revisione del pezzo è di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


L’UCRAINA VERSO L’UE

Charles Michel, Presidente del Consiglio Europeo si è incontrato in settimana con il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky, nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Kiev. L’Unione Europea ha ribadito, nel corso del summit, il suo pieno sostegno all’Ucraina, per far sì che si ponga fine alla guerra e si avvii la ricostruzione di un Paese che deve rimanere libero, senza ulteriori ritardi causati dal conflitto. Michel si è recato Borodyanka, un centro ucraino gravemente colpito, per raccogliere testimonianze dei danni, della miseria e delle problematiche sanitarie causati dai bombardamenti e dagli attacchi russi. Lo ha fatto non solo con occhi istituzionali, ma con quelli umani, di padre e di uomo, al di là del suo ruolo diplomatico.

Michel ha riconosciuto che le atrocità da lui viste da vicino sono, senza ombra di dubbio, crimini contro l’umanità che devono essere puniti ad ogni livello e con ogni mezzo disponibile. Zelensky e Michel hanno discusso per più di due ore sulle sanzioni, sulle armi, sul passaggio dello status dell’Ucraina a candidata all'adesione all'Unione europea: un iter da completare, secondo Michel, entro fine giugno.


LA VERITA’ NARRATA DALLE IMMAGINI

Rispetto agli atroci delitti commessi emerge, ora e per il futuro, la necessità di raccogliere prove e testimonianze per punire i colpevoli. A tal proposito, le immagini satellitari raccolte dal sito della società americana Maxar Technologies narrano nella loro drammaticità la crisi ucraina ed il livello di crimini contro l’umanità al quale finora si è giunti. I media, a volte, tendono a raccontare parzialmente i fatti per suscitare sensazionalismo. Le immagini satellitari testimoniano invece con obiettività molti particolari di una strage umana di livelli purtroppo ben maggiori. L’area del Mangush analizzata, nei pressi di Mariupol, secondo il gruppo americano poc’anzi menzionato e citato dal Guardian, attesta il tragico ampliamento della fossa comune qui collocata, nelle ultime settimane, per contenere oltre 200 nuove tombe.

Secondo quanto attestato dal Comune di Mariupol, nel villaggio del sito della fossa comune, gli occupanti potevano seppellire dalle 3.000 alle 9.000 persone. In merito a ciò, il noto social Telegram riporta invece che tale sito fosse 20 volte più grande. Gli occupanti, da parte loro, hanno già scavato nuove fosse, riempiendole di cadaveri quotidianamente, per tutto il mese corrente. Fonti riportate riferiscono che i corpi sono stati posizionati in più strati. Il Comune interessato sostiene che tale crimine di guerra sarebbe il più grande del 21imo secolo.


ESSERE O NON ESSERE

Le dichiarazioni diffuse da Putin, per scopi di visibilità oltre che per demagogia e autopromozione agli occhi della popolazione russa, sono spesso sovrapposti a dichiarazioni di dubbia veridicità da parte di personaggi a lui contigui. Sergey Razov, ambasciatore russo in Italia, non ha esitato ad esprimere il proprio disappunto sul supporto del Bel Paese all’Ucraina, offrendo rifornimenti di armi da difesa. A questo riguardo, Razov ha sostenuto che questo aiuto non potrà che incrinare i rapporti bilaterali tra l’Italia e la Russia. Razov ha rincarato la dose di critica diretta verso il nostro Paese a seguito dell’espulsione di 30 diplomatici russi in Italia. Per questo motivo, l’ambasciatore ha lanciato messaggi diretti, con l’obiettivo di ricevere risposte adeguate.

Razov ha commentato che, a dispetto delle sanzioni lanciate sulla Russia, il protocollo militare impartito da Putin proseguirà regolarmente, malgrado qualche ritardo causato da dette penalità. Le difficoltà causate dalle sanzioni parrebbero riflettersi invece, ascoltandolo, sui Paesi stessi che hanno irrogato tali misure preventive nei confronti della Russia: spesso le sanzioni possono rivelarsi un’arma a doppio taglio, a cui ricorrere con i piedi di piombo. L’ambasciatore russo in Italia ha dichiarato infatti che, comunque vada, la Russia resterà in piedi.


RACCONTARE TUTTO PER NON DIRE NIENTE

L’abilità di raccontare la propria versione dando una parvenza di verità, da parte dei media russi è un’ottima strategia per mostrare i fatti. Peccato che manchino alcuni elementi essenziali del racconto: la veridicità e la credibilità di ciò che si narra. Con i social networks russi bloccati, gli abili propagandisti avanzano – sull’onda delle fake news tese a supportare l’azione belligerante in Ucraina – per fare in modo di negare il baratro economico e finanziario lungo il quale la Russia procede negli ultimi due mesi, sin dall’inizio delle restrizioni occidentali.

Il montaggio delle immagini abilmente compiuto da Telegram riporta fatti risalenti agli inizi del lockdown. Così facendo, si cerca di dare a credere che l’Europa sia entrata in una crisi nera a seguito delle sanzioni da essi stessi impartite. La carestia apparente, la gravissima congiuntura economica che l’accerchia e le code – che incrementano il livello di sensazionalismo – per procurarsi dei pasti, servono a dare a credere che in Italia vi sia una crisi conseguente alla politica anti russa promossa da Draghi. Tali dinamiche, falsamente riportate, servono da escamotage per mettere in cattiva luce la situazione del nostro Paese, scaricando tutte le colpe sul nosto premier e favorendo la propaganda russa.


Daniel Mateo Montalcini - a cura di Massimiliano Nespola

domenica 24 aprile 2022

La NATO, Mariupol e i russi che lasciano la madrepatria

Vi proponiamo una serie di notizie e spunti raccolti da Daniel Mateo Montalcini su alcuni aspetti rilevanti del conflitto in corso: l'avvicinamento attuale della Finlandia e della Svezia alla NATO; la situazione a Mariupol; l'esodo di cittadini russi dalla madrepatria, dal momento in cui è stata avviata la cosiddetta "operazione speciale" in Ucraina.

L'autore ha effettuato ricerche sui fatti ed è disponibile a fornire maggiori delucidazioni in merito. Massimiliano Nespola si è occupato della revisione formale del pezzo.

Buona lettura



LA NATO E LA RUSSIA

Si può osservare, a seguito delle minacce o presunte tali da dimostrare agli atti e non solo tramite stampa e media, che la Svezia, prendendo esempio dalla vicina Finlandia, ha manifestato la propria intenzione di proseguire concretamente a portare avanti nel più breve tempo la sua candidatura a Stato membro della NATO. Ann Lind, Ministro degli Esteri di Stoccolma, ha tuonato dichiarando che il Paese è legittimato a difendere i propri diritti sulla politica di difesa e che le sue scelte sono del tutto indipendenti dalla attuale strategia di invasione russa.

A sostegno della posizione svedese, è pervenuta anche la dichiarazione dell’Ambasciatore svedese a Roma, Jan Bjorklund. Il diplomatico addita Putin quale responsabile esclusivo della guerra in Ucraina e della sua escalation, da tutte le possibili angolazioni.

Tutti gli Stati membri della NATO, inclusi i due Paesi scandinavi applicanti, richiedono ora unanimemente che il conflitto cessi nel più breve tempo possibile e che la Russia si ritiri completamente dall’Ucraina. Implicito che se Putin desidera proseguire nelle operazioni, ampliando la diramazione dell’intervento ad altri Paesi, l’Alleanza Atlantica è pronta ad ostacolare ogni situazione che vedrebbe coinvolto qualsiasi Paese suo membro e a circoscrivere il conflitto. Bjorklund ha pertanto lasciato la parola ad Helsinki; la Finlandia ha così avviato in Parlamento il dibattito sul suo ingresso nella NATO, come già annunciato la settimana scorsa dal Premier Sanna Marin.


COSA ENTRA NELLE TASCHE E A CHI?

La città di Mariupol – o ciò che ne rimane – risulta effettivamente strategica, a conti fatti, per gli interessi di Putin, data la posizione strategica che occupa: in primis, garantisce la continuità territoriale e pertanto la tenuta tra la Crimea  già conquistata dalla Russia nel 2014, benché ancor oggi non dichiarata e riconosciuta dalle Nazioni Unite quanto non più territorio ucraino – e il Donbass. Al momento, qui le truppe russe starebbero prevalendo sul campo e si sarebbero liberate dall’assedio ucraino. La battaglia terminerebbe con il disarmo delle truppe ucraine, una volta che risultassero completamente accerchiate.

Le dinamiche attuali vedono comunque un incremento dei combattimenti tra le fazioni russe e quelle ucraine, con queste ultime asserragliate all’interno della spesso menzionata acciaieria Azovstal. Pare che risultino tutt’ora presenti in detto luogo di difesa ucraina membri del battaglione Azov, marines ucraini e – fatto non meno rilevante – dei civili. La resilienza di costoro rimane ammirabile e degna di rispetto malgrado possa apparire inevitabile la vittoria dei russi dopo l’ultimatum di Mosca e l’accerchiamento dell’esercito russo, fuori dall’acciaieria. Queste notizie restano comunque da vagliare a fondo, per valutare se siano effettivamente veritiere oppure se si diffondano guadagnare tempo e tenere alta l’attenzione nei dibattiti.


LA STORIA CHE SI RIPETE

La storia pare non aver insegnato niente o, a quanto pare, noi umani non intendiamo apprendere dai ricordi e dalle testimonianze di ciò che è avvenuto. 13 Mila persone appartenenti alla fede e cultura ebraica – di ogni provenienza intellettuale, giornalisti, artisti, intellettuali, giovani, professionisti e non da meno, lavoratori – sin dall’inizio dell’invasione in Ucraina, preparata da Putin, hanno immediatamente provveduto a lasciare la Russia per dirigersi direttamente in Israele. Qui trovano accoglienza e tutela da parenti, amici ed all’interno della comunità ebraica russa presente nel Paese. Sono stati registrati più russi che ucraini che sono stati lungimiranti nell’andarsene dalla Russia a tempo debito, giusto agli inizi della preparazione dell’”operazione speciale” di “spiritualizzazione” e “denazificazione” proclamata dal Cremlino.

Secondo quanto riporta l’Istituto Indipendente russo Levada, una porzione equivalente al 15-20% della popolazione russa disapprova la guerra. Tra questi molti sono religione ebraica, per cui possono usufruire della Legge di Ritorno che permette a qualsiasi ebreo di immigrare ottenendo la cittadinanza israeliana, fino a che ha un parente quale il nonno residente in Israele. Si stimano essere almeno in 600 mila in Russia e 200 mila in Ucraina  coloro che detengono tale diritto; gli ucraini ad averlo ottenuto sono circa 8.500. Del flusso dei russi scappati, 10 risultano averlo fatto col visto turistico, mentre i rimanenti come nuovi immigranti. Sin dai tempi del crollo dell’Unione Sovietica, oltre un milione di russi si sono trasferiti nel Paese di Re David, con un incremento non trascurabile dopo l’invasione della Crimea da parte di Mosca nel 2014.


Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola

venerdì 22 aprile 2022

La realpolitik allunga i tempi del conflitto

A quasi due mesi dallo scoppio del conflitto, ecco un nuovo aggiornamento a firma di Daniel Mateo Montalcini, che ci ha ormai abituato ai suoi report. Selezionando alcune informazioni chiave, è possibile farsi un'idea sulla complessa strategia militare, in questa fase orientata al logoramento reciproco tra le parti.

La revisione è a cura di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


I PASSI PER LA PACE

Boris Johnson, in questi giorni, non ha guardato in faccia a nessuno: si è recato a stringere nuove trattative di supporto agli ucraini incontrando Zelensky in persona, nonostante il divieto da parte di Putin di avere alcun tipo di incontro con il Premier britannico.

Inoltre, la risposta da parte di Biden non si è fatta attendere, annunciando il rafforzamento delle spese militari a favore dell’Ucraina, inviando 800 milioni di armamenti tra cui droni tattici, obici da 155 millimetri ed elicotteri Mi17 di origine russa destinati originariamente all’esercito afghano. Il Segretario di Stato Blinken dichiara ora che il conflitto potrebbe prolungarsi per tutto il 2022.

L’analisi di queste dichiarazioni lascia intendere che l’obiettivo degli USA è quello di mettere in ginocchio Putin. Dall’altro lato, tuttavia, il divieto di ogni contatto dei britannici che vorrebbero i russi è da leggere come un’abile copertura per prolungare una rappresaglia militare contro la NATO.

Considerando il prolungamento del conflitto in questione, Putin viene messo in condizione di doversi muovere concretamente sul terreno. Le dichiarazioni e le trattative a distanza sono tutti ottimi espedienti tattici, ma ora bisogna arrivare a fatti concreti. Le opzioni paiono essere due: o colpire effettivamente i militari britannici ancora presenti sul campo ucraino o colpire i convogli NATO coinvolti nel trasferimento di armi a supporto ucraino. La prima delle due opzioni pare essere la meno gradita, in quanto le Special Forces in missione non ufficiale su un fronte straniero sono per loro natura “sacrificabili”. L’Articolo 5 della NATO sulla difesa comune scatterebbe nel caso nel quale un territorio in cui siano presenti ufficialmente convogli NATO quali la Polonia venisse attaccato, o altri territori ovviamente limitrofi all’Ucraina facessero quella fine. In questa circostanza saremmo coinvolti tutti, nessuno escluso.


IL MACELLAIO CHE SI TRASFORMA IN AGNELLO

Lo Tzar Putin persiste, nascondendosi dietro un dito. Non è disposto ad ammettere che, malgrado tutti gli attacchi, la sua sconfitta appare un’opzione reale, anzi, probabile. Apparentemente, sta attuando la strategia di un parziale ritiro, ma in realtà è pronto a riorganizzarsi per scagliare un nuovo attacco, massivo e finale. È un’orchestrazione messa in atto dal vero macellaio di questa guerra, che sembra proprio essere il generale Dvornikov, così nominato per le sue sanguinose spedizioni in Cecenia ed in Siria. Dvornikov, il carnefice, in realtà ha ristrutturato e riorganizzato le truppe per sferrare attacchi sui fianchi orientali ucraini. Il popolo invaso ha resistito eroicamente, supportato dalla logistica occidentale nel procurare armi, materiale balistico per contrastare l’avanzamento russo. Da Kherson, ora, a quanto pare, la Russia vuole sferrare un attacco più aggressivo. Zelensky ha dichiarato che l’intento delle truppe di Putin è quello di annientare il Donbass, lasciando Mariupol allo sbando in una condizione igienico - sanitaria allo stremo.

Dall’arrivo di Dvornikov, dunque, si è assistito ad un cambiamento radicale nelle strategie e nei metodi, benché persistano limiti tecnici e tattici tangibili. I bombardamenti sistematici e metodici appartengono al suo stile, prendendo di mira palazzi, fabbriche, depositi di armi e munizioni. Così facendo i russi si apprestano, a quanto pare, a radunarsi nuovamente nella parte orientale del Paese, per approcciare un nuovo sfondamento del fronte. Dvornikov s’impegna a sfondare almeno in parte le linee difensive ucraine, nel momento in cui sarà in grado di attaccare per via aerea e via terra contro obiettivi concreti. Al contrario delle nostre speranze che la crisi si risolva presto, si denota il desiderio di Putin di prolungarla maggiormente per non ammettere la sconfitta.


Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola

mercoledì 20 aprile 2022

L'economia russa verso il default

Unendo dati tratti da più fonti, Daniel Mateo Montalcini presenta un interessante quadro relativo all'economia russa dopo lo scoppio della guerra. Secondo le più importanti agenzie di rating, il paese invasore si avvicina al tracollo finanziario: i suoi titoli sono spazzatura per i sistemi di scambio internazionale; si attende il default.

Dall'analisi dell'autore, che si assume personalmente la responsabilità sulle fonti citate, emerge comunque uno scenario a breve e medio termine in cui non mancano gli interrogativi a livello europeo.

Massimiliano Nespola per l'occasione si è occupato dell'editing del pezzo. Con riferimento ai contenuti dell'articolo, si sottolinea che, tra gli obiettivi dell'autore, non vi è in nessun modo quello di influenzare scelte individuali di comportamento nel settore finanziario.

Buona lettura



LA CADUTA

Da qualunque punto di vista le si vogliano analizzare, le contraddizioni del fronte russo sul campo di battaglia ucraino testimoniano il fatto che il paese invasore sta vivendo una caduta senza ripresa. L’inevitabile azzeramento della domanda russa di turismo, a seguito dell’attacco contro l’Ucraina, sta avendo un impatto devastante sui ricavi del settore.

I turisti russi si registrano da tempo essere tra quelli con maggiore capacità di spesa, pari a 145 euro procapite giornalieri; al quarto posto dopo i giapponesi, cinesi e canadesi. Altresì, i turisti russi appaiono essere tra i più inclini a privilegiare le strutture alberghiere di lusso, con più del 40% delle loro presenze attestate nel 2019 in questa tipologia di struttura. La spesa russa degli ultimi anni nel settore del lusso è salita notevolmente: da 623 mln a 1 Mld e 328 mln di Euro. Tutto ciò è stato favorito dalla capacità di offrire pacchetti differenziati per ogni capacità di spesa: dal turismo deluxe alla formula del “tutto incluso”.

Il conflitto perdurante da più di un mese tra russi ed ucraini ha ora determinato una caduta dei flussi di presenze e denaro anche dalla Russia al nostro Paese. Secondo i dati riportati dall’Agi, già dal 2009 al 2014 il pernottamento dei cittadini russi è calato da circa 3 mln e 600 mila a quasi 800 mila. E attualmente, è in corso un vero e proprio crollo.

La chiusura dello spazio aereo sui nostri cieli e su quelli europei ha creato una consistente perdita nel settore, mettendolo ulteriormente in ginocchio, poiché tra l’altro è seguito all’effetto covid-19. Le perdite causate dal covid-19 nel mese di agosto dello scorso anno sono state di ammontare inferiore rispetto a quelle che si stimano per il 2022. Il calo delle notti trascorse dai turisti nel 2020 si è attestato intorno al 7,7%. Nel 2021, poi, si era registrata una diminuzione delle perdite dello 0,4% rispetto ai periodi pre-epidemici.

Proprio ora che il settore turistico appariva in ripresa, a fronte del controllo dei contagi, del calo delle infezioni e della ritrovata fiducia, i dati rilevati dopo lo scoppio del conflitto parlano di un duro colpo al settore, in Italia, causato dalla perdita di turisti russi. Secondo i dati riportati da Assoturismo, solo ad Aprile 2022 si prevede che manchino già circa 175 mila pernottamenti di turisti russi e quasi 20 mln di euro di fatturato.


OCCHIO ALLE SCADENZE

Secondo Moody’s, una delle principali agenzie di rating che vedono la Russia verso un default de facto, il 4 Maggio, data fondamentale per coprire i pagamenti di obbligazioni in rubli, è ormai prossimo; ciò considerando una tempistica di 30 giorni, ovverosia quella concessa alla Russia per adempiere a dette regole finanziarie. La decisione presa da Mosca di pagare con la valuta locale non cancella l’obbligo della copertura in dollari entro i tempi stabiliti. Infatti, le regole impongono che sia consentito il pagamento nella valuta locale degli eurobond russi emessi dopo il 2018, mentre non è previsto per quelli emessi prima di quella data, con scadenza nel ‘22 e nel ‘42.

Nell’attesa di valutare gli effetti generati dal mancato pagamento di queste obbligazioni, già si stima probabile che il default si verifichi realmente; alcune attività sono già fallite, quali la Compagnia statale Russian Railways. Detta società risulta inadempiente, secondo una commissione di controllo sui derivati, dopo il mancato pagamento degli interessi su un bond. Il danno risulta oltre ogni possibile proporzione, in quanto riguarda niente di meno che il principale datore di lavoro del Paese, che comprende oltre 700mila dipendenti e, fatto da non sottovalutare, una delle tre maggiori aziende di trasporto ferroviario al mondo.

Il pagamento della cedola, secondo fonti riportate da Bloomberg  sarebbe dovuto avvenire entro il 14 Marzo, con un margine di tolleranza di 10 giorni. Tale limite era stato fissato dal Credit Derivatives Determinations Committee britannico, che gestisce i termini dei crediti sui derivati. Un finanziamento internazionale concesso da UniCredit aveva inoltre portato alla creazione di una linea di credito da 585 milioni di franchi svizzeri, con interessi associati al conseguimento degli obiettivi annuali di redditività dell’azienda, in riferimento alla strategia ecologica fino al 2030, a determinate tempistiche previste per ridurre le emissioni, al consumo dell’acqua e alla percentuale dei residui di cui disfarsi. Ma ora il quadro volge verso il peggio.


I TITOLI RUSSI RIDOTTI A SPAZZATURA

Secondo il downgrading delle maggiori agenzie di rating statunitensi, S&P’s e Moody’s e Fitch, il braccio di ferro che Putin continua ad imporre su titoli di Stato ed obbligazioni con controvalore russo sta condannando il Paese ad un default certo. Il pagamento dei bonds in rubli anziché in valuta estera equivale ad una condanna inevitabile della Russia. I conti all’estero del Paese risultano bloccati, il che rende i pagamenti degli investitori stranieri materia complessa da risolvere.

Tuttavia, bisogna anche tener presente che le sanzioni finora inflitte alla Russia hanno favorito un surplus commerciale del Paese. Per ironia della sorte, la Russia riceve tutt’ora un miliardo di euro quotidiano per le forniture di energia, mentre da parte sua riduce l’acquisto dai paesi UE.

In definitiva, il divario fra entrate ed uscite favorirebbe anziché indebolire la Russia. Pertanto, la posizione assunta dalla Von der Leyen sull’Europa, secondo cui il calo del 70% delle esportazioni rappresenterebbe una strategia efficace per indebolire la Russia, striderebbe con le previsioni sugli effetti reali delle sanzioni, a meno che la Presidente della Commissione UE non faccia riferimento ad un default forzoso legato pertanto ad un’impossibilità tecnica di pagare; ipotesi che comunque rimane sul tavolo.


Daniel Mateo Montalcini - a cura di Massimiliano Nespola

venerdì 15 aprile 2022

51mo giorno di guerra: alla ricerca della verità

Si riporta oggi una serie di spunti posti da Daniel Mateo Montalcini all'attenzione de "La Costituzione europea"; le notizie, in ambito giornalistico, sono sempre da accertare, ma lo sono ancor di più nel corso di un conflitto quale quello in atto. Ecco quindi che, con cautela, l'autore riporta alcune notizie facendo però anche una valutazione sulle fonti da cui provengono, dimodoché il lettore possa valutarne la  veridicità. Man mano che la guerra va avanti, emerge poi la necessità di monitorare le rispettive strategie militari delle parti. Infine, l'autore esprime una valutazione sul posizionamento del nostro Paese rispetto a quanto avviene sul campo di battaglia.

Il pezzo è stato rivisto e curato da Massimiliano Nespola.

Buona lettura.



LE VERITA’ SU CUI INDAGARE

Secondo i dati riportati dall’Intelligence ucraina, Putin si vede sempre più mancare il terreno sotto i piedi. La domanda che però sorge spontanea è di quanto vi sia di vero nelle dichiarazioni riportate dai media. Si apprende anche che secondo le spie ucraine, starebbero proliferando gruppi anti putiniani. Tali fonti riportano che suddette militanze starebbero pianificando in tre modi differenti l’eliminazione dello Zar: avvelenamento, malattia improvvisa, incidente. Tuttavia, se e chi avesse voluto eliminarlo, lo avrebbe già potuto fare.

Si vocifera anche, dalla parte opposta, che i russi, per contrastare questi tentativi, stiano già inviando altri gruppi terroristici per eliminare i vertici ucraini. I soggetti interessati sarebbero Zelensky, Yermak, capo dell’ufficio del Presidente e – non ultimo – il Premier ucraino Shmygal. Certo è che tutto quello che può apparire vero può essere falso. È singolare che voci come quelle di un piano per uccidere Putin circolino sui social network come facebook e siano immediatamente riprese dalle agenzie di stampa ucraine. I media e social network rappresentano certamente uno strumento per screditare sempre più un Presidente totalitario ormai scomodo e per permettere al Paese vittima di ripristinare i rapporti politico economici con l’Occidente.

Alcune fonti sostengono che l’intelligence ucraina ritenga che una parte dell’élite russa sia incline a favorire Aleksandr Vasil'evič Bortnikov, attuale direttore del Servizio federale per la Sicurezza della Federazione russa, quale successore di Putin. Si alimentano quindi voci relative al malcontento che si prova contro Putin sia dalle alte dirigenze che dai cittadini comuni, per come è stata gestita finora la Guerra e l’invasione dell’Ucraina, a seguito delle sanzioni inflitte alla Russia dall’inizio del conflitto. L’apparente sicurezza di Putin decantata a livello propagandistico sarebbe quindi in realtà una maschera per non ammettere il proprio declino inevitabile.

Zelensky stesso deve ad ogni modo guardarsi le spalle, in quanto secondo le fonti riportate da Kiev, Mosca avrebbe già ordinato un altro attacco; si tratta anche qui di informazioni da verificare. I presunti attacchi verrebbero portati avanti per mano di mercenari pronti ad eliminare i vertici ucraini, dopo che ogni tentativo precedente si è dimostrato un fallimento e ha portato all’eliminazione dei terroristi.


STRATEGIE MILITARI

Sul frangente delle strategie militari, recentemente concentrate sulla battaglia per il controllo del mare attorno ad Odessa, si gioca ora sul dire niente per dire tutto, o dire il vero per poi dire il falso. Si ricorre a tattiche di comunicazione militare per nascondere tattiche balistiche. Le truppe ucraine hanno utilizzato, come riportato da fonti di esperti di geopolitica tra cui Andrea Margelletti su “La Stampa”, droni e successivamente missili per ingannare le incombenti flotte russe disposte nel Mar Nero e di Azov.

L’Ucraina, per difendersi dall’obiettivo russo di conquista delle coste ucraine, è riuscita attaccare ed abbattere l’incrociatore russo Moskva, che rappresentava il più rilevante di tutto il Mar Nero, in grado di tenere a bordo fino a 550 uomini. Pertanto, ricostruendo le dinamiche ed i fatti analizzati, pare che le truppe ucraine abbiano abilmente ingannato quelle russe, usando come diversivo una serie di droni per confondere l’avversario prima di sferrare un duro attacco con l’uso di missili Neptune, in grado effettivamente di colpire e affondare l’incrociatore.

Questa mossa pare essere un colpo molto ben studiato e messo a segno dalle fila ucraine, di grande rilevanza per la resilienza da contrapporre a disperate azioni dell’attaccante russo, nel tentativo di conquistare l’intero Donbass, compresa la zona marittima da annettere alla Crimea già conquistata, per poi arrivare ad Odessa.


GLI INTERESSI DIETRO LE ARMI

Al fondo di guerre e conflitti vi sono sempre più svariati interessi nazionali e privati. Riporto per conoscenza quale sia il posizionamento rispetto al conflitto di due figure di primo piano dell’imprenditoria italiana e internazionale: Carlo De Benedetti e Silvio Berlusconi.

De Benedetti si riserva di commentare la situazione della crisi ucraina schierandosi contro Putin, ritenendo che gli si sia lasciata troppa libertà già con la presa del Donbass, primo passo che gli ha poi consentito di muovere verso Odessa. Il presidente russo finirebbe per invadere la Finlandia, la quale dal canto suo ha risposto dichiarando di voler entrare nella NATO assieme alla Svezia. Ma le manie di onnipotenza di Putin sembrano non aver fine.

Nel fondo di questo conflitto vi sono aspetti non evidenti in superficie: soprattutto, le grosse difficoltà economiche che Putin vuole nascondere con l’uso dell’offensiva bellica. La Russia ha 140 Mln di abitanti distribuiti su 11 fusi orari, mentre gli USA hanno 4 fasce orarie. La Russia ha un PIL inferiore a quello della Spagna. Ha una produzione che si limita alle armi ed idrocarburi. Sorge spontanea la domanda sul come sia possibile raggiungere l’obiettivo di tagliare questa fonte di finanziamento alla Russia, evitando che sia Putin a fare la prima mossa, alzando i costi degli approvvigionamenti di gas fino a renderli insostenibili per i paesi acquirenti. L’ex editore de “La Repubblica” fa notare che gas ve ne è nel mondo al di fuori dell’Ucraina, e che pertanto è possibile non dipendere dagli approvvigionamenti di tale risorsa dalla Russia, bensì da Israele, Cipro e dall’Egitto. Bisogna ad ogni modo adoperarsi affinché questa soluzione prenda piede.

Il Bel Paese, delegando la gestione degli approvvigionamenti di gas all’ENI non hai mai voluto farsene carico realmente, pretendendone la gestione; con questa scelta, si è alimentata nel tempo la dipendenza dalla Russia. Per citare un personaggio se non uguale, simile a Berlusconi a livello politico, con interessi economici personali, si può menzionare Gerhard Schröder, il quale oltre a svolgere il ruolo di Cancelliere tedesco era stato abile ad entrare nel Consiglio di Amministrazione della Gazprom.

L’accoppiata ex Cavaliere - Schröder ha creato una situazione davvero assurda per l’Italia, rendendola dipendente dalle decisioni altrui. Per farla breve, per interessi personali l’Italia si è messa il cappio al collo da sola con le politiche berlusconiane e la dipendenza alimentata da una Eni marionetta dei russi.


Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola

giovedì 14 aprile 2022

La strada, per ora impraticabile, della diplomazia

Il prosieguo della guerra nella narrazione di Daniel Mateo Montalcini: oggi il suo intervento si concentra sulle asperità di percorso lungo la via che dovrebbe portare ad un cessate il fuoco e all'individuazione di elementi di dialogo su cui avviare dei negoziati.

E' la strada irta di insidie che prima o poi si dovrà percorrere e qui si riportano all'attenzione alcuni fatti, come l'indisponibilità di Zelensky ad incontrare il Presidente della Repubblica tedesca Frank-Walter Steinmeier, e il ruolo svolto da alcune figure di primo piano, come quella del generale ucraino Valerij Zalužnyj, detto Iron Man. Altrettanto significativa per comprendere il quadro attuale è la notizia dell'arresto, martedì scorso, dell'oligarca ucraino molto vicino a Putin, Viktor Volodymyrovyč Medvedčuk.

Unendo le tessere del puzzle, Montalcini delinea lo scenario ad oggi, consapevoli del fatto che gli aggiornamenti arrivano minuto dopo minuto. 

La revisione del pezzo è di Massimiliano Nespola.

Buona lettura


PREOCCUPANTI DIVERGENZE

Guardando alla sfera diplomatica, sul versante delle possibili soluzioni da individuare per una tregua nel conflitto, si è registrata recentemente l’opposizione di Zelensky ai colloqui con il Presidente della Repubblica tedesca Steinmeir, di recente rieletto. La decisione di Zelensky di non gradire Steinmeier è stata motivata dal sospetto che sia lui l’artefice dell’avvicinamento di Berlino a Mosca, negli scorsi anni. Dal lato del presidente tedesco, è circolata la notizia di un suo mea culpa dopo l’invasione russa dell’Ucraina, unito ad una forte autocritica e all’ammissione di aver compiuto errori di calcolo nel trattare con il Cremlino.

Steinmeier si sarebbe dovuto recare ieri, mercoledì 13 aprile, a un summit con i tre leaders baltici, incluso Zelensky, che, come si è detto, ha scelto di non incontrare il Presidente federale, lasciando invece aperto il dialogo con i leader lettone, estone e lituano e con la Polonia. Zelensky gradirebbe inoltre condurre gli sforzi diplomatici assieme al Cancelliere tedesco, dopo la fumata bianca a seguito dell’incontro tra Putin ed il Premier austriaco, non disposto ad accettare le richieste del presidente russo. Olaf Sholz, dal canto suo, ha tuttavia rilasciato la dichiarazione di non avere al momento intenzione di recarsi a Kiev per incontrare Zelensky.


APERTURE PER IL CESSATE IL FUOCO

L’”Iron Man”, il generale ucraino Valerij Zalužnyj48 anni, così rinominato per il costante supporto a Zelensky,  da nove mesi a capo delle forze armate, pare essere l’uomo decisivo per arrivare a un cessate il fuoco; ciò a seguito di 50 giorni di battaglie tra le truppe russe e filorusse e le forze ucraine. Il generale proviene da Novorhad- Volynskyi, una cittadina a ovest di Kiev. Nella capitale ha frequentato l’Accademia, ottenendo la Medaglia d’oro. Nel 2014 era già capo di Brigata a Debalsteve, dove si svolse una battaglia della Guerra del Donbass tra Gennaio e Febbraio 2015.

Zaluzhnyi si è sempre unicamente dedicato alla carriera militare, senza mai sbandierare i successi ottenuti. Questo atteggiamento ha di certo favorito Zelensky nel non trovare ostacoli per la sua ascesa politica, trovando in lui piuttosto un ottimo alleato. Zaluzhnyi ha inoltre scalato i ranghi militari lavorando persino con gli addestratori NATO, apprendendo tecniche di combattimento più flessibili rispetto alla rigidità di stampo sovietico.

È da notare, nel frangente di questa guerra, che, in risposta a Zelensky, che gli chiedeva di mollare la presa sui russi dopo la riduzione delle loro operazioni a Kiev e Chernihiv, l’Iron Man è stato di ben altro avviso. Zaluhnyi ha infatti dato l’ordine contrario, di usare il pugno duro sui russi, prima di doverli affrontare sul fronte del Donbass.


FERMATO L’OLIGARCA UCRAINO

Un duro colpo è stato sferrato dall’opposizione ucraina di Zelensky. Si è appreso infatti dell’arresto, martedì 12 aprile, di Viktor Volodymyrovyč Medvedčuk, oligarca ucraino ed amico personale di Putin. Tra il 2002-2005 ha ricoperto il ruolo del Capo dello Staff del predecessore di Zelensky, Leonid Kučma.

Medvedčuk è stato eletto nel Novembre 2018 Presidente del Consiglio politico del partito politico For Life, che a seguito si è trasformato nella “Piattaforma di opposizione – Per la vita”. Nelle elezioni politiche del 2019, è riuscito ad ottenere 37 seggi nella lista del partito nazionale e ben sei seggi elettorali. Nello stesso anno è stato persino eletto in Parlamento.

Non è un caso il fatto che Putin sia padrino della figlia di Medvedčuk, nata nel 2004 col nome di Daryna. Dal febbraio 2021, l’oligarca è entrato nella lista dei soggetti sospetti monitorati dal Consiglio di Sicurezza e Difesa Nazionale, a causa di un suo presunto finanziamento del terrorismo. A maggio scorso, il Procuratore Generale dell’Ucraina lo ha accusato persino di tradimento e tentato saccheggio di risorse nazionali nella Crimea, regione annessa alla Russia dal 2014, ma riconosciuta a livello internazionale ancora come facente parte dell’Ucraina. Ora l’oligarca si trova agli arresti domiciliari, misura già prorogata quattro volte nei suoi confronti; avrebbe già dovuto trascorrere 10 mesi in tale condizione.


Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola

mercoledì 13 aprile 2022

Cronache dal conflitto, a tinte fosche

Con passione, Daniel Mateo Montalcini continua a presentare i suoi aggiornamenti sul tema del conflitto russo - ucraino. Oggi si focalizza sui numeri che vedono da un lato riconquiste di territori, dall'altro perdite per l'esercito che difende il proprio suolo dagli invasori.

Pur nella consapevolezza della complessità e degli errori che sono alla base di ogni conflitto, noi qui siamo di parte: siamo con gli ucraini. Non lo facciamo perché qualcuno ci ha chiesto di farlo, quanto semplicemente perché riteniamo che, contrariamente alla ricostruzione delle responsabilità effettuata da alcuni, tra cui il noto filosofo Diego Fusaro, nessuna ragione di stato possa giustificare le indicibili sofferenze subite, a partire dal 24 febbraio, da civili, donne e bambini. 

L'obiettivo di questa nostra attività di sensibilizzazione e divulgazione è quella di contribuire a tenere accesi i riflettori, finché, ne siamo certi, non arriverà il momento del giudizio su questi immani crimini che continuano ledere il diritto all'esistenza per l'Ucraina. La revisione del pezzo è come sempre a cura di Massimiliano Nespola.



GLI SCARPONI SUL TERRENO DI MARIUPOL

A seguito di continue dichiarazioni e presunte smentite sugli attacchi delle città ucraine, Mariupol rimane sotto costante assedio. Dopo la resa di decine di soldati ucraini, Kiev rivendica il successo ottenuto martedì – ieri – di un’operazione che ha rotto l’assedio e che teneva bloccati alcuni gruppi di marines.

I media ucraini riportano che, in particolar modo grazie alla 36ma Brigata, le truppe hanno potuto riconquistare terreno e ricongiungersi al Battaglione Azov. Il che vale a dire la ripresa del controllo delle aree dei quartieri limitrofi alla acciaierie Azovstal, site al sud della città in ostaggio. Dette acciaierie sono in grado di fornire riparo per diversi giorni all’ultima sacca di resistenza ucraina ai russi e filorussi, composti da separatisti e ceceni, la cui fama è nota per essere mercenari molto violenti.

Queste dinamiche di battaglia e resistenza sono ovviamente condizionate dalla presenza di bunker e rifugi all’interno della struttura. Altresì, detto Battaglione pare disporre ancora di una vasta quantità di munizioni e rifornimenti. Al contrario, i soldati di Kiev hanno presentato la resa nei quartieri della città ormai presa sotto controllo dalle squadre russe.


POCA CHIAREZZA SUL CONFLITTO

In 273 hanno già deposto le armi pochi giorni orsono, un altro centinaio ieri. I soldati ucraini catturati li si è visti marciare verso le postazioni delle truppe di Mosca, mentre coloro che hanno tentato di sfuggire e resistere si sono rifugiati e trincerati nelle acciaierie assieme al Battaglione Azov. A quanto pare, detta azione di resistenza è riuscita perfettamente da parte della 36ma Brigata ucraina.

Nonostante le vittorie ottenute dalle fila ucraine, che hanno riconquistato i quartieri meridionali, le sorti della battaglia sono ancora fortemente incerte. Le truppe ucraine risultano posizionate nella regione meridionale, a differenza dei soldati filorussi e russi stessi che circondano la città di Kiev, in cui sono presenti cittadini ucraini, in parte anche rientrati a casa dopo la fuga delle settimane scorse.

Continue smentite si susseguono a riguardo di raid compiuti con armi sospette da parte delle squadre russe nell’area delle acciaierie, dove i marines e membri dell’Azov risultano non in grado di ricevere rinforzi, a seguito della conferma della presa da parte dei russi dell’intera area portuale strategica di Mauripol. La battaglia pertanto appare incessante soprattutto nelle aeree delle acciaierie e degli stabilimenti industriali, il che provoca un’incessante fuga dalle città da parte dei cittadini ucraini. Le condizioni igienico sanitarie e di approvvigionamento continuano a peggiorare; più di centomila persone sono ancora intrappolate in città, dove scarseggiano acqua, elettricità e le scorte di viveri si fanno sempre più carenti.


TENSIONE INTERNAZIONALE

L’escalation dei combattimenti in Ucraina, con il coinvolgimento di tutti i Paesi alleati occidentali e dall’altra parte i Paesi in favore della Russia, ossia Bielorussia, Cina, Serbia sta alimentando un pericoloso triangolo. Dopo la rielezione del presidente serbo Vucic, si assiste ad un suo atteggiamento bifronte: mantiene una continuità, per opporsi a rivali politici, schierandosi apertamente con Orban a favore di Putin, ma offre supporto ai fuggiaschi ucraini. Ad ogni modo, la vicinanza di lungo corso della Serbia alla Russia è tra le principali preoccupazioni per l’Unione europea.

Intanto, Pechino sabato ha inviato aerei militari: sei velivoli cargo muniti di missili HQ- 22 SAM, tecnicamente armamenti terra- aria. Questi dispositivi bellici da difesa sono in grado di abbattere aerei, elicotteri o droni e risultano efficaci fino a 150 chilometri di distanza.


Daniel Mateo Montalcini - a cura di Massimiliano Nespola

martedì 12 aprile 2022

Le reali ambizioni russe

Il punto quotidiano di Daniel Mateo Montalcini, a cura  di Massimiliano Nespola. Il commento di oggi è volto a tentare di comprendere quali siano, tra le notizie circolate, quelle maggiormente veritiere. 

Il conflitto terminerà davvero entro il 9 maggio? Permangono non pochi dubbi, mentre si continuano a consumare atrocità contro i civili; atrocità di cui un giorno i responsabili dovranno render conto. Il punto sconfortante è che, per ora, non sembra esserci un reale dialogo con la Russia; è ciò che più inquieta, guardando alle possibili evoluzioni di questa guerra.


PUTIN VICINO ALLA VITTORIA?

Da voci provenienti dallo Stato Maggiore di Kiev circolano indiscrezioni riguardo alla fine del conflitto, che pare stimato intorno al 9 maggio; ma si tratta di dichiarazioni da verificare. Legate ad esse, vi sono segnali che il conflitto si stia spostando sull’area del Donbass, in parte controllata dalla Russia e in parte dall’Ucraina, e pertanto oggetto, quest’ultima, delle mire di Putin.

Il presidente russo, con la riconquista dell’Ucraina, ha intenzione di rilanciare un forte nazionalismo, misto al culto della patria: un senso di patriottismo perso durante il Governo guidato da Eltsin, ma, a ben vedere, anche un rigurgito del secolo ‘900 che si pensava superato. Eppure, la parata di festeggiamenti per una ipotetica vittoria, in Piazza Rossa, potrebbe invece ricoprirsi di un forte imbarazzo se Donetsk e Luhansk venissero invece liberate e – soprattutto – se il progetto di denazificazione ucraina non si realizzasse. La data delle celebrazioni, dal momento che non si saprebbe cosa eventualmente ci sarebbe da festeggiare per la Russia, potrebbe così trasformarsi in un momento di grande malcontento e tafferugli contro Putin.


GLI OBIETTIVI RUSSI E LO STALLO DELL’EUROPA

Le comunicazioni ufficiali paiono nascondere il vero scopo di Putin, quello cioè di arrivare a Kiev. Il Donbass, nuovamente preso in considerazione quale principale obiettivo dell’aggressione in atto, oltre all’area già sotto amministrazione russa, non è il principale interesse dello Tzar. Semmai si può pensare ad Odessa, porto fondamentale per la logistica ed il controllo sul Mar Nero, e alla Crimea già conquistata nel 2014. I combattimenti si prospettano ora feroci, al punto che è stato convocato Alexander Dvornikov, generale reduce dalla Siria, noto a tutti per le atrocità da lui coordinate, per riorganizzare le gerarchie di comando nella catena russa.

Intanto, le attuali elezioni in Francia vedono il Presidente Macron in testa rispetto alla concorrente di ultra destra Le Pen, che si è vista in alcune occasioni, in tempi non sospetti, vicina a Putin. Ma questa tornata elettorale pare avere poca rilevanza per ciò che attiene ai rapporti francesi con la Russia ed il suo supporto all’Ucraina. Nella crisi dei partiti, la Francia sembra nelle mani più che altro di singole personalità; è ciò che forse più preoccupa, anche per il futuro dell’Europa.


CHI FERMERA’ PUTIN?

Analizzando le dichiarazioni riportate maggiormente dai media, anche se tutto ciò rimane da verificare ulteriormente, sembrerebbe che Putin stia schierando il suo battaglione per sferrare l’ultimo attacco. Il primo obiettivo del Cremlino pare sia la città di Izyum. Dnipro, già fortemente colpita precedentemente, considerata un “obiettivo strategico”, dovrebbe immediatamente seguire nelle sue mosse.

Da fonti provenienti dal Ministero della Difesa britannico, si parla dell’utilizzo certo di munizioni al fosforo nella regione del Donetsk. Conseguentemente, si accresce la preoccupazione dell’utilizzo di suddette armi a Mariupol, qualora si prosegua nell’obiettivo della conquista della città. Il bollettino quotidiano riportato dall’Intelligence britannica registra un perdurante bombardamento operato dalle truppe russe nelle regioni del Donetsk e Lugansk. Ma giunge altresì la notizia che le forze ucraine sarebbero state in grado di respingere gli attacchi.

Le truppe russe perseguono l’obiettivo ricorrendo alla tecnica delle “bombe non guidate”, il che accresce la probabilità dell’aumento di vittime civili. A questo riguardo la vice Premier ucraina, Iryna Vereshchuk, ha invitato i propri cittadini a lasciare quanto prima le proprie abitazioni nelle regioni del Donetsk, Kharkiv e Luhansk. A fronte delle violazioni e delle atrocità in atto, ci si appella quindi alla responsabilità individuale verso la tutela della propria famiglia; ma serve ben altro, sia sul piano immediato che è quello militare, sia su quello di lungo periodo, la diplomazia. Tuttavia, per il momento non si intravede chi possa dialogare con considerevoli probabilità di successo con Vladimir Putin.


Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola

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lunedì 11 aprile 2022

Conflitto russo-ucraino: un filo sottile tiene il mondo

Ecco un aggiornamento sulle dinamiche globali che ruotano attorno al conflitto russo - ucraino. Si sta attuando un riposizionamento di vari attori sullo scacchiere internazionale; attori che, anche se non direttamente coinvolti nella guerra, sono obbligati a tener conto del nuovo scenario presente e futuro.

L'autore dell'articolo è Daniel Mateo Montalcini, con la supervisione di Massimiliano Nespola.


IL PESO DELLE SANZIONI

A più di un mese dall’inizio del conflitto russo- ucraino, le sanzioni subito messe in atto contro il Paese invasore proseguono, si applicano e sono in aumento. La prima conseguenza sulla Russia è il crollo del suo sistema finanziario. Il rublo perde incessantemente valore contro il dollaro e scivola sempre più, riducendo il proprio valore di scambio. Non a caso le principali banche sono molto prossime al rischio fallimento; Sverbank, per esempio, è dichiarata insolvente.

Si possono vedere i cittadini russi accorrere agli istituti bancari, ansiosi di prelevare i loro risparmi prima che si svalutino maggiormente. Per porre rimedio e creare un minimo cuscinetto finanziario, la Borsa di Mosca ha scelto di rimanere chiusa lunedì e martedì scorsi, onde evitare che le quotazioni continuassero a registrare perdite. A lungo termine, inoltre, il blocco delle esportazioni verso la Russia provocherà il crollo commerciale causato da uno stop prolungato della produzione di microchip e tecnologia.

Malgrado il proseguimento delle sanzioni inflitte alla Russia, l’avanzamento delle truppe nelle differenti direzioni dell’Ucraina non sta cessando, pertanto si è iniziato a nutrire qualche dubbio in merito all’efficacia delle stesse; solo se seguissero segnali effettivi di un crollo del sistema si potrebbe dire che tale ricetta ha effettivamente funzionato. La tempistica di un tale evento è imprevedibile, a differenza delle prospettive per i cittadini, che si presentano già cupe.

 

I PAESI CONFINANTI

La Finlandia, Paese scandinavo facente parte della UE dal ‘95, non è ancora membro della NATO. A seguito dello scoppio del conflitto russo-ucraino, la Finlandia ha presentato domanda di adesione all’Organizzazione, soprattutto data la prossimità che ha con la Russia: condivide con essa 1,340 km di confine. È un Paese che si è sempre mostrato neutrale durante gli anni della Guerra Fredda.

Proprio durante quegli anni, la Finlandia è stata abile a mantenere buoni rapporti con l’Occidente ed altrettanti con Mosca. Tuttavia, gli sviluppi attuali del conflitto in questione vedono suo malgrado il Paese non più tranquillo come anzitempo, nei rapporti con Mosca.

Si è addirittura rilevato, la mattina dell’8 Aprile scorso, il presunto sconfinamento di un velivolo nei cieli finlandesi. Tale evento avrebbe verosimilmente interessato l’area scandinava nel Golfo di Finlandia, al largo di Porvoo. Secondo quanto riportato dal Ministero della Difesa finlandese, il velivolo I1- 96- 300 è planato sulla Finlandia per tre minuti.

Mika Aaltola, Direttore dell’Istituto finlandese per gli Affari Internazionali, ha dichiarato che le dinamiche dei rapporti con la NATO sono cambiati e che ci potrà essere un’influenza reciproca tra paesi confinanti. Si considera infatti realistico pensare che un avvicinamento di Helsinki verso l’Organizzazione del Trattato Nord-Atlantico potrebbe incoraggiare anche Stoccolma a compiere una scelta simile. Rimane però l’incognita in merito a quale potrebbe essere la reazione a ciò da parte della Russia.


POTENZIALI NUOVI EQUILIBRI

Le trattative e le dinamiche in atto per cercare di risolvere la crisi ucraina vanno oltre il territorio del Paese invaso, flagellato da bombardamenti, massacri di civili e soprattutto bambini; vi è inoltre l’emergenza in corso rappresentata dalla disperata fuga delle donne e dei loro figli dalle loro case e dal Paese. Il primo ostacolo da superare riguarda le prospettive dell’Europa, con tutte le conseguenze di questo conflitto che possono innescarsi in Europa Orientale. Tale contesto si presenta fortemente sensibile alle prospettive future dei rapporti tra Russia e Ucraina.

La seconda questione, non meno importante, riguarda il mondo intero. Il legame russo- cinese pare appeso ad un filo molto esile, che sembrerebbe vincolare il Paese del Dragone a svolgere un ruolo di soccorso verso quello russo. Con Putin che non appare molto convinto dell’affidabilità cinese, la Russia intanto rimarrebbe tagliata fuori dall’Europa, creando solchi ancora più accentuati tra il Vecchio Continente e Mosca.

Le ulteriori sanzioni che Washington ha intenzione di comminare alla Russia andrebbero a scapito dell’Europa, che sarebbe comunque obbligata a tener conto di esse. Dopo la sconfitta economica russa, sembra intravedersi una serie di nuovi problemi per il vecchio Continente. Mentre la Francia e la Germania discutono sul da farsi a riguardo, il Bel Paese rimane incastrato tra i due predetti.

 


  

Daniel Mateo Montalcini – a cura di Massimiliano Nespola

domenica 10 aprile 2022

Il ruolo dell'arte nel conflitto in corso

Pubblichiamo una riflessione scritta a quattro mani da Daniel Mateo Montalcini e Massimiliano Nespola. Tema dell'intervento: il ruolo dell'arte nel conflitto russo - ucraino. Se da un lato, infatti, si sta attuando un embargo anche delle opere d'arte dirette verso la Russia, dall'altro è proprio l'espressione artistica, nelle sue varie forme, a rendere possibile l'elaborazione del conflitto. 

L'arte produce senso e può arrivare diretta e rapidissima al cuore dei cittadini, con il suo linguaggio ampio, plurale, multiforme. E' forse questo conflitto a fermare la produzione artistica o è piuttosto vero il contrario? Troverete alcuni spunti interessanti leggendo questo articolo.


I CONFLITTI FERMANO L’ARTE


La Finlandia, Paese scandinavo, patria di Santa Claus, notoriamente schierato contro la vicina Russia, a seguito dello scoppio del conflitto tra quest’ultima e l’Ucraina, ha deciso di bloccare ogni trasporto di beni artistici alle dogane diretti verso il Paese di Putin. Fonti ministeriali russe hanno attestato che dal 2-3 Aprile tre veicoli diretti verso la Russia sono stati bloccati, con la sicura motivazione di un ulteriore aumento delle sanzioni. I veicoli stavano trasportando opere d’arte di consistente valore, appartenenti al celeberrimo museo di San Pietroburgo, l’Hermitage, e che erano state esposte a Milano e Udine, dalla Galleria Tretyakov e dal Museo delle Belle Arti Pushkin di Mosca. Erano state esposte anche in Giappone.

Su questa dinamica la portavoce della diplomazia russa, Maria Zakharova, si è espressa definendola “anarchia legale”. Il sequestro delle opere, per voce della Zakharova, si dimostrerebbe come atto di violazione del diritto internazionale di opere di proprietà russa che erano in prestito temporaneo. La responsabilità di tale violazione sarebbe da attribuire ai Paesi in cui erano organizzate le mostre. Le dogane finlandesi hanno confermato il sequestro dei mezzi trasportanti le opere d’arte.

Le sanzioni varate dall’Europa contro Mosca per l’invasione dell’Ucraina includono il divieto di trasporto di opere e ne autorizzano la confisca. Il sequestro di tutte le opere di proprietà dei musei russi, benché non tutte opere generate dall’estro artistico di artisti non russi, è il simbolo di una chiara presa di posizione contro gli oppressori russi; si aprirà inoltre un’indagine preliminare da parte degli enti del Ministero finlandese degli Esteri, a cui farà seguito un’ulteriore trattazione delle vicenda da parte della Commissione Europea.

 

MA L’ARTE PUO’ FERMARE I CONFLITTI


Venerdì 8 aprile, alle ore 11, si è svolta presso Spazio Europa, a Roma, sede della Rappresentanza in Italia della Commissione europea (Via IV Novembre, 149) la presentazione del progetto “ArtèEuropa”. L’iniziativa è stata organizzata dall’associazione Ragnarock con l’Accademia di Belle Arti di Roma e il sostegno del Parlamento europeo in Italia. Alla conferenza stampa hanno partecipato l’eurodeputato Massimiliano Smeriglio, Carlo Corazza, responsabile del Parlamento europeo in Italia, la direttrice dell’Accademia delle Belle Arti di Roma Cecilia Casorati e un gruppo di artisti selezionati.

Come si apprende dal comunicato circolato, “Attraverso un concorso, dodici giovani artisti sono stati chiamati a esprimersi sui temi della Conferenza sul futuro dell’Europa. Tra i mezzi utilizzati, pittura, scultura, illustrazione, arte per la terapia e multimedia”. Tale iniziativa si inserisce nella discussione pubblica partecipata dai cittadini europei nell’ambito della Conferenza sul futuro dell’Europa. Essa consiste in un esercizio democratico paneuropeo, volto a far circolare idee sulle riforme necessarie a consentire all’Unione europea di essere più resiliente, inclusiva, democratica e vicina alle istanze delle persone, specialmente nelle aree più periferiche.

Anche l’arte può svolgere un ruolo prioritario nel dare forma alle idee, per andare diretti al cuore della politica. Si legge ancora nel comunicato che ”A partire da questa straordinaria fase di partecipazione democratica, a marzo i giovani artisti si sono cimentati nella creazione di opere. Il making of delle undici idee selezionate (delle quali una firmata da un duo) è visibile sulle piattaforme social di Ragnarock (IG, Tik Tok, Youtube) e ABA.ROMA (FB, IG), agli hashtag #conferenceofthefutureofeurope #thefutureisyours #CoFoE #conferenzasulfuturodelleuropa #artèeuropa #ilfuturoétuo. Questi i dodici autori: Bianca Natalini e Caterina Ruggeri, Chiara Russo, Giulia Cardini, Gloria Zeppilli, Ilaria De Sanctis, Johannes Kiel, Ludovica Piepoli, Maria Giovanna Sodero, Marianna Panagiotoudi, Sophia Rossetto, Stefano Borgi. Le opere resteranno in mostra sul sito ragnarock.eu fino al 30 aprile”.

 




LE DICHIARAZIONI

Massimiliano Smeriglio così sintetizza il senso del sostegno dell’Europarlamento: “L'obiettivo di questo progetto è di fare dell'arte uno strumento di sensibilizzazione sui cittadini e, in particolare, avvicinare i più giovani alle questioni rilevanti per il futuro dell'Europa. Presentare agli studenti le diverse piattaforme che il Parlamento offre e che possono essere utilizzate per far sentire la loro dare voce attraverso media e canali ufficiali significa coinvolgerli in un processo di attiva costruzione di cittadinanza europea partecipativa”.

Cecilia Casorati, direttrice dell'Accademia di Belle Arti di Roma, afferma: “La presenza degli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Roma nel progetto ArtéEuropa è il segno tangibile dell’urgenza di dare spazio al punto di vista di una generazione, troppo spesso ignorata e che invece va ascoltata. La cronaca di questi giorni dimostra quanto i temi proposti non siano generici ma piuttosto riportano al centro la necessità di coesione dell’identità europea. Le parole dell’arte offrono un diverso punto di vista, ci pongono delle domande, alle quali tutti dobbiamo provare a rispondere”.

E' disponibile anche un audio relativo ad alcune sue dichiarazioni raccolte sul campo e relative all'aggiornamento dei temi trattati dagli studenti, a seguito dello scoppio della guerra:

ASCOLTA SU YOUTUBE

Claudio Libero Pisano, docente dell’Accademia, curatore del progetto: “I dodici artisti selezionati hanno proposto delle opere con le quali è necessario stabilire un contatto. Contengono un messaggio, che va interpretato e condiviso. Gli artisti hanno pensato e costruito un progetto intorno a delle parole che, nella loro semplicità, possono diventare molto complesse. In tutte le opere c’è un invito a riflettere con responsabilità”.

Marco Germinario, fondatore Ragnarock: “La nostra associazione è nata con l'obiettivo di migliorare la nostra società imparando dalle nostre differenze e ispirandoci a vicenda, utilizzando l'arte come linguaggio di comunicazione. Questo progetto è un risultato che va proprio in questa direzione auspicata”.

 

Daniel Mateo Montalcini e Massimiliano Nespola

sabato 9 aprile 2022

La Guerra in Ucraina come la Rivoluzione d’Ottobre

Vi proponiamo un'altra lettura degli eventi relativi alla guerra russo-ucraina. Il blogger Giordano Sepi - già tempo addietro presente su "La Costituzione Europea" - ha voluto mettere insieme alcuni aspetti interessanti relativi al posizionamento di Stati dal peso importante, anche tra quelli non direttamente coinvolti nel conflitto, ma di cui occorre considerare gli interessi strategici.

Per l'occasione, Massimiliano Nespola si è occupato dell'editing del pezzo.

Buona lettura



Stiamo vivendo tempi folli. L’imperialismo, come lo riconoscevamo nel XXI sec., era una battaglia di influenze, non di conquiste belliche. Le grandi potenze si spartivano il mondo non con la guerra, ma con la comunicazione e la cultura. Dati questi presupposti, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è un salto indietro di almeno due secoli, quando la Russia aveva il problema dello sbocco sul mare e per questo ci fu la guerra di Crimea; tempi in cui gli aerei erano solo strani bozzetti di Leonardo da Vinci.

Nonostante la follia di questi tempi, l’UE e gli USA hanno risposto in modo appropriato con sanzioni economiche potentissime e armando l’Ucraina. Gli errori strategici della Russia e la coraggiosa resistenza dell’Ucraina hanno concretizzato come una sconfitta la prima fase dell’”operazione speciale militare” di Putin.

La prima fase dell’offensiva russa,
tratto da "theconversation.com": 


Ora è stata aperta la seconda fase e la guerra si concentra sull’est e sul sud. Da Kharkiv fino a sud-ovest con la battaglia di Mikholaiv verso Odessa. Per questo i russi hanno parlato di una suddivisione dell’Ucraina simile alla Corea (Sud e Nord) e non come la Germania (Est e Ovest).

 

QUALI SONO GLI SCENARI?

È difficile fare una previsione attendibile sulla guerra in Ucraina. Possiamo, però, intuire le intenzioni e quindi prevedere le conseguenti azioni con tutti i fattori a favore e a sfavore.

Putin è un politico che tiene alla sua fama di uomo duro e che mantiene le promesse. Non ha mai parlato di seconda fase. L’impressione è che l’intenzione di Putin sia di consolidare il Donbass e il sud per poi attaccare il resto.

In realtà, la situazione per la Russia non è così facile. Mai l’Occidente aveva previsto sanzioni così dure verso un paese; inoltre quello dell’Ucraina è un territorio vasto, con milioni di abitanti, tutti schierati contro la Russia. Anche se in un futuro la Russia riuscisse a conquistare Kiev ed a imporre un presidente fantoccio, come potrebbe governare tranquillamente?

Ma questo conflitto ha principalmente devastato i fragili equilibri internazionali su cui si muoveva la geopolitica. Siamo ad un punto di svolta della Storia, come lo fu la Rivoluzione d’Ottobre nel 1919, sempre con la Russia protagonista.

Non si tratta di una guerra tra democrazie e totalitarismi o tra Ovest e Est, come vorrebbe la Russia. Alla Cina non conviene un conflitto che va a sparigliare la situazione economica e geopolitica che la stava portando ad essere la prima potenza economica mondiale e lo stesso discorso, su scala leggermente ridotta, si può fare per l’India e l’Arabia Saudita. Mentre il nemico ideologico dell’Arabia Saudita, l’Iran, che aveva aderito in maniera convinta alla parte della Russia, deve ripensare la sua posizione, data la disponibilità degli USA in merito a una ripresa degli accordi sul nucleare.

In linea generale, la Russia è, quindi, isolata, con  una crisi economica in peggioramento per le sanzioni; e le crisi economiche, storicamente, sono il principale motivo dei cambi di regime in Russia, come fu l’ultimo da Eltsin a Putin.

È un punto di svolta anche per la NATO. Se nel breve termine, la NATO si sta radicalizzando, nel futuro l’atlantismo si dovrà allargare anche alla Russia e alla Cina. Sotto questo aspetto, questo è un punto di svolta anche per il rapporto USA-Cina. Una situazione di guerra fredda, già iniziata da Trump con le sanzioni, indebolisce, come abbiamo detto, la Cina, ma anche gli USA. Ed è un punto di svolta anche per l’Europa, che deve assolutamente riflettere su un suo rafforzamento ideologico a spese degli stati nazionali, sia come esercito comune, sia come debito e quindi politica fiscale comune.

Sicuramente tutti dovrebbero abbassare i toni. In questo momento, non è utile delegittimare Putin. Gli USA e l’UE devono trattare con Putin per la fine della guerra nel breve termine, in un arco di tempo più lungo con la Cina per una regolamentazione del mercato e con tutti i paesi che hanno l’atomica, per un disarmo totale, reale e sincronizzato.

Così come la Rivoluzione d’Ottobre ha significato i “Dieci giorni che sconvolsero il mondo”, riprendendo il titolo di un famoso libro, la guerra in Ucraina può di nuovo sconvolgere il mondo nei modi che ho descritto. Non è una questione di opportunità. Non è una scelta. È spirito di sopravvivenza del genere umano.

 

 

Giordano Sepi - a cura di Massimiliano Nespola

 

 

Fonti:

 

https://www.newstatesman.com/world/europe/2022/03/economic-crisis-helped-putin-rise-to-power-it-could-also-be-his-downfall 

 

https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/usa-l-accordo-sul-nucleare-con-l-iran-e-urgente_45485961-202202k.shtml

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_di_Crimea 



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